Ustica, La Repubblica chiede “l’aiuto da casa” al suo pubblico di gonzi

Ustica, La Repubblica chiede "l'aiuto da casa" al suo pubblico di gonziUstica, La Repubblica chiede “l’aiuto da casa” al suo pubblico di gonzi – Se non fosse tutto stampato, nero su bianco, si stenterebbe a crederlo: precipitato nel vuoto della vacuità e della pochezza, il falso “scoop” Giuliano Amato-La Repubblica su Ustica, il giornale di piazza Indipendenza si appella al “giudizio di Dio” o, meno pomposamente, al fatidico “aiuto da casa”.

Pagina 15 dell’edizione dell’altro giorno, 10 settembre, non trovando altri bugiardelli disposti a sostenere la tesi del missile francese che avrebbe abbattuto il Dc9 “Itavia”, Maurizio Molinari, ferratissimo giornalista investigativo, ha rafforzato le sue indagini con un… sondaggio!

Opinione pubblica

A che servono le prove, le analisi, i riscontri sulle carte giudiziarie o storiche, quando si può fare affidamento alla “doxa”, all’opinione volatile della “gggenteee”?

Dunque, cosa importa se non esiste una traccia che sia una, anche labile, di questo benedetto missile, quando “per il 55% degli italiani” questa tesi “sarebbe credibile”?

La verità sui misteri italiani, quindi, non va cercata con la faticosa impresa di mettere in fila indizi, verifiche, analisi, perizie e testimonianze sincere: no, niente di tutto questo!

È sufficiente “spararla grossa”, anzi, con macabra ironia, “lanciare il missile” sulla stampa “che conta” e, dopo qualche giorno di “battage”, magari con un “influencer” di grido, sbandierare pubblicamente il successo ottenuto tra i lettori e gli ascoltatori.

Le tesi e le teorie sulle grandi tragedie non necessitano più di prove, ma del “gradimento”, dell’alto indice dell’“Auditel”.

Più che uno scandalo, una tristezza, uno schifo infinito.

Oltre cinquant’anni di sofferenze e dolore, di inchieste e di processi, di indagini e inchieste, umiliate in una paginetta che dimostra come, a questo punto, più che di una commissione parlamentare, sarebbe meglio affidare la materia a Barbara D’Urso, ad Alfonso Signorini o a qualche altro fenomeno del “trash” televisivo.

Perché accadano queste cose, è facile a intuirsi: le desecretazioni in atto di documenti finora tenuti nascosti, in Italia e all’estero, dimostreranno l’inconsistenza di praticamente tutte le tesi e le teorie che si sono succedute nel tentativo di mascherare gli oscuri giochi della politica della “Prima repubblica” intorno ai massacri consumati negli anni ’70 e ’80, verità inconfessabili e lontanissime da tutte le ipotesi fin qui avanzate.

Verità che getteranno una luce sinistra non solo sui ministri delle varie epoche, sui diversi governi, ma anche sui “grandi partiti” e, non ultimi, su tanti procuratori e magistrati.

Per tanto, non potendo fermare la marcia della verità, tanto vale “avvelenare i pozzi” finché sarà possibile farlo, affinché, quando verrà alla luce, questa stessa verità sia in qualche modo depotenziata.

D’altro canto, i depistaggi che hanno caratterizzato la lunga “notte della Repubblica” si sono sì sempre consumati in tribunale o negli uffici delle Questure, ma hanno sempre avuto origine dalla stampa.

Da una certa stampa che, adesso, spera “nell’aiuto da casa”, nella ingenuità dei lettori, per portare avanti la sua diabolica opera di mistificazione della storia.