“Tetto al prezzo del gas”: ma è quattro volte il prezzo di mercato – La super arma normativa che avrebbe dovuto addomesticare il mercato dell’energia, la taumaturga pietra filosofale contro la crisi dei prezzi, lo strumento che – brandito dall’infallibile Mario Draghi e nuovamente invocato da Giorgia Meloni – avrebbe finalmente messo in ginocchio Gazprom e tutta la Federazione Russa, si è risolto, nell’ultima bozza di proposta della Commissione Europea, in una pantomima nulla e ridicola.
Il Price Cap che piace agli speculatori
Un “Price cap” fissato a 275 euro per megawattora, mentre, attualmente, il mercato quota attorno ai 120-125 euro.
Prezzi comunque altissimi, considerando che nell’ultimo decennio 2011/2021, il prezzo abbia sempre subito oscillazioni tra i 10 e 30 euro circa per megawattora. Siamo a circa quattro volte il prezzo di mercato che eravamo abituati a pagare, ma ben al di sotto dei 275 euro proposti dalla Commissione.
Un prezzo fuori norma
Di fatto la soglia dei 275 euro è stata superata – con picchi oltre i 300 euro – solo nelle ultime due settimane di agosto, per un effetto transitorio di “riempimento delle scorte”, ovvero, i Paesi europei, adempiendo alle indicazioni della Commissione – la regolamentazione della Commissione è distorsiva dei mercati – “di fare il pieno” ad almeno il 90% dei siti di stoccaggio del gas, hanno impresso una virata al rialzo dei prezzi.
Ipotizzare che il gas possa ritornare a prezzi simili, adesso con le scorte piene e nuovi contratti di fornitura – stipulati sì, a caro prezzo presso Stati Uniti, Azerbaijan, Paesi arabi – è piuttosto improbabile.
Salvare la faccia
Improbabile, per quanto ovviamente non impossibile, che si ritorni anche oltre i 200 euro per megawattora – prezzi in vigore tra fine luglio e fine settembre, oltre che per qualche picco a marzo – soglia che era quella indicata nella proposta della Commissione.
Allora perché proporre il fantasmagorico “Price cap” se tanto il livello di prezzo/tetto è astronomico e quindi inapplicabile? Semplice: per salvare la faccia.
Dopo mesi di discussioni, di impegno politico, di personalità di primo piano – Mario Draghi compreso – sarebbe difficile ripresentarsi al pubblico a mani vuote. Probabilmente, si discuterà ancora, si faranno valutazioni, si introdurranno criteri per rendere il tetto “dinamico” – chissà come, chissà perché – e si organizzeranno fior fiore di conferenze stampa in cui si dichiarerà che la UE ha fatto rimangiare alla Russia la sua promessa di non vendere il gas ai Paesi con “Price cap” e tanti saluti.
Nessun impatto su Gazprom
A queste condizioni la Russia continuerà a vendere il gas, dal momento che il tetto sarà di fatto nullo e inapplicabile. La Russia ha sempre fatto presente che venderà gas e petrolio a condizioni di mercato, lasciando perciò proprio ai mercati l’onere di fare i prezzi e ai Paesi occidentali la decisione di comprare o meno. Con questo tetto è evidente che nulla di sostanziale cambierà e quindi continuerà ad esportare le proprie risorse energetiche. Siamo al “Sostanza vs Apparenza”: la risoluzione della vicenda si avvia ad essere simile a quando la Russia chiese i pagamenti in rubli e l’Europa rispose con sperticate promesse di non piegarsi mai “al ricatto russo” – come se pagare un bene importato nella valuta dell’esportatore fosse un ricatto – salvo poi accettare il meccanismo per il quale il pagamento avviene in euro su conti Gazprom Bank, la quale scarica euro per ricomprare rubli sul mercato.