Ode ai Trattori – Fino alla seconda metà del secolo scorso era agevole distinguere la generica società civile di una nazione tra produttori e consumatori.
Certo, i produttori di beni di consumo erano numericamente inferiori alla platea dei consumatori e assai diversificati nella loro capacità produttiva (dal piccolo artigiano al contadino alla grande azienda che impiegava grande quantità di forza lavoro).
La relazione tra queste due categorie costituiva il “mercato” che aveva come base del suo agire i due elementi classici della domanda di beni e della offerta degli stessi e le pur esistenti posizioni di monopolio erano in qualche modo “temperate” dall’intervento dello Stato.
Ma oggi il mondo occidentale della modernità, in particolare l’Europa, ha costruito società di soli consumatori, dolosamente mai pienamente soddisfatti.
Il libero mercato
Il liberismo e Il progresso della tecnologia uniti alla convinzione, tipicamente liberista, che un mercato più ampio, anzi senza confini, globale, assicurasse la democrazia perfetta, ha fatto sì che si rendesse progressivamente necessario ingigantire le dimensioni delle aziende sino al punto che le stesse hanno conquistato il monopolio dei beni prodotti su larga scala, distruggendo la miriade dei piccoli e medi produttori, assumendo in sé lo stesso mercato. Anzi sono diventate padrone assolute, peraltro in numero sempre più ristretto, non solo della “offerta” ma anche della “domanda” che sono in grado di generare e controllare attraverso il potere retrostante, ancora più “elitario” della finanza mondiale.
Quel potere controlla anche le ideologie, la cultura, la vita ed i desideri di una società che ha sostituito la fede in un Dio morto e sepolto con la fede nel progresso e nella tecnologia, nella modernità e nella post-umanità insita nella prima, insomma il mondo è un ovile e Bill Gates ne è il pastore.
Lo strumento più reale, concreto, o forse sarebbe meglio dire l’arma con il quale il potere mondiale ha “piallato” ogni differenza individuale nei bisogni più concreti e quotidiani dei suoi sudditi, si chiama “grande distribuzione”, la più grande ed unica “mangiatoia” a disposizione dell’ovile moderno.
La grande distribuzione, nel tempo, grazie al grande potere sul mercato ha finito per gestire non solo l’offerta di beni di consumo ma anche, perversamente, anche la domanda di massa dei consumatori.
La filiera agroalimentare
Senza entrare in tecnicismi si calcola oggi, per la filiera agroalimentare, che dal prezzo pagato al produttore al costo per il consumatore, vi è un aumento di prezzo che va dal 200% al 600%. Questa Europa ha costretto i pescatori, gli allevatori, gli agricoltori italiani a produrre meno delle loro potenzialità e lo ha fatto sia per favorire altri paesi Ue, (Francia, Spagna) sia per favorire paesi extra Ue (Brasile, Canada, Marocco, Tunisia, Ucraina) e, comunque, per impedire l’autosufficienza alimentare della nazione.
Ciò che è peggio è che il tentativo di “strage” ai danni di allevatori, agricoltori e pescatori si è svolto e si svolge con il pieno consenso di tutti i governi italiani, da sinistra a destra.
Oggi il governo dei non eletti, la Commissione europea, con l’adesione alla setta green, con la volontà di esserne i campioni assoluti, abbandona ogni remora e programma il genocidio di quelle categorie tradizionali e strategiche che ci permettono di alimentarci secondo natura. La transizione green è propedeutica al gran finale della transizione umana, è il passo definitivo dopo la morte del sacro, di Dio verso una umanità Ai, cyber che si nutre di insetti, carne o pesce artificiali, governata da remoto, magari con un semplice “clic”.
L’ultima battaglia
In questa visione la protesta, la cavalcata dei “trattori”, non è solo la rivendicazione di un futuro di lavoro e di sopravvivenza per le famiglie degli agricoltori, ma è molto di più: è l’ultima utile e possibile resistenza reale alla disumanizzazione di questa società.
Dopo non ci saranno più “boschi” dove ritirarsi o “tigri” da cavalcare e nemmeno alberi della trascendenza su cui restare accomodati mentre sul terreno si gioca l’ultima battaglia.
La loro è, forse inconsapevolmente, la rivendicazione di una “identità” tradizionale legata alla terra, al mare cioè al mondo umano.
E così, anche se spesso inconsapevolmente, è percepita per fortuna dal popolo che, nonostante i disagi provocati, li acclama all’ingresso delle città.
Per questo vogliamo inneggiare ai trattori, ai pescherecci e alle stalle: per restare umani
Giovanni preziosa
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