Oggi, ricordando con un intervento di Miguel Gotor la così detta “strage dimenticata”, quella perpetrata da elementi del terrorismo palestinese a Fiumicino, il 17 dicembre del 1973, “la Repubblica” parla diffusamente e con dovizia di particolari del “lodo Moro”.
Non solo: il tono dell’articolo è di chiara riprovazione per quell’accordo stretto da Aldo Moro e Mariano Rumor con Yasser Arafat e, sopra a tutto, con George Habash, leader di quella fazione marxista dell”Olp, il Fplp, che oggi è notorio essere stata la “longa manus” del Kgb nell’organizzazione politico-militare palestinese.
Perché si deve vergognare “Repubblica”?
Semplice: perché per quasi un lustro, quando l’esistenza del “lodo Moro” suggeriva – e suggerisce ancora – una ben diversa lettura della “strage di Bologna”, il quotidiano di piazza Indipendenza è stato in prima fila, nel sostegno della tesi propugnata dai magistrati petroniani, secondo cui il “lodo Moro” sarebbe stata nulla più di un’invenzione dei “negazionisti” protesi a protestare l’innocenza dei condannati (Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) e degli imputati (Gilberto Cavallini e ora anche Paolo Bellini) appartenenti alla galassia dell’eversione nera.
Col solito doppio registro, ciò che non sarebbe mai esistito a Bologna nel 1980, in realtà, avrebbe preso corpo già nel 1973.
Anzi, Gotor indica al lettore anche una data precisa della sottoscrizione di quel patto scellerato: il 19 ottobre del ’73.
E anche il nome del grande mediatore che, manco a dirlo, sarebbe stato quel colonnello Stefano Giovannone, del quale al tribunale sotto le Due Torri non si vuol neanche sentir pronunciare il nome.
Citando Lotta Continua
Chiaramente, citando come fonte “autorevole” il giornale “Lotta continua”, la “Repubblica” non manca di tentare di addossare in qualche modo alla Destra anche la “strage di Fiumicino”, adombrando un ruolo non meglio definito di Vito Miceli, capo del Sid in quegli anni.
Al di là di questo, però, resta il fatto che, per giudicare l’inaccettabile oblio delle 32 vittime di Fiumicino, si additino i contenuti di quel “lodo Moro” di cui si è aiutato a sostenere l’inesistenza, pur di promuovere i “teoremi” giudiziari per l’eccidio del 2 agosto 1980.
Questa altalena di verità – che, a rischio di ripetersi, è semplicemente vergognosa – dimostra una volta di più quanto sia necessario riaprire, almeno in Parlamento e nella dimensione di una commissione d’inchiesta, l’analisi e i ragionamenti sugli “anni di piombo”, al fine di illuminare le oscure trame che legarono in una strategia occulta parte della Democrazia cristiana e del Partito comunista.
Trame tese anche a preservare il Paese da pericoli incombenti, data la ferocia del terrorismo internazionale di quegli anni, ma che furono anche sfruttate, specialmente dal Pci, in politica interna, nel tentativo di blindare assetti e progetti di potere.