È passata sottotraccia l’uccisione di Salwan Momika, attivista iracheno di 38 anni, esule, in Svezia, ove aveva ottenuto lo status di rifugiato nel 2021, permesso scaduto lo scorso aprile e non più rinnovato.
Salwan era un’attivista irakeno di Mosul e apparteneva alle milizie cristiane impegnate a combattere l’Isis sotto l’ombrello dell’Iran.
Momika è stato ucciso a colpi di arma da fuoco a Södertälje ad una manciata di chilometri dalla capitale svedese, mentre, nel suo appartamento stava facendo una diretta social.
L’uomo era già conosciuto ai media di tutto il mondo per aver nel 28 giugno 2023, davanti alla più grande moschea di Stoccolma, nel primo giorno della festa musulmana dell’Eid, conosciuta come la “Festa del Sacrificio”, infilato tra le pagine del Corano una fetta di bacon di maiale, considerato impuro dai musulmani, di averne strappato alcune pagine per poi bruciarlo.
Uno spettacolo ripetuto, poi, il mese successivo davanti al Parlamento svedese perché, esponeva che, il Corano rappresenta “un pericolo per le leggi democratiche e per i valori svedesi e umani”.
Due pesi, due misure
I suoi atti avevano infiammato il mondo musulmano e si sa che mentre l’Europa dal ventre molle perdona tutti i peccati ai rifugiati, coccolandoli e quasi scusandoli dei loro comportamenti, se qualcuno si permette di contravvenire o di offendere il mondo arabo, la loro terra o peggio L’Islam non ha scampo.
Si parla tanto di integrazione ma il fenomeno, così come è gestito non è avverabile; il modello proposto dalla unione europea è più una invasione che una migrazione, e tra non molto subiremo una integrazione al contrario dove diventeremo una minoranza succube e saremo allogeni in casa nostra.
Se vogliamo che ciò non accada la remigrazione è l’unica soluzione.
Paolo Ornaghi
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