Quando a discriminare le donne sono le femministe – Argomento molto discusso negli ultimi decenni è la discriminazione nei confronti delle donne.
Si parla di discriminazione sui posti di lavoro, nella politica, all’interno delle testate giornalistiche, nei ruoli televisivi e anche nello sport.
Miglioramenti ce ne sono stati – ed anche piuttosto evidenti – ma tanto ancora c’è da fare per colmare il divario che esiste tra uomini e donne.
Contro la società patriarcale
Di questo, le femministe hanno sempre accusato il genere maschile; lo tacciano, cioè, di essere la causa di questo divario, avendo creato una società “Patriarcale”; cosa dicono, invece, quando sono loro stesse a discriminare le donne? Detto così sembra un controsenso, ma se si va ad analizzare i comportamenti delle femministe, ci si rende che non è affatto così.
Prendiamo come esempio una delle femministe per eccellenza, l’on. Laura Boldrini, paladina dei diritti delle donne e della comunità Gender; ebbene, seguendo le sue attività, la si può trovare, a distanza di pochi giorni, a una manifestazione di solidarietà a difesa delle donne costrette da una società maschilista a portare il velo e a sottostare a delle imposizioni che le mortificano e le umiliano continuamente.
A distanza di giorni, tuttavia, vediamo la stessa Boldini mettere il velo e parlare di usanze che rappresentano un arricchimento per la nostra società; ma non si trattava, a suo dire, di una società maschilista ed oppressiva?
Per la società “fluida”
Le stesse femministe sono scese più volte in piazza, perché lo sport femminile non fosse più discriminato rispetto a quello maschile.
Sono le stesse che sono convinte che è giusto fare gareggiare ex uomini – che si sentono donne – in competizioni sportive femminili, pur avendo una costituzione fisica più robusta, “perché ognuno deve essere libero di collocarsi sessualmente dove si sente più a suo agio” (o forse, semplicemente, è più conveniente) ottenendo come risultato che atleti, che da uomini non hanno avuto alcun successo, vincano a ripetizione in competizioni femminili, a discapito di donne che per anni si sono allenate, con enormi sacrifici, ma che hanno una costituzione fisica, per natura, meno forte.
E questa non è discriminazione nei confronti delle donne? Non è forse tutto un controsenso l’attività delle femministe? O semplicemente questa storia dei gender e delle società multietniche sta sfuggendo loro di mano?
Con l’ideologia
Intanto, in America, a vincere il titolo di miss non è la solita bella ragazza da copertina patinata, ma un ex signore che più che una miss sembra Evaristo, il gommista che lavora nel distributore di benzina di quartiere.
In questo caso, pur di far prevalere le teorie gender, si è preferita una caricatura mal riuscita di una donna, piuttosto che una ragazza che tramite quel concorso sognava di entrare nel mondo della moda o del cinema, facendo anche molti sacrifici.
Altra discriminazione su cui c’è il silenzio assoluto delle femministe, sempre più lontane dal movimento femminista che nei decenni scorsi ha sostenuto i diritti delle donne, sempre più vicino alla confusione totale.