Remigrazione: possibile che in Italia non se ne parli? – Con la vittoria dell AFD in Germania rimbalza sui giornali l’idea forte che ha permesso al partito guidato da Alice Elisabeth Weide di conquistare il cuore e i voti dei cittadini dei lander orientali.
Il termine che sta scatenando le canee mainstream liberali è remigrazione: ossia favorire dei sistemi volti a far tornare gli immigrati presenti sul territorio nei luoghi d’origine.
La Germania chiama ma la Francia aveva già risposto: nel libro manifesto di Julien Langella (Cattolici e Identitari) la tematica era già stata ben esposta anche dalla destra identitaria francese.
In Italia probabilmente solo la Forza Nuova delle origini antecedente alla sua disintegrazione indotta, proponeva l’umano rimpatrio degli immigrati; ma la destra identitaria nostrana non ha mai insistito su questa tematica accontentandosi di attaccare le politiche migratorie solo sul blocco degli arrivi – a tal proposito si veda la fortuna elettorale costruita dalla compagine guidata dal blocco di FDI con il Blocco Navale.
Abbiamo chiesto ad alcuni collaboratori della nostra testata perché secondo loro in Italia nessuna compagine politica voglia farsi carico di questa battaglia e in che modo questa potrebbe essere uno strumento valido da una parte per proporre un argomento dove certamente la destra di governo avrebbe poco da dire e dall’altra per contrastare le derive democratiche impegnate a mobilitare l’opinione pubblica sullo Ius soli.
Marzio Gozzoli, Dirigente del Movimento Nazionale
Semplicemente quando dei partiti politici fanno parte integrante del Sistema mondialista che li accetta come normali, questi possono muoversi solo nei limiti posti dal Sistema stesso. Il Sistema vuole a tutti i costi il melting pot in Europa (imitazione di quello americano) e quindi ai partiti non è possibile contrastare due punti chiave della strategia mondialista: l’ aborto di massa e conseguente denatalità e la sostituzione etnica degli eliminati con immigrati non europei.
Contrastare questi due punti cardine equivale a non essere pienamente accettati. Con tutte le conseguenze politiche, sociali, economiche e di carriera. E quando si fa politica come “professione” questo è determinante.
Vale lo stesso per la maggioranza di giornalisti, opinion makers, ecc. Ma questo è un altro discorso.
Matteo Castagna responsabile nazionale del circolo cattolico “Christus Rex-Traditio”
Il mondialismo, voluto dalle élite globaliste non vuole alcuna remigrazione. Semmai crea i presupposti di una sostituzione etnica, sfruttando la denatalità occidentale, provocata sempre dal Sistema massonico-liberale dei poteri sovranazionali.
Francia e Germania, intese solo come popoli, hanno dichiarato il fallimento della società multietnica, multiculturale e multireligiosa.
In Italia, negli anni ’90 ma anche nel 2018-19 la Lega ha provato a concretizzare qualcosa, ma abbiamo visto come è andata: Salvini a processo e Rakete al Parlamento europeo. È il paradigma della realtà: noi identitari in silenzio o in carcere e i globalisti al governo.
Finché ci sarà questa UE non vedo realisticamente possibile alcuna soluzione, se non qualche toppa, di cui il premier Meloni sta approfittando.
Nessuno vuole mettersi contro il Leviatano sovranazionale. Si rischierebbero “incidenti” o “malori” improvvisi. Infine, resta un dato fondamentale: il Leviatano è molto forte ed ha creato leggi per cui l’estrema destra non potrà governare, anche se vince.
L’abbiamo visto alle europee, l’abbiamo visto in Francia con Marine Le Pen, a breve lo vedremo alle regionali tedesche. Il dato incoraggiante è vedere che i tedeschi non restano a casa ma vanno a votare in massa per la destra radicale.
Roberto Pecchioli scrittore e saggista
La sostituzione etnica dei popoli europei e bianchi è in atto. Un crimine storico contro l’umanità, la civiltà, la storia. Dal piano Kalergi agli atti dell’UE, dall’impedimento di tenere un referendum sull’immigrazione sino al no europeo al blocco navale, tutto va nella medesima direzione.
Da ultimo, è partita, come in Inghilterra, la criminalizzazione di chi difende il suo popolo.
