“VITA MUTATUR NON TOLLITUR” Escatologia e morte cristiana.
”Ogni uomo fin dal momento della sua morte
riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna,
in un giudizio particolare che mette la sua vita in “rapporto” a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione,
o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo,
oppure si dannerà immediatamente per sempre.
Il giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze,
il bene che ognuno avrà compiuto
o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena.
Davanti a Cristo che è la verità
sarà definitivamente messa a nudo
la verità sul “rapporto” di ogni uomo con Dio.”
Ho estrapolato questi due periodi del catechismo della Chiesa Cattolica che parlano dei cosiddetti “Novissimi”: morte, giudizio, inferno, paradiso. C’è una parola chiave, nel testo del Catechismo della Chiesa Cattolica, che vorrei qui evidenziare: ”rapporto”.
La nostra vita in rapporto a Cristo, la verità del nostro rapporto con Dio.
Penso che valga la pena di soffermarsi un momento su questa parola se il Catechismo , quando parla sia del giudizio particolare che del giudizio finale, utilizza questo termine.
Riprendo dunque una mirabile Catechesi di Giovanni Paolo II sulla morte come
“incontro con il Padre.” per proporre una riflessione sull’ “escatologia” (dal greco antico ἔσχατος, éskatos=ultimo; lett. “scienza delle cose ultime o finali”), nella tradizione cattolica.
Oggi è diventato difficile parlare della morte perché la società del benessere è incline a rimuovere questa realtà il cui solo pensiero procura angoscia. Come ha osservato il Concilio, “di fronte alla morte l’enigma della condizione umana diventa sommo” (Gaudium et spes, 18). Ma su questa realtà la Parola di Dio, seppure in modo progressivo, ci offre una luce che rischiara e consola.
Nell’Antico Testamento le prime indicazioni sono offerte dalla comune esperienza dei mortali, non ancora illuminata dalla speranza di una vita beata oltre la morte. Si pensava per lo più che l’esistenza umana si concludesse nello “sheól”, luogo di ombre, incompatibile con la vita in pienezza. In questa visione drammatica della morte si fa strada lentamente la rivelazione di Dio, e la riflessione umana si apre ad un nuovo orizzonte che riceverà luce piena nel Nuovo Testamento.
Si comprende innanzitutto che, se la morte è quel nemico inesorabile dell’uomo, che tenta di sopraffarlo e di ricondurlo sotto il suo potere, Dio non può averla creata, perché non può godere della rovina dei viventi (cfr Sap 1,13). Il progetto originario di Dio era diverso, ma venne contrastato dal peccato commesso dall’uomo per influsso demoniaco, come spiega il Libro della Sapienza: “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sap 2,23-24). A questa concezione si richiama anche Gesù (cfr Gv 8,44) e su di essa si fonda l’insegnamento di san Paolo sulla redenzione di Cristo, nuovo Adamo (cfr Rm 5,12.17; 1 Cor 15,21). Con la sua morte e risurrezione, Gesù ha vinto il peccato e la morte che è sua conseguenza.
Alla luce di quanto Gesù ha compiuto, si comprende l’atteggiamento di Dio Padre di fronte alla vita e alla morte delle sue creature.
Già nella prospettiva dell’Antico Testamento i profeti ammonivano ad attendere “il giorno del Signore” con animo retto, altrimenti esso sarebbe stato “ tenebra e non luce” (cfr Am 5,18.20). Nella rivelazione piena del Nuovo Testamento si sottolinea che tutti saranno sottoposti a giudizio (cfr 1 Pt 4,5; Rm 14,10). Ma di fronte ad esso i giusti non dovranno temere, in quanto eletti destinati a ricevere l’eredità promessa; essi saranno posti alla destra di Cristo che li chiamerà “benedetti del Padre mio” (Mt 25,34; cfr 22,14; 24,22.24).
La morte che il credente sperimenta come membro del Corpo mistico dischiude la via verso il Padre, che ci ha dimostrato infatti il suo amore nella morte di Cristo, “vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4,10; cfr Rm 5,7). Come ribadisce il Catechismo della Chiesa Cattolica, la morte “per coloro che muoiono nella grazia di Cristo, è una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua Risurrezione” (n. 1006).
Gesù “ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, … ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1,5-6).
Bisogna certo passare attraverso la morte, ma ormai con la certezza che incontreremo il Padre quando “questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità” (1 Cor 15,54). Allora si vedrà chiaramente che “la morte è stata inghiottita per la vittoria” (ivi) e la si potrà interpellare con atteggiamento di sfida, senza paura: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (ivi, 55).
E’ proprio per questa visione cristiana della morte che san Francesco d’Assisi poteva esclamare nel Cantico delle Creature: “Laudato si, mi Signore, per sorella nostra morte corporale” (Fonti Francescane, 263). Di fronte a questa consolante prospettiva, si comprende la beatitudine annunciata dal Libro dell’Apocalisse, quasi a coronamento delle beatitudini evangeliche: “Beati fin d’ora i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono” (Ap 14,13).
Credo la Risurrezione della carne
L’ultimo articolo del “Credo” ci mette parimenti di fronte alla realtà del mondo futuro. Esso dice così: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”. La fede del cristiano assume qui un atteggiamento di attesa. Colui che attende è certo, è sicuro di quello che aspetta altrimenti non resterebbe lì in attesa. C’è, dunque, la certezza della fede insieme con la tensione della speranza. San Paolo insegna: “Noi siamo stati salvati nella speranza” (Rm 8,24). Che cosa vuol dire? Vuol dire che se le basi, cioè i fatti fondamentali della nostra salvezza, sono già state poste da Dio la pienezza ed il completamento della loro azione si avrà solamente nel futuro.
Noi mediante la fede possediamo già le basi della salvezza, cioè i fatti salvifici di Dio, ma non possediamo ancora nella pienezza il loro frutto. Per questo siamo in attesa. C’è un appuntamento con “Qualcuno” e con “qualcosa”. E attendiamo che questo Qualcuno venga e questo qualcosa si compia. Ne siamo certi, sicuri. Ecco restiamo in attesa!
Chi è questo “Qualcuno” che aspettiamo? E’ Gesù: “Egli verrà di nuovo nella gloría!”, come vien detto in un altro articolo del Credo! E cos’è questo “qualcosa” che attendiamo? “La risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.
Qui ora vogliamo meditare un po’ sul significato delle due realtà future che attendiamo ossia la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Apparizioni di Gesù risorto.
Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610) Incredulità di San Tommaso, Potsdam, Bildergalerie von Sanssouchi
La risurrezione dei morti.
E’ un argomento molto interessante perché ci tocca nel più intimo delle nostre aspirazioni. Noi, infatti, ci sentiamo ribellare di fronte alla morte e quando questo doloroso avvenimento entra in qualche modo nella nostra vita, ecco che ne siamo rattristati ed angosciati.
Anche i pagani si sono posti la domanda se esista un aldilà, cioè una vita oltre la morte. In genere hanno dato una risposta positiva, ma gli argomenti filosofici e religiosi addotti lasciano ampi margini all’incertezza. Non c’è un argomento razionale o scientifico capace di togliere ogni dubbio su questo punto. Oggi si moltiplicano libri, discussioni e sperimentazioni a livello parapsicologico e scientifico. L’interesse cresce ogni giorno più, ma non per questo vengono meno i dubbi e lo scetticismo.
Le cause che portano molta gente a rifiutare o a mettere in dubbio l’esistenza di una vita ultra terrena sembrano essere principalmente due:
– la prima è questa: è difficile per noi, che viviamo in questo mondo, concepire e pensare un’esistenza diversa, senza il corpo, o con il corpo risuscitato. Per cui o la si pensa né più, né meno come un prolungamento del nostro modo di vivere terreno (con le stesse esigenze, gli stessi sentimenti, ecc.) e ciò è falso; oppure ci si serve di simboli e di immagini (il Paradiso visto come un banchetto, un bel giardino, ecc.) e allora facilmente si cade nel
puerile o nel favoloso. Purtroppo, un certo modo di predicare o di scrivere su questo argomento ha facilitato questi due errori;
– la seconda causa, invece, è di ordine sociologico. Sotto la pressione dell’ideologia materialista sembra a molti cristiani che la fede nell’aldilà disimpegni il credente dalla costruzione di un mondo diverso quaggiù. Il che risulta assolutamente falso da un punto di vista evangelico, tanto è vero che Cristo condanna proprio i fannulloni, quelli che depauperano i loro talenti.
Pare dunque necessario rivolgersi al “Catechismo della Chiesa Cattolica” che ben risponde ai dubbi e alle umane domande.
