Omicidi passionali, il bilancio si aggrava – Agli 84 omicidi passionali commessi fino a questo momento se ne aggiunge quello di Klodiana Vefa, una trentacinquenne di origine albanese uccisa con un colpo di pistola alla testa.
Un orrore avvenuto giovedì sera in una strada periferica di Castelfiorentino, in via Galvani.
Il sospettato principale è l’ex marito, anche lui di origine albanese, nonché padre dei figli della vittima: un maschio di 17 anni e una femmina di 14.
L’ uomo, senza soldi né documenti e probabilmente con l’arma ancora con sé, risulta irreperibile dal giorno dell’omicidio.
Separati in casa
La coppia, anche se convivevano da separati nella stessa casa, risulta essersi divorziata in Albania sei anni fa, sebbene il divorzio non fosse stato ancora trascritto in Italia per problemi burocratici.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo operativo di Empoli e del Nucleo investigativo di Firenze – diretti dal sostituto procuratore Ornella Galeotti – si è trattata di una vera e propria esecuzione.
Esecuzione a sangue freddo
L’uomo era seduto su una panchina ad attendere la vittima.
Tre gli ex coniugi ci sarebbe stata una discussione conclusa nel peggiore dei modi: due colpi di pistola di una 7.65, di cui uno ha centrato la donna alla gola.
Inutili i soccorsi, infatti i medici, una volta arrivati sul luogo del delitto, non hanno potuto fare altro che constatare il decesso della vittima.
Due colpi di pistola, di cui uno alla gola, hanno stroncato la vita di una madre.
Una donna forte ma nello stesso tempo fragile come emerge da ciò che scriveva sui social: Sono fatta di cemento armato e vetro soffiato.
Klodiana Vefa lavorava come cameriera in una pizzeria e si era ben integrata nella comunità di Castelfiorentino.
Le testimonianze dell’amica
Nonostante alcuni litigi, a detta di uno dei due figli della vittima, non risulta alcuna denuncia da parte della donna e neppure interventi per ipotetici litigi all’interno dell’abitazione.
Dalle testimonianze, la donna viene ricordata con affetto.
“Klodiana era una grande lavoratrice, una donna splendida. Un paio di anni fa era riuscita finalmente a separarsi dal marito, un poco di buono. Un uomo violento. Lo sapevamo tutti. Ha avuto coraggio”.
Lo racconta a LaPresse un’amica di Klodiana Vefa. “Lui la sottoponeva ad una forte violenza psicologica: lei – sempre solare e sorridente – cambiava completamente quando era con lui. Quell’uomo faceva davvero paura. Ma lei non lo aveva mai denunciato, ha sempre cercato di farcela da sola. Ha resistito tanto tempo”, racconta l’amica.
“Non so perché abbia accettato quell’ultimo incontro. Non si dovrebbe mai farlo…”, sottolinea. “E poi lui si era rifatto una vita, aveva un’altra donna. Non capisco cosa l’abbia spinto a quel gesto. È stata un’esecuzione”, commenta la donna convinta che sia stata il marito ad uccidere Klodiana. Pensa che potrebbe suicidarsi? “Conoscendolo, no. Cercherà di scappare, forse tornerà in Albania”. Poi il pensiero va ai figli della coppia: “Quei ragazzi sono rimasti soli… Come faranno a sopravvivere a questo trauma?”.
Un bilancio terribile
Domanda più che legittima che ci si dovrebbe porre per tutti figli orfani di femminicidio che, soprattutto negli ultimi tempi, non sono un caso isolato.
Tra i più recenti basti pensare a Maria Rosa Troisi, accoltellata dal marito, il trentottenne Marco Aiello, nonché padre dei suoi due figli minori: “lei mi tradiva, lo ammise in vacanza”.
Marisa Leo, uccisa a colpi d’ arma da fuoco da Angelo Reina, suo ex compagno, nonché padre di sua figlia, una bambina di quattro anni.
Più di 84 femminicidi fino ad oggi, una situazione raccapricciante che continua a non arrestarsi e che, nel 2023, rende amaramente attuali un componimento attribuito a William Shakespeare: “Per tutte le violenze consumate su di lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le sue ali che avete tarpato, per tutto questo: in piedi, signori, davanti ad una Donna!”.
Nemes Sicari