Si confondono nazionalità e cittadinanza, si vuol far passare lo ius soli o una sua versione annaquata , ma ugualmente dirompente, lo ius scholae proposto dai liberali di centrodestra, a dimostrazione che il sistema intero è complice della distruzione biologica della nostra gente.
La remigrazione, o l’umano rimpatrio, sono una soluzione, o almeno una speranza, una bandiera, forse l’ultima.
Così è scritto in epigrafe al sito web di Jean Raspail (1925-2020) l’autore de Il campo dei santi:
“quando si rappresenta una causa (quasi) perduta, bisogna suonare la tromba, saltare a cavallo e tentare l’ultima sortita, senza la quale si muore di triste vecchiaia sul fiondo della fortezza che nessuno assedia più perché la vita se ne è andata”.
Carlo Persano scrittore e saggista
Il governo italiano non parla di remigrazione perché appare evidente un accordo tra la Meloni e la Von der Leyen su questo argomento, rispettato dal governo italiano.
L’accordo è: “L’Italia si dimostra morbida sui migranti e Bruxelles sarà morbida sul deficit e sul debito italiano”. Qualcuno a Bruxelles sta strillando perché il debito italiano sta raggiungendo i 3.000 miliardi? No. Anche Bruxelles quindi rispetta l’accordo, tanto potrà far ripartire l’attacco all’Italia quando vorrà, mentre gli africani restano.
E allora Il blocco navale che molto aveva contribuito all’elezione della Meloni, dov’è finito? E’ stato sostituito dal progetto Albania che vorrebbe essere un’imitazione del modello australiano, che tanto bene ha funzionato come strumento di remigrazione.
Un’imitazione molto ridotta quella italiana, ovviamente, altrimenti la Von der Leyen avrebbe “gli strumenti” per piegare la Meloni a più miti consigli.
Walter Jeder scrittore e voce storica di Radio University
L’elettorato di destra tedesco è in disaccordo quasi su tutto. Come accade anche a casa nostra, gli argomenti più divisivi, come la guerra in Ucraina e il massacro ad opera di Israele nella striscia di Gaza, restano in primo piano col loro devastante carico di contraddizioni. Ma c’è un tema che ha riunito le diverse correnti: sapere “se i tedeschi, in quanto popolo potranno o meno sopravvivere in Occidente.”
L’enunciazione, formulata più o meno in questi termini da Martin Sellner, è probabilmente il collante che ha unito l’elettorato tedesco portando alla straordinaria affermazione dell’Afd. In un Paese dove 20,2 milioni di persone hanno un “passato d’immigrazione”(cioè sono emigrate dopo il 1950 o discendono da immigrati) l’obiettivo sotto traccia, condiviso e premiato dal voto, è apparso chiaro: per il costo sociale sottostante, occorre “scoraggiare un ulteriore l’insediamento degli stranieri”. Di più. Fare in modo che i cittadini di origine straniera “non assimilati” lascino la Germania. Invece del solo respingimento all’ingresso, individuare una strategia di “ritorno ai luoghi d’origine” degli immigrati. In una parola: “remigrazione”.
Sul main stream targato UE è subito partita la cancellazione della legittimità del voto popolare con una robusta campagna di nazificazione del partito vincitore in Turingia e Sassonia.
Già da mesi c’era chi studiava le modalità per trascinare in tribunale l’eresia sovranista applicando una dura scomunica legale ai sensi della Costituzione della Bundesrepublik.
Ecco servito il paradosso: l’argomento che ha sostenuto la vittoria dell’ AfD è anche la corda alla quale rischia di finire impiccato.
Una previsione su una possibile ricaduta sulla destra di casa nostra? Fin troppo facile.
La linea l’hanno già data i TG criminalizzando a reti unificate il movimento di Bjorn Hocke.
Non riesco ad immaginare alcuno, tra i cautissimi partiti italiani, che se la senta di prendere in carico anche solo un dibattito sul tema che, guarda un po’, ha maggiormente contribuito all’affermazione della Afd.
L’equilibrio tra tentazione e rischi gioca a favore della rinuncia. Il dibattito no!
Anche se i numeri implacabili della demografia suggerirebbero almeno una riflessione su come affrontare responsabilmente la progressiva sostituzione etnica.