Maternità surrogata la prima vittima è il bambino – “Chi potrà permettersi questo cosiddetto diritto dell’utero in affitto? I ricchi naturalmente che vanno a sfruttare una donna povera che vive in un paese povero. Non vedremo mai il contrario, capite? Si tratta nient’altro che di un commercio disumano“.
Sono queste le parole pronunciate da Don Maurizio Patriciello a “Pro Vita & Famiglia”.
E al primo posto di questa triste classifica di sfruttamento ci sono i Paesi africani, dove questo abominio costa fino a quattro volte meno che negli Stati Uniti.
Alle madri surrogate africane sono versati non più di 6,5mila dollari per portare avanti la gestazione, a differenza di quelle americane che arrivano a guadagnarne anche 100mila.
Per questa ragione, le “multinazionali” del settore stanno aprendo sempre più filiali in questi luoghi dominati dalla povertà più nera, poiché permettono il massimo sfruttamento di una “manodopera” che accetterebbe una qualsiasi fonte di sussistenza e a qualunque condizione, pur di non morire di fame.
La donna sempre vittima?
Una domanda, però, è d’obbligo.
La donna è sempre da considerarsi vittima, e quindi oggetto di sfruttamento, perché sempre spinta da motivi di sopravvivenza?
Non è sempre così e a farcelo sapere sono diverse donne, diventate “madri surrogate”, alcune delle quali pentite .
Heater Martinez è stata madre surrogata addirittura per ben tre volte.
Il motivo? “Per i soldi sicuramente ma anche perché volevo che tutti fossero orgogliosi di me. Vengo da un’infanzia tragica: mio padre è morto quando avevo 13 anni, mia madre quando ne avevo 17 e mio fratello quando ne avevo 20. Le agenzie mi avevano convinto che era come se compissi un miracolo per queste coppie. Ho pensato che era il mio modo di guarire dalle ferite. Eppure tutte e tre le esperienze sono state negative”.
Kelly ha invece considerato la maternità surrogata come una “ pura transazione commerciale” per poi scoprire il suo istinto materno solo dopo aver visto il figlio portato via per essere consegnato ai suoi acquirenti, come era stabilito nel contratto.
Motivazioni deliranti
C’è chi considera la maternità surrogata “un’esperienza eccezionale”, come racconta Heather che dice di aver accettato i soldi per pagarsi le spese della maternità, senza guadagnarci: “Ho partorito 4 figli non miei” aiutando due coppie gay a realizzare “il loro sogno di avere dei figli”.
Rachel, una donna canadese, già madre di due figli, che nel 2021 ha deciso di diventare la mamma surrogata per Ciro e Francesco, una coppia gay di Corsico, alle porte di Milano, lo ha fatto, invece, per mero spirito di liberalità.
Già…perché, a detta della benefattrice “nel Canada la maternità surrogata è altruistica” quindi “fatta col cuore”.
Difficile quindi considerare la donna sempre vittima di questo abominio.
Lo è chi si è fermata dopo aver affrontato ben “tre esperienze negative”?
Chi considera la maternità surrogata “una pura transazione commerciale”?
Chi l’ha accettata per professione o per un distorto spirito solidaristico?
La prima vittima
Una cosa è certa: vittima è, senza dubbio, la creatura messa al mondo per soddisfare un mero interesse egoistico, dato che ciò le precluderà la gioia di provare l’amore della donna che le ha donato la vita.
Così ritrovandosi priva di un riferimento insostituibile, la madre biologica, scalzata da ricchi acquirenti, siano essi uomo o donna o, come spesso capita, da “due mamme” o “due papà”, con tanti saluti alla naturale necessità della figura materna e paterna.
Nessuna decente ragione può giustificare la pratica dell’utero in affitto, un vero abominio che legittima la sua perseguibilità penale in ogni angolo del pianeta.