Sardegna: vince l’astensione – Primo, inequivocabile risultato delle elezioni in Sardegna: chiunque vinca, governerà la Regione grazie al consenso di meno del 25% degli elettori.
Seppur di poco, anche questa tornata registra un calo dei votanti e questo, prima ancora del risultato definitivo, dovrebbe preoccupare i politici seri. La disaffezione, infatti, è generale e, al di là delle persone e dei programmi che portano avanti, produce una classe politica parzialmente delegittimata in partenza.
L’elefante nella stanza
Continuare a far finta che chi non vota non conta, alla lunga, è un atteggiamento che mina le fondamenta stesse della democrazia. In secondo luogo, va registrata l’incredibile lentezza dello spoglio delle schede votate, spia di un’incapacità gestionale del processo elettorale che dovrebbe parimenti preoccupare la classe politica.
Al momento in cui si sta scrivendo, le 11.45 e con lo spoglio iniziato alle 07.00, si conoscono i dati di sole 10 sezioni su su 1844! Ora, due conti: se gli elettori che hanno votato sono il 52% di 1 milione e 400 mila, significa che ogni seggio deve scrutinare mediamente meno di 400 schede: possibile che solo 10 sezioni su quasi 2000, dopo quattro ore e passa, abbiano terminato il lavoro?
Cinque anni or sono, tante sezioni della Sardegna non riuscirono nel compito nemmeno nelle 12 ore canoniche previste per legge, consegnando quindi tutto il materiale alle Corti d’appello affinché rifacessero l’intera operazione di scrutinio. Possibile che una sezione non riesca a “lavorare” 30 schede all’ora? Due minuti per leggere tre dati su un foglio?
La celeberrima inefficienza
Nemmeno dovessero fare l’expertise di un francobollo raro! Sembrano quisquilie, ma, in una democrazia, il processo elettorale dovrebbe essere accurato, efficiente e rapido, affinché i risultati siano sempre precisi e credibili.
Non preoccuparsi di questi aspetti significa aprire le porte a sistemi di consultazione – tipo il voto elettronico – che non danno alcuna garanzia di onestà ai cittadini. Il che non potrà che aumentare la disaffezione della gente e il potere delle lobbies.
Massimiliano Mazzanti