Se questi sono i figli di Francia – Alla causa segue l’effetto: la Francia è un coacervo complesso di politiche sbagliate, di violenza e di abbandono.
La Francia ai francesi
Certo, forse a qualcuno può aver fatto schifo, può essere sembrato scorretto, può non essere piaciuto che i giovani militanti dell’estrema destra francese gridassero: “La Francia ai francesi”. Cosa c’è di sbagliato? È così orripilante rivendicare un’identità nazionale? Anzi, un’identità patriottica? È politicamente sconveniente?
Due pesi e due misure
Dal mio punto di vista è sconveniente, e stupefacente, come di fronte alle azioni dimostrative e all’impiego della forza qualcuno abbia definito squadracce solamente i gruppi militanti di destra. È palese il doppio pesismo dinanzi alle sassaiole, ai tafferugli, agli scontri e alle ruberie a volto coperto (il che è logico dal momento che si compie un atto illegale e si vuole evitare l’identificazione). Ed è ancora più stupefacente che non si sia voluto sottolineare come alcuni di quei militanti abbiano cercato di evitare che esercenti e commercianti subissero l’assalto da chi desiderava unicamente accaparrarsi la merce, e certo non in nome del giovane Nahel. Punto e a capo.
Giornalismo fazioso
Ma il giornalismo nostrano è sempre così celermente (e presuntuosamente) bravo nel liquidare semplicisticamente la galassia della destra politica. È l’approccio reiterato di chi gode nel masturbarsi e poi crogiolarsi nel suo liquido, in grado di partorire esclusivamente il classico stereotipo dei quattro giovincelli con la testa rasata, tatuaggi con svastiche e cinghie alla mano. La Destra politica è una realtà culturalmente più complessa, e difficilmente definibile, che non può essere ridotta a questo.
I nuovi barbari
Poi, dalla parte opposta c’è l’altra rabbia. La forza straripante della collera che alla fine giungerà ad un binario morto. Quella gioventù “sprecata” che si è scagliata contro le forze dell’ordine e che ha potuto sfogarsi distruggendo e vandalizzando tutto. Una gioventù “sprecata” come la nostra, che a differenza di quella francese sarebbe incapace di prendere a pedate anche un fantoccio. Inerte.
Quella massa giovanile ha dimostrato di essere carne fresca. È vigore allo stato puro. Che cosa vuoi canalizzare o addirittura esaurire in un contesto culturale che, come valvole di sfogo, non ti dà un cazzo di niente se non i social e le serate dedite a ‘sfasciarsi’ (in gergo)?
È lo sfogo dei giovanissimi: la stragrande maggioranza di loro ripresa dai telefonini durante gli scontri e gli assalti ai negozi sono ragazzi di un’età compresa tra i 15 e i 20 anni. Gente desiderosa di strapparsi le catene di dosso se soltanto ne avesse la consapevolezza.
Tuttavia, la cifra delle proteste ha dimostrato il suo valore: rasenta l’asfalto.
In fila a rubare l’IPhone
I saccheggi di negozi come Apple fanno capire per quali principi o ideali sono condotte le lotte contro il potere. Sarebbe stato più elevato vedere fuggire quei ragazzi con un libro sotto il braccio. Assetati di sapere. E invece no.
Ma non bisogna scadere nella generalizzazione, tra i giovani non c’erano soltanto i ‘casseurs’, bensì anche ragazzi indignati della morte di un coetaneo e stanchi di fronte alla vessazione dell’uniforme. È questa l’altra faccia della medaglia.
Perché anche di questo si tratta, di un giovane ragazzo, ancora minorenne, morto ammazzato da un poliziotto. Entrambi cascati nelle trame profonde e oscure di una guerra sociale che si consuma quotidianamente nelle metropoli europee e in particolar modo nelle cinture periferiche fatte di asfalto, cemento, agglomerati urbani e merda.
È una logica reazione che segue la causa: dal grilletto allo sparo fino alla morte del giovane ragazzo è un attimo che lo straccio imbevuto di benzina prenda fuoco e la bottiglia si scagli contro il bersaglio.
Non stupirebbe sapere che alcuni di quei ragazzi abbiano subito una qualche forma di sopruso da parte della polizia, qualche controllo eccessivamente intrusivo, sorrisetti sbruffoni e qualche parola di troppo. Badilate di merda che vanno ad aggiungersi al fallimento delle politiche sociali e culturali degli esecutivi francesi, il cui modello assimilazionista non ha funzionato per la maggioranza dei giovani di terza e quarta generazione che si sono sentiti abbandonati.
Riccardo Giovannetti