L’omicidio del procuratore César Suárez si aggiunge alla complicata situazione dell’Ecuador – Le forze armate ecuadoriane, impiegate su larga scala in tutto il territorio nazionale dopo la dichiarazione dello stato di emergenza da parte del presidente Noboa, sabato scorso avrebbero arrestato almeno ottocento persone coinvolte nei disordini e negli attacchi criminali che hanno sconvolto il paese e l’opinione pubblica nei giorni precedenti.
Numero che è quasi raddoppiato mercoledì scorso superando i millecinquecento arresti.
Guerra aperta al narcotraffico
Secondo quanto affermano le autorità, tra gli oltre millecinquecento criminali detenuti, centocinquantotto sarebbero stati accusati per diretto coinvolgimento negli attacchi di stampo terroristico, e cinque sarebbero stati uccisi dalle forze dell’ordine.
Delle venti bande criminali etichettate come terroristiche, nove sarebbero state sciolte, e armi, esplosivi e veicoli posti sotto sequestro.
Infine, sono state liberate cinquantasei persone rapite da soggetti isolati o bande del narcotraffico durante le agitazioni.
Le autorità ecuadoriane, inoltre, affermano che l’intenzione primaria è quella di riprendere progressivamente il controllo delle carceri e ristabilirvi l’ordine dopo gli atti di insurrezione che si sono registrati in tutto il sistema carcerario del paese, che sono costati la vita sia alle guardie penitenziarie che ad alcuni detenuti.
È indubbio che l’Ecuador si sia ritrovato ad affrontare una difficile e tragica situazione, ma non è una novità.
La destabilizzazione sociale del paese è una dinamica ricorrente che attanaglia non solo il paese governato da Noboa, bensì tante altre realtà politiche latinoamericane, come El Salvador, dove il ‘metodo Bukele’ ha fatto scuola e Noboa non ha esitato nell’adoperarlo sul proprio territorio per reprimere la criminalità dilagante.
L’omicidio Suárez
Tuttavia, la volontà di ripristinare l’ordine viene costantemente ostacolata e il contesto degli arresti a tappeto ad opera delle forze dell’ordine e dell’esercito si macchia ancora di rosso.
Sempre mercoledì scorso, mentre gli arresti erano saliti a più di millecinquecento, il procuratore César Suárez veniva assassinato per mano di sicari a Guayaquil.
Il procuratore stava indagando sui fautori dell’assalto allo studio televisivo di Stato durante la diretta della trasmissione. Omicidio che non è stato rivendicato ma che ha visto due arresti ad opera della polizia e che ha sollevato una serie di polemiche intorno alla figura di José Serrano Salgado, l’ex primo ministro degli Interni, che avrebbe diffuso informazioni sensibili in merito all’assassinio e alla ‘vera’ pista che il procuratore Suárez stava seguendo.
José Serrano, membro del governo Correa, in carica dal 2007 al 2017, avrebbe scritto che la morte del procuratore sarebbe da collegare alle indagini che quest’ultimo stava conducendo sulla figura di Fito, fuggito dal penitenziario di Guayaquil nel dