Tiziano Ferro difende le adozioni omosessuali – Lo scorso 11 novembre è uscito “Il Mondo è nostro”, l’attesissimo nuovo album di Tiziano Ferro che per l’occasione fa uscire anche un nuovo singolo: “La Prima Festa Del Papà”. Una canzone dedicata ai figli Andrès e Margherita.
“Le mie canzoni che hanno avuto più successo sono state quelle maggiormente spietate verso me stesso. “La prima festa del papà” è esattamente questo: la canzone più complessa e al tempo stesso onesta che potessi scrivere sulla mia esperienza da padre… parla della gratitudine che ho provato quando ho ricevuto il privilegio di poter vivere un sogno. Anche solo il sogno, la fantasia. Prima di allora il mondo mi aveva sempre raccontato che “quel sogno” non poteva neanche essere contemplabile… Questo brano è nato da un messaggio di mio padre arrivato il giorno della Festa del Papà che diceva: “La storia prosegue, il testimone è tuo”. È difficile spiegare quanto ha significato per me quel messaggio e quanto, fino a quel momento, non avevo davvero realizzato nella mia testa quel passaggio di testimone”.
Un’artista di fama mondiale
Il nuovo album “Il Mondo È Nostro” contiene una traccia che racconta a suo modo ed attraverso le sue sonorità un nuovo capitolo della vita dell’artista che ha all’attivo 20 anni di carriera, oltre 20 milioni di dischi venduti nel mondo e più di 200 canzoni pubblicate in cinque lingue (italiano, inglese, spagnolo, portoghese e francese).
Il capriccio della paternità
L’esperienza di vivere la paternità, la gioia di essere chiamato “papà” e il diritto del minore nel non avere il diritto di avere una madre. Ebbene sì, è così che funziona per Tiziano Ferro ed i suoi sodali LGBT.
Un mondo dove i desideri\capricci degli adulti diventano diritti come il diritto di essere genitore e dove i diritti dei più piccoli diventano non diritti come il diritto a non avere il diritto di dire la parola “mamma”.
E già, perché mentre due uomini si dilettano ad affrontare la paternità ci sono bambini che non diranno mai la parola “papà” perché con due mamme. Un mondo dove, in sintesi, i bambini sono “pupi” con cui poter realizzare i propri sogni che magari derivano da un incubo, come quello vissuto dalle donne vittime della maternità surrogata, spesso dettata dalla fame e dalla miseria.
Da questa forma mentis si capisce anche il linguaggio di chi la sostiene e diffonde come si evince dalle parole di un tweet della pasionaria dell’aborto e delle droghe leggere: Emma Bonino. “Non vedo nessuna luce sul destino dei diritti civili con questo governo. Roccella e Meloni pensano alla famiglia con mamma e papà, magari con due pupi. Temo che i nuovi diritti civili verranno messi in un cassetto. Serve una mobilitazione di tutti e tutte”
Pupi
E’ così che una onorevole, ma principalmente una donna, considera un bambino.
Dante, il padre della lingua italiana li ha messi tra le tre cose che ci sono rimaste del paradiso assieme ai fiori e alle stelle.
«Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca, si tocca l’amore».
Così invece lo definiva Maria Montessori. Una donna, che fu tra le prima italiane a laurearsi, educatrice ma anche pedagogista, filosofa, medico, neuropsichiatra infantile e scienziata italiana e nota internazionalmente per il metodo educativo che prende il suo nome, adottato in migliaia di scuole dell’infanzia, elementari, medie e superiori in tutto il mondo.
“I bambini sono come i marinai: dovunque si posano i loro occhi, è l’immenso”
Così li definisce Christian Bobin uno scrittore e poeta francese, vincitore del premio Prix des Deux Magots nel 1993 e del premio Prix de l’Académie Française nel 2016.
La tragedia della maternità surrogata
Pupi: perché non usare questa parola con tanto di tono dispregiativo, che traspare dal tweet, con quelle donne che tanto vorrebbero essere madri ma non possono vivere la maternità? Oppure con quelle donne, con quelle madri che hanno perso un figlio? Oppure con quelle donne, con quelle madri, con quelle nonne che non si sentiranno più chiamare “mamma” oppure “nonna”? Oppure con quelle donne che costrette dalla fame, dalla miseria o addirittura perché ingannate si ritrovano con un figlio ridotto a un mero pacco regalo da dare a qualche coppia omosessuale. Privando il bambino non solo della sua dignità di essere umano ma anche del diritto fondamentale alla bigenitorialità?
Una battaglia di civiltà
Un desiderio, che piaccia o meno, non era, non è e mai sarà un diritto, tanto quanto un bambino non sarà mai un pupo e tanto quanto una vita è una vita sia essa o meno nel grembo materno.
E fino a quando esisteranno donne che faranno propri i battiti di un bambino. Fino a quando esisteranno donne che sentiranno sulla pelle la sofferenza di un bambino. Fino a quando esisteranno donne che vivranno l’aborto come una sconfitta umana anziché una vittoria di civiltà. I bambini resteranno bambini e i pupi esisteranno solo in ideologie umanamente egoiste.
Quelle in funzione della morte anziché della vita, quelle che considerano un “diritto” sopprimere una vita, quelle che intendono tutelare le donne aiutandole a commettere l’atto più devastante che una donna possa mai vivere: stroncare di chi porta in grembo.