Sopra l’omicidio di Giulia balla il cinismo della sinistra
Può sembrare illogico dire una cosa del genere, ma solo coloro che hanno una vasta cultura dei grandi processi per i fatti di eversione e strage – e di ciò che intorno a questi procedimenti ruota -, può comprendere appieno il tasso insopportabile di cinismo e strumentalità con cui la Sinistra sfrutta a proprio comodo i fatti della cronaca nera.
Giulia vittima di una cultura patriarcale?
Si potrebbe pensare che sia effettivamente un sospetto fondato, dal momento che è stata addirittura un’amministrazione di Centrodestra – quella del Friuli – a stanziare un quarto di milione per finanziare associazioni che promuovono la (sub)cultura “Gender” nelle scuole, come prima reazione all’emotività scatenata da questo atroce delitto.
E da altri enti e dallo stesso governo non c’è da aspettarsi di meglio.
Dunque, è d’obbligo interrogarsi sulla fondatezza di questa tesi.
E come in ogni investigazione seria, bisogna porsi, dato il presupposto, la domanda decisiva: in che tempo e in che luogo di sarebbe imbevuto Filippo, l’assassino, di questa cultura e di questa visione “patriarcale”?
Se i dati sono esatti, Filippo è nato nel 2001 ed è, quindi, un esemplare perfetto della gioventù contemporanea. Ha letto certamente pochi libri e non particolarmente interessanti e, tra quei pochi, i più saranno stati quelli indicati dai maestri e dai professori delle medie e delle superiori dell’ultimo decennio: un condensato di “politicamente corretto” declinato in ogni genere letterario.
La scuola?
Che sia stato iniziato al “patriarcalismo” dalla Scuola – al di là delle letture: nel comportamento richiesto; nello stile di frequentazione; nello “humus” che vi si respira al di là della didattica pura e semplice – è da escluderlo: se Filippo è andato alle scuole pubbliche di oggi, avrà imparato poco e niente di qualsiasi cosa; se è andato in quelle private, anche di meno.
Per tanto, ascoltando quali dischi – la musica è certamente un fattore importante nella costruzione dell’immaginario personale e collettivo dei ragazzi – e quali podcast – ah, internet! – avrebbe appreso e coltivato i rudimenti della società patriarcale?
Oppure, guardando quali film avrebbe maturato la consapevolezza della supremazia del maschile, ora che anche in un film di moschettieri ambientato nel 1500 non manca mai la spadaccina che, al tombolo, preferisce il fioretto e l’archibugio ed è, di norma, di pari abilità, se non superiore al D’Artagnan di turno?
Forse, in televisione, ma è difficile, dato che, da quando l’ha potuta guardare, non solo l’elemento femminile è presente, se non prevalente, in qualsiasi programma – dai “cartoni” ai telefilm, anzi, si faccia ammenda dell’espressione “boomer”: alle “serie”, dai talk-show ai programmi di approfondimento -, ma buona parte dei maschi spediti in video, con buona pace di tutti, sono palesemente omosessuali.
Della stampa, poi, non ne parliamo: i giovani non solo non leggono i giornali, ma questi sono diventati il “bollettino” del “pensiero unico” che, del “patriarcato”, disconoscono ormai anche la parola.
La famiglia?
A questo punto, non resta che la famiglia, ma proprio la sua famiglia, quella specifica di Filippo: se qualcuno ha il coraggio di avanzare una tesi del genere, si faccia avanti.
Inutile andare oltre, cercare altrove non porterebbe a risultati differenti. Il “patriarcato” non c’entra nulla con l’ingiusta e inaccettabile fine di Giulia, è una falsa indicazione che non porta nessuno a capire – e peggio ancora: non porta nessuno a imparare – il senso tremendo del crimine che si è consumato pochi giorni or sono.
Serve solo – appunto: con cinismo e con strumentalità – al fronte progressista per portare nuovamente attacchi potenti e feroci a quell’istituzione – la famiglia -, il cui progressivo indebolimento sociale, guarda caso, accompagna esattamente la crescita di fenomeni incontrollabili di sopraffazione e violenza.
Bisogna avere il coraggio di rispondere a tono, a chi non esita a colmare con le tragedie il suo vuoto culturale e politico: ammesso e non concesso che una “concezione patriarcale” qualsiasi possa avere un benché minimo ruolo in questo genere di vicende, è semmai la sua assenza a favorirne la moltiplicazione, non certo il contrario.
Modello sbagliato
Quanto meno, è indubitabile che questa nostra società, quanto meno è “patriarcale”, tanto più è priva di controllo, senza principi, senza freni inibitori personali e sociali capaci di contenere gli impulsi peggiori.
Probabilmente, nell’accezione comune, è stato un bene rendere meno “patriarcale” la società in cui tutti noi viviamo; sicuramente, è sbagliato il modello alternativo – ammesso che ci sia un modello – con cui è stata e la si sta sostituendo.
E lo dimostrano i risultati: più si insiste su certe strade, più sono i morti, anzi, le morte che vi si raccolgono sul ciglio.
Talmente tante che, forse, sarebbe il caso di chiedersi: non stiamo sbagliando qualcosa? Rincorrere la Sinistra su questi temi, infatti, servirà solo a trasformare tutti in ragionieri, utili solo a contabilizzare l’orrore crescente.