Rubrica Donne dimenticate – Luisa Ferida – La rubrica “Donne dimenticate” oggi dedica il proprio appuntamento all’attrice Luisa Ferida
Luisa Ferida è stata una delle più note dive del cinema italiano nel decennio 1935-1945.
Nata Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna, il 18 marzo 1914, iniziò la sua professione in teatro con le compagnie di Ruggero Ruggeri e Paola Borboni, dopo esordì sul grande schermo con il film Freccia d’oro (1935) di Piero Ballerini e Corrado D’Errico. Si mise in evidenza quasi subito, interpretando numerosi film di registi minori, che le dettero però visibilità e successo di pubblico; nel 1937 si fidanzò con il produttore cinematografico Francesco Salvi, che poi morì di tumore. Fra il 1937 e il 1938 costituì una coppia cinematografica di successo con Amedeo Nazzari, col quale interpretò “La fossa degli angeli”, “I fratelli Castiglioni” e “Il conte di Bréchard”.
La svolta nel 1939
Quando venne richiesta da Alessandro Blasetti per il film Un’avventura di Salvator Rosa (1939), era già una giovane attrice conosciuta e apprezzata, ormai pronta per il salto di qualità. Il film di Blasetti la proiettò rapidamente verso un orizzonte divistico di rilievo, permettendole di mettere in evidenza il suo temperamento grintoso e la sua recitazione asciutta e nervosa. Nel 1939 Luisa Ferida incontrò Osvaldo Valenti sul set del film diretto da Blasetti nel 1939.
Una carriera in ascesa
In questo periodo i registi più popolari dell’epoca iniziarono a offrirle ruoli sempre più importanti. Negli ultimi anni, la Ferida era apprezzata come attrice di grande sensibilità interpretativa e di notevole maturità espressiva: lo notò l’attrice Elsa De Giorgi durante la lavorazione del film La locandiera (1944) di Luigi Chiarini. Vanno ricordate le sue interpretazioni nei film “La corona di ferro” (1941) di Alessandro Blasetti, “Fedora” (1942) di Camillo Mastrocinque, “Fari nella nebbia” (1942) di Gianni Franciolini, per il quale fu premiata come miglior attrice italiana del 1942, “Gelosia” (1942) di Ferdinando Maria Poggioli e “La bella addormentata” (1942) di Luigi Chiarini.
Una vita privata travagliata
Una carriera di successi ma una vita privata segnata da tanti dispiaceri tra i primi quello di vivere una maternità travagliata. Durante la convivenza con Valenti, l’attrice nel 1942 partorì il primogenito Kim Valenti, che morì a Bologna cinque giorni dopo il parto per asfissia, poi nel 1944 non riuscì a terminare una gravidanza per via di un aborto improvviso.
Nel 1945 era gravida per la terza volta quando fu trucidata dai partigiani: l’attrice è nota non solo per il suo talento, infatti, ma anche per la sua tragica morte, durante il periodo di vendette antifasciste.
Seviziata dai suoi aguzzini
Valenti poco prima di essere fucilato aveva tentato di scherzare con lei ricordandole che era il momento di provargli sul serio che lo avrebbe seguito fino alla morte, così come aveva promesso di fare tante volte nei momenti di passione.
La Ferida però, terrorizzata, piangeva.
Aveva ancora in mano la scarpina azzurra acquistata per il figlio Kim, quando la ritrovarono.
“Ora finalmente sono distesi esanimi /Luisa con gli occhi sbarrati / e la bocca semiaperta / quale carnosa orchidea, / Osvaldo che con gli occhi chiusi / ancora le cinge il fianco. / E poiché l’altra sua mano / sembra stringere qualcosa, / (un che di azzurro spunta da essa) / ecco uno degli omicidi / aprire per curiosità il pugno serrato / e trarne, sorpresa… una scarpina / di bimbo appena nato.»
Poemetto ” La Libertà” di Alfonso Indelicato dedicato alla parabola terrena tragica della Ferida.
Un’uccisione efferata e ingiusta
Più tardi lo stesso responsabile dell’esecuzione materiale dell’attrice, Giuseppe Marozin, ebbe a dichiarare che la donna era estranea ai fatti, e che la sua morte fu semplicemente dovuta all’essere la compagna di Osvaldo Valenti. La sua estraneità alle vicende politiche dell’epoca e il suo non coinvolgimento in atti di sangue ai danni della popolazione civile o partigiana furono successivamente confermati da un’inchiesta compiuta dai carabinieri di Milano all’atto dell’istanza, da parte della madre della Ferida negli anni ’50 (Luisa Pansini), di ottenimento di una pensione di guerra, essendo Luisa l’unica sua fonte di sostentamento.
Il diritto alla pensione fu riconosciuto all’anziana signora perché l’attrice fu ritenuta estranea ai fatti.
Ma la tragica vicenda dei due innamorati, come tutte quelle delle vittime partigiane, venne lasciata nel limbo per anni e ripresa solo nel 2008 col film “Sanguepazzo”, interpretato da Luca Zingaretti e da Monica Bellucci, per la regia di Marco Tullio Giordana.
A proposito di film, l’ultimo girato dalla coppia fu “Fatto di cronaca”, risalente al 1944, per la regia di Piero Ballerini.
E, amara ironia della sorte, la loro tragica fine fu proprio un fatto di cronaca con protagonista un amore sbagliato solo perché nato in un contesto sbagliato.