SALONE DEL LIBRO: “FASCISMO DEGLI ANTIFASCISTI”? FACCIAMO CHIAREZZA.
Dopo l’ignobile gazzarra che alcune femministe hanno inscenato al Salone del Libro di Torino per impedire al Ministro Roccella di presentare il suo lavoro intitolato “Una famiglia radicale”, ecco che, a partire dallo stesso Ministro fino alle prime pagine dei giornali di centrodestra e non solo, è stato un fioccare di espressioni del tipo “Fascismo degli antifascisti”, “Fascismo rosso” e altre sciocchezze del genere.
Un impegno
È ormai diventata una nostra battaglia stigmatizzare l’uso di questa terminologia, non solo perché denota superficialità e, francamente, anche una certa rozzezza, ma soprattutto perché testimonia una resa senza condizioni nella battaglia del linguaggio che la cosiddetta sinistra conduce da sempre in modo scientifico e sistematico.
Il termine “neolingua” lo incontriamo nel romanzo di George Orwell “1984”, in cui un oscuro potere impone un linguaggio paradossale che capovolge il significato di alcune parole, portando gli individui a ragionare in modo assolutamente funzionale al potere medesimo.
In quel romanzo, che definire profetico sarebbe riduttivo, si racconta della distruzione e riscrittura di libri di Storia e giornali e viene pure descritta la pratica dei due minuti di odio, in cui i cittadini urlano ogni genere di insulti contro le immagini proiettate di Emmanuel Goldstein, il nemico per eccellenza, il male assoluto.
Facile trovare le analogie con la realtà dei nostri giorni, a partire dall’uso della neolingua, che porta a dimenticare come l’intolleranza verso le idee altrui, l’uso della violenza politica, la demonizzazione dell’avversario non siano nate con il Fascismo ma, piuttosto, siano patrimonio strutturale della sinistra sin dalle sue origini.
Rivoluzione Francese
Il giacobinismo, durante la Rivoluzione Francese, introdusse il concetto di “nemico del popolo”, con cui si identificavano tutti gli avversari, veri o più spesso presunti, della Republique.
E si andò oltre: Saint Just affermò, trovando ampio seguito, che: “Bisogna punire non solo i traditori, ma anche gli indifferenti; devi punire chi è passivo nella Repubblica e non ha fatto nulla per questa”.
Il Tribunale Rivoluzionario emise una media di 50 condanne capitali al giorno, tutte regolarmente eseguite.
Lenin scrisse nel 1917:” “Gli storici del proletariato vedono nel giacobinismo uno dei grandi momenti della lotta di classe oppressa per la loro liberazione. Furono i giacobini a dare alla Francia il miglior modello per una rivoluzione democratica”.
Lo stalinismo
E Stalin fu solerte sostenitore di questo assunto, arrivando a sterminare senza pietà anche comunisti di sincera fede ma, ai suoi occhi, non sufficientemente ortodossi.
Nel Congresso Socialista di Bologna del 1919 si sancì l’uso della violenza quale strumento ordinario della lotta politica.
Il biennio rosso
Nel corso del biennio rosso – 1919-1920 – non si contarono le uccisioni, i pestaggi, le sopraffazioni ai danni di chi si opponeva o, semplicemente, non sosteneva i “rossi”.
La violenza fascista fu una risposta a quel clima di autentico terrore e finì per prevalere, in quanto i fascisti, pur inizialmente in inferiorità numerica, erano in gran parte ex combattenti, preparati allo scontro fisico.
Il nemico del popolo non deve essere solo ridotto al silenzio, non deve essere semplicemente sanzionato fino al carcere.
Gli deve essere tolta qualsiasi dignità, compresa quella all’esistenza. Per lui non si concepisce altro che la condanna senza appello alla morte fisica -o, quanto meno, a quella civile – e la damnatio memoriae.
Socialismo reale
Questa prassi è stata ampiamente applicata in tutti i paesi del socialismo reale e, con i limiti del caso, è ancora oggi fonte di ispirazione per i movimenti che dal giacobinismo discendono, compresi quelli delle esaltate disturbatrici del Salone del Libro.
Pertanto, pur guardandoci bene dall’affermare che i fascisti fossero degli agnellini tutti Peace&Love, ci battiamo perché alle parole venga restituito il loro significato autentico, scevro da incrostazioni ideologiche da neolingua, che alterano la realtà, fino a capovolgerla.
Le esagitate del Salone del Libro non sono fasciste, bensì antifasciste assolutamente coerenti, che da perfette antifasciste si sono comportate.
Raffaele Amato