Transnistria nuovo fronte della guerra? – Si estende la tensione che circonda il conflitto russo-ucraino e non scema la possibilità che questo si estenda ad altri teatri e ad altre regioni.
La Transnistria e la Moldavia sembrano essere le prossime candidate, con i moldavi, che, apparentemente, avrebbero vinto il ruolo di “ucraini bis” agli occhi di Washington.
La regione filorussa
In effetti la Moldavia ricorda, in piccolo, una seconda Ucraina. Repubblica ex sovietica, con un’opinione pubblica spaccata tra una maggioranza filo-occidentale ed una nutrita minoranza filo-russa, fuori dalla UE e dalla NATO (e perciò per l’Occidente area grigia in cui condurre una possibile guerra per procura contro la Russia senza proprio impegno diretto), presenta anche al suo interno una autoproclamata repubblica separatista filorussa, la Transnistria appunto, esattamente come accadeva per l’Ucraina nei confronti delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lughansk.
Il precedente del 1992
A differenze delle repubbliche del Donbass, un conflitto tra la Moldavia, che si dichiarava indipendente dall’URSS e la Transnistria, che voleva invece restare unita al mondo russo, era già scoppiato nel corso della primavera del 1992, nella quadra dello sfacelo del mondo sovietico.
Allora, le forze moldave di Chisinau, nonostante il supporto rumeno (laddove i rumeni vedono tutt’oggi la Moldavia come una propaggine della Romania ed ambiscono a sostituire l’influenza russa nel paese con la propria), non riuscirono a schiacciare le forze separatiste, venendo quindi obbligate a riconoscere l’esistenza de facto di una piccola repubblica, di poco più 500.000 anime e pochi chilometri di profondità a oriente del fiume Dnestr, con capitale Tirasopol, schiacciata tra Moldavia e Ucraina.
Un vero e proprio “stato nello stato”.
A garantire la sicurezza della provincia ribelle, che da allora conta su forze armate di neanche 10.000 uomini, anche un contingente russo di poco più di un migliaio di soldati.
Detto questo, nonostante il (minimo) supporto russo, la politica di Mosca in questi ultimi trent’anni non aveva mai accennato ad un riconoscimento dell’indipendenza della Transnistria, replicando effettivamente quello che sarebbe stato l’atteggiamento russo allo scoppio della crisi Ucraina e del Donbass nel 2014.
Un film già visto
Come per il Donbass, dove la Russia con gli accordi di Minsk aveva cercato da una parte di barattare la rinuncia all’indipendenza richiesta da Donetsk e da Lughansk in cambio di una riforma in senso federale di Kiev, con concessione di larghe autonomie locali, Mosca, con un decreto del 2012, dichiarava di rispettare da una parte l’integrità territoriale moldava, dall’altra chiedeva a Chisinau di concedere uno status di larga autonomia locale a Tirasopol e uno status di neutralità internazionale per la collocazione strategica del paese.
Tale approccio, tacitamente anche se mai formalmente, sempre accettato da Chisnau, è stato invece recentemente rigettato dal nuovo primo ministro moldavo Dorin Recean, neonominato dalla presidente Sandu a seguito di una confusa crisi di governo.
La mano USA
Recean sostituisce Natalia Gavrilita ed è stato nominato proprio in coincidenza con una visita del Segretario di Stato americano Blinken, in visita nel paese il 17 febbraio, ad appena un giorno di distanza dalle dimissioni della Gavrilita.
Primo atto di Recean e del suo governo appena tenuto a battesimo stelle e strisce da Blinken?
Volare ovviamente a Varsavia dove Biden di lì a poco teneva il suo discorso di guerra contro la Russia.
Per non farci mancare niente Recean ha dichiarato apertis verbis che la Transnistria andava “demilitarizzata” (parafrasando le parole della vice di Blinken, l’infausta Victoria Nuland, che si era appena espressa per la necessità di “demilitarizzare” la Crimea).
Simmetricamente il Cremlino ha provveduto a ritirare il proprio protocollo del 2012, in cui garantiva l’integrità territoriale moldava, essendo ormai palesemente disattesa la parte sulla concessione delle autonomie e delle varie garanzie per la popolazione filorussa (in effetti sembra di rivedere per ogni passo il precipitare della crisi del Donbass di un anno fa).
Il tema dei depositi ex sovietici
In accordo con le dichiarazioni di Recean si sono incominciate ad osservare sia movimenti di truppe moldave lungo il corso del Dnester che, a oriente, di truppe ucraine nell’oblast di Odessa. Non è infatti di certo un mistero che anche gli ucraini gradirebbero e non poco, schiacciare questa piccola striscia di terra filorussa che si interpone tra i loro confini e l’Occidente.
Inoltre, a Kiev, ci potrebbe essere anche un’ulteriore motivazione per voler mettere, congiuntamente con la Moldavia, le mani sulla piccola repubblica ossia la volontà di impossessarsi dei grandi depositi di munizionamento sovietico rimasti nella provincia.
In particolare, nella cittadina di Cobasna, posta direttamente a ridosso del confine ucraino, vi è infatti uno dei più grandi depositi della vecchia Armata Rossa; si stimano ventimila tonnellate di munizionamento di cui Kiev è estremamente affamata, avendo ormai esaurite le proprie scorte di materiali ex sovietico.
Sarà quindi forse un caso che la diplomazia americana si sia attivata così prontamente presso Chisinau, proprio nel momento in cui a Kiev si insiste sempre di più per ricevere più armi e più munizioni?