988 Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna.
989 Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell’ultimo giorno.
990 Il termine « carne » designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. 558 La « risurrezione della carne » significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri « corpi mortali » (Rm 8,11) riprenderanno vita.
991 Credere nella risurrezione dei morti è stato un elemento essenziale della fede cristiana fin dalle sue origini. « Fiducia christianorum resurrectio mortuorum; illam credentes, sumus – La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali »: 559
« Come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede […]. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti » (1 Cor 15,12-14.20).
La risurrezione di Cristo e la nostra. Rivelazione progressiva della risurrezione
992 La risurrezione dei morti è stata rivelata da Dio al suo popolo progressivamente. La speranza nella risurrezione corporea dei morti si è imposta come una conseguenza intrinseca della fede in un Dio Creatore di tutto intero l’uomo, anima e corpo.
994 Ma c’è di più. Gesù lega la fede nella risurrezione alla sua stessa persona: « Io sono la risurrezione e la vita » (Gv 11,25). Sarà lo stesso Gesù a risuscitare nell’ultimo giorno coloro che avranno creduto in lui 563 e che avranno mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue. 564 Egli fin d’ora ne dà un segno e una caparra facendo tornare in vita alcuni morti, 565 annunziando con ciò la sua stessa risurrezione, la quale però sarà di un altro ordine.
995 Essere testimone di Cristo è essere « testimone della sua risurrezione » (At 1,22), 569 aver « mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti » (At 10,41). La speranza cristiana nella risurrezione è contrassegnata dagli incontri con Cristo risorto. Noi risusciteremo come lui, con lui, per mezzo di lui.
996 Fin dagli inizi, la fede cristiana nella risurrezione ha incontrato incomprensioni ed opposizioni. 570 « In nessun altro argomento la fede cristiana incontra tanta opposizione
come a proposito della risurrezione della carne ». 571 Si accetta abbastanza facilmente che, dopo la morte, la vita della persona umana continui in un modo spirituale. Ma come credere che questo corpo, la cui mortalità è tanto evidente, possa risorgere per la vita eterna?
Come risuscitano i morti?
997 Che cosa significa « risuscitare »? Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della risurrezione di Gesù.
Apparizioni di Gesù risorto.
Michelangelo Merisi da Caravaggio: “Cena in Emmaus”, National Gallery di Londra, 1601-1602
998 Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: « Usciranno [dai sepolcri], quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di
condanna » (Gv 5,29). 572
999 Come? Cristo è risorto con il suo proprio corpo: « Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! » (Lc 24,39); ma egli non è ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, « tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti », 573 ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso, 574 in « corpo spirituale » (1 Cor 15,44):
« Ma qualcuno dirà: “Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?”. Stolto! Ciò che
tu semini non prende vita, se prima non muore, e quello che semini non è il corpo che
nascerà, ma un semplice chicco […]. Si semina corruttibile e risorge incorruttibile. […] È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità » (1 Cor 15,35-37.42.52-53).
1000 Il « modo con cui avviene la risurrezione » supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo:
« Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione ». 575
1001 Quando? Definitivamente « nell’ultimo giorno » (Gv 6,39-40.44.54; 11,24); « alla fine del mondo ». 576 Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente associata alla parusia di Cristo:
« Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo » (1 Ts 4,16).
Risuscitati con Cristo
1002 Se è vero che Cristo ci risusciterà « nell’ultimo giorno », è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d’ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo:
« Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti […]. “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 2,12; 3,1).
1003 I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, 577 ma questa vita rimane « nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). Nutriti del suo Corpo nell’Eucaristia, apparteniamo già al corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell’ultimo giorno « allora » saremo anche noi « manifestati con lui nella gloria » (Col 3,4).
1004 Nell’attesa di quel giorno, il corpo e l’anima del credente già partecipano alla dignità di essere « in Cristo »; di qui l’esigenza di rispetto verso il proprio corpo, ma anche verso quello degli altri, particolarmente quando soffre:
« Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Dio poi che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? […] Non appartenete a voi stessi. […] Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Cor 6,13-15.19-20).
