Reportage dalla Terra Santa – Pt.4

Reportage dalla Terra Santa - Pt.4
Reportage dalla Terra Santa – Pt.4

La struttura dove alloggiamo si trova all’interno della Città Vecchia di Gerusalemme, protetti dalle sue antiche mura. Quando usciamo per raggiungere il Santo Sepolcro la luce inclemente mette immediatamente alla prova gli occhi, e seguendo le indicazioni ricevute percorriamo la Latin Patriarchate Street fino ad arrivare alla fine della discesa.

Alla nostra destra la Porta di Giaffa, chiamata in arabo Bab al-Khalil, Porta dell’Amico, poiché in direzione della città di Hebron, il cui nome arabo deriva dal patriarca biblico Abramo, chiamato nella Bibbia ‘l’amico di Dio’.

La Porta di Giaffa è una delle sette porte aperte della cinta di Gerusalemme, e viene ricordata perché nel 1917 il suo arco vide l’ingresso del generale inglese Edmund Allenby, che mise fine al secolare dominio ottomano.

Il luogo che vogliamo raggiungere si trova dalla parte opposta rispetto alla porta, e perciò svoltiamo a sinistra imboccando David street, inoltrandoci in quel dedalo di vie che è il sūq di Gerusalemme. Man mano che avanziamo sempre più nell’interno, il passaggio del sūq varia la sua inclinazione e il lastricato levigato piega gradualmente verso il basso, diventando uno scivolo di pietra dura, lungo il quale ai tratti regolari, uniformi e rapidi, si alternano serie di quattro scalini.

Il turismo scomparso

Ai lati tanti piccoli negozi si affacciano sulle vie del sūq, ma purtroppo questi negozi dormono, dallo scoppio del conflitto la vita è come se si fosse appisolata in un cantuccio del mondo, in un qualche angolo nascosto di questa città, sfiorata dalla coda garbata e gentile di un gatto randagio che vive queste vie con i suoi simili.

Questi luoghi hanno perduto la conoscenza dei visitatori, molte attività hanno chiuso perché andare avanti senza il turismo è difficile e senza una fonte di sostentamento la vita si fa sopravvivenza.

Le strade sono semideserte, la sola presenza dei locali e dei pochi visitatori rende questo posto unico, come se tutto d’un tratto si fosse ammantata di un’impermeabilità invisibile che respinge qualsiasi forma di turismo, anche quel turismo malsano.

E chi ha già visitato questi posti, diversamente da chi è arrivato qui per la prima volta nella sua vita, e vede una città desertificata, parla di nuove impressioni, di strane sensazioni; l’assenza di turisti e pellegrini è vistosa ed evidente: è un’altra città.

Verso il Santo Sepolcro

Mentre camminiamo in direzione del Santo Sepolcro, un commerciante coraggioso con una borsa in mano da appendere all’esterno ci saluta con ‘shalom’ e domanda dove siamo diretti: al Muro Occidentale oppure al Santo Sepolcro? Rispondo che siamo diretti al Sepolcro e lui indica una strada alternativa con il braccio destro, un angolo alle sue spalle in direzione opposta rispetto al senso che stiamo percorrendo. In inglese gli rispondo che stiamo seguendo un percorso diverso e allora il commerciante insiste, ma siccome preferiamo fidarci di noi stessi, fingo di non aver capito e per svincolarmi dalla conversazione approfitto della nostra direzione ribattendo che siamo diretti al Muro Occidentale e così ci congediamo.

Osservando chi abita e chi vive questa città, penso alla vita di una città come Gerusalemme, un’esistenza affascinante ma difficile, un’esistenza che grava su se stessa, sempre più appesantita con il passare del tempo e i dei popoli.

Il centro del mondo

Nell’immaginario medievale Gerusalemme era considerata il centro del mondo, il principio di inizio, fulcro di confessioni. E oggi, dopo più di un millennio, dopo che l’intera ecumene è stata esplorata, scoperta e cartografata, nonostante sia mutata la concezione dell’uomo di fronte ai nuovi spazi, ribaltando e dissolvendo i suoi punti cardinali, Gerusalemme rimane il cardine della coscienza, conservando il suo status di caput mundi.

E mentre elaboro questo pensiero lungo Muristan street, passiamo davanti al mercato di Afthimos. Siamo dentro l’area denominata Muristan, che significa ‘ospedale’, una zona quadrata nel quartiere cristiano della Città Vecchia costellata di negozi, laboratori e piazze dove confluiscono vicoli e strade. In origine il Muristan era un’area che già a partire dal VII sec. d.C. ospitava un ospedale voluto da papa Gregorio Magno per accogliere i pellegrini che giungevano in Terra Santa.

Lasciamo alle nostre spalle il mercato e pochi passi più avanti oltrepassiamo uno stretto arco, e la sensazione è quella di entrare in uno spazio intimo, modesto e silenzioso: di fronte a noi si apre un’area chiusa da mura in pietra chiara, un campanile e un minareto si stagliano nel cielo e ci scrutano dall’alto della loro gravosità: è l’atrio del Santo Sepolcro che si spalanca ai nostri occhi, dove la commistione è palese.

Riccardo Giovannetti

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