Morire in Cristo Gesù
1005 Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna « andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore » (2 Cor 5,8). In questo « essere sciolto » 578 che è la morte, l’anima viene separata dal corpo. Essa sarà riunita al suo corpo il giorno della risurrezione dei morti. 579
La morte
1007 La morte è il termine della vita terrena. Le nostre vite sono misurate dal tempo, nel corso del quale noi cambiamo, invecchiamo e, come per tutti gli esseri viventi della terra, la morte appare come la fine normale della vita. Questo aspetto della morte comporta un’urgenza per le nostre vite: infatti il far memoria della nostra mortalità serve anche a ricordarci che abbiamo soltanto un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza.
« Ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza […] prima che ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e lo spirito torni a Dio che lo ha dato » (Qo 12,1.7).
1008 La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle affermazioni della Sacra Scrittura 583 e della Tradizione, il Magistero della Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato dell’uomo. 584 Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come conseguenza del peccato. 585 « La morte corporale, dalla quale l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato », 586 è pertanto « l’ultimo nemico » (1 Cor 15,26) dell’uomo a dover essere vinto.
1009 La morte è trasformata da Cristo. Anche Gesù, il Figlio di Dio, ha subìto la morte, propria della condizione umana. Ma, malgrado la sua angoscia di fronte ad essa, 587 egli la assunse in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L’obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione. 588
Il senso della morte cristiana
1010 Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. « Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1,21). « Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui » (2 Tm 2,11). Qui sta la novità essenziale della morte cristiana: mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente « morto con Cristo », per vivere di una vita nuova; e se noi moriamo nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma questo « morire con Cristo » e compie così la nostra incorporazione a lui nel suo atto redentore:
1011 Nella morte, Dio chiama a sé l’uomo. Per questo il cristiano può provare nei riguardi della morte un desiderio simile a quello di san Paolo: « il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo » (Fil 1,23); e può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull’esempio di Cristo: 591
« Ogni mio desiderio terreno è crocifisso; […] un’acqua viva mormora dentro di me e interiormente mi dice: “Vieni al Padre!” ». 592
« Voglio vedere Dio, ma per vederlo bisogna morire ». 593
« Non muoio, entro nella vita ». 594
1012 La visione cristiana della morte 595 è espressa in modo impareggiabile nella liturgia della Chiesa:
« Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo ». 596
1013 La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell’uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è « finito l’unico corso della nostra vita
terrena », 597 noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. « È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta » (Eb 9,27). Non c’è « reincarnazione » dopo la morte.
1014 La Chiesa ci incoraggia a prepararci all’ora della nostra morte (« Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore »: antiche Litanie dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi « nell’ora della nostra morte » (« Ave Maria ») e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte:
« In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; se avrai la coscienza retta, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che fuggire la morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani? ». 598
« Laudato si’, mi’ Signore,
per sora nostra morte corporale,
da la quale nullo homo vivente pò skappare.
Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda nol farà male ». 599
In sintesi
1015 « La carne è il cardine della salvezza ». 600 Noi crediamo in Dio che è il Creatore della carne; crediamo nel Verbo fatto carne per riscattare la carne; crediamo nella risurrezione della carne, compimento della creazione e della redenzione della carne.
1016 Con la morte l’anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Come Cristo è risorto e vive per sempre, così tutti noi risusciteremo nell’ultimo giorno.
1017 « Crediamo […] nella vera risurrezione della carne che abbiamo ora ». 601 Mentre, tuttavia, si semina nella tomba un corpo corruttibile, risuscita un corpo incorruttibile, 602 un « corpo spirituale » (1 Cor 15,44).
1018 In conseguenza del peccato originale, l’uomo deve subire « la morte corporale, dalla quale sarebbe stato esentato se non avesse peccato ». 603
1019 Gesù, il Figlio di Dio, ha liberamente subìto la morte per noi in una sottomissione totale e libera alla volontà di Dio, suo Padre. Con la sua morte ha vinto la morte, aprendo così a tutti gli uomini la possibilità della salvezza.
La Madonna è passata dalla vita terrena alla gloria celeste con una morte che non ha uguali. Infatti è l’unica che non ha subìto la morte come castigo del peccato perché in Lei non c’è mai stato peccato alcuno, neppure quello originale.
La Chiesa ha sempre chiamato la morte di Maria “dormitio – dormizione” proprio per distinguerla dalla nostra morte di peccatori. Per Lei il passaggio da questo mondo al Paradiso è stato come un addormentarsi tra le braccia di Gesù per ritrovarsi subito viva con Lui nella gloria, non solo con il suo spirito, ma anche con il suo corpo trasfigurato.
Maria è l’unica creatura che ha visto la morte come Dio l’aveva programmata per ciascuno di noi se non ci fosse stato il peccato. Ora Lei è in Cielo e guarda ad ogni uomo con amore
materno per aiutarlo nel corso della sua vita, ma soprattutto nel momento della sua morte affinché muoia nella grazia di Dio e si salvi.
Per questo la Chiesa ce la fa invocare così: “Prega per noi peccatori adesso (cioè in questa vita) e nell’ora della nostra morte, amen.”
Recitando il Rosario noi chiediamo per ben cinquanta volte questo materno intervento di Maria, e alla fine della nostra vita La troveremo accanto a noi per consolarci e aiutarci.
Sul mio sepolcro vi è già inciso da anni il simbolo iconografico e l’epitaffio che ho scelto e che recita: “Vita mutatur, non tollitur”. Con la morte la vita non è tolta, ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno viene preparata una abitazione eterna nel cielo.
Alessandro prof. dott. Tamborini
*Plenipotenziario per le politiche di tutela e promozione del patrimonio storico-artistico- Teologo, cattedratico e studioso di Scienze Religiose, Storia e Simbolismo dell’Arte Antica e Medievale.
Note testo.
(557) Cf 1 Ts 4,14; 1 Cor 6,14; 2 Cor 4,14; Fil 3,10-11.
(558) Cf Gn 6,3; Sal 56,5; Is 40,6.
(559) Tertulliano, De resurrectione mortuorum, 1, 1: CCL 2, 921 (PL 2, 841).
(560) Cf 2 Mac 7,29; Dn 12,1-13. (561) Cf At 23,6.
(562) Cf Gv 11,24.
(563) Cf Gv 5,24-25; 6,40.
(564) Cf Gv 6,54.
(565) Cf Mc 5,21-43; Lc 7,11-17; Gv 11.
(566) Cf Mt 12,39.
(569) Cf At 4,33.
(570) Cf At 17,32; 1 Cor 15,12-13.
(571) Sant’Agostino, Enarratio in Psalmum, 88, 2, 5: CCL 39, 1237 (PL 37, 1134).
(572) Cf Dn 12,2.
(573) Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 801.
(574) Cf Fil 3,21.
(575) Sant’Ireneo di Lione, Adversus haereses, 4, 18, 5: SC 100, 610-612 (PG 7, 1028-1029). (576) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48: AAS 57 (1965) 54.
(577) Cf Fil 3,20.
(578) Cf Fil 1,23.
(579) Cf Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28: AAS 60 (1968) 444.
(580) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 18: AAS 58 (1966) 1038.
(581) Cf Gn 2,17.
(582) Cf Rm 6,3-9; Fil 3,10-11.
(583) Cf Gn 2,17; 3,3.19; Sap 1,13; Rm 5,12; 6,23.
(584) Cf Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 1: DS 1511.
(585) Cf Sap 2,23-24.
(586) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 18: AAS 58 (1966) 1038.
(587) Cf Mc 14,33-34; Eb 5,7-8.
(588) Cf Rm 5,19-21.
(590) Sant’Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 6, 1-2: SC 10bis, 114 (Funk 1, 258-260). (591) Cf Lc 23,46.
(592) Sant’Ignazio di Antiochia, Epistula ad Romanos, 7, 2: SC 10bis, 116 (Funk 1, 260).
(593) Santa Teresa di Gesù, Poesía, 7: Biblioteca Mística Carmelitana, v. 6 (Burgos 1919) p. 86. (594) Santa Teresa di Gesù Bambino, Lettere (9 giugno 1897): Opere complete (Libreria Editrice Vaticana 1997) p. 584.
(595) Cf 1 Ts 4,13-14.
(596) Prefazio dei defunti I: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 377.
(597) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48: AAS 57 (1965) 54.
(598) De imitatione Christi, 1, 23, 5-8: ed. T. Lupo (Città del Vaticano 1982) p. 70.
(599) San Francesco d’Assisi, Cantico delle creature: Dal codice 338 della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi.
(600) Tertulliano, De resurrectione mortuorum, 8, 2: CCL 2, 931 (PL 2, 852).
(601) Concilio di Lione II, Professione di fede di Michele Paleologo: DS 854.
(602) Cf 1 Cor 15,42.
(603) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 18: AAS 58 (1966) 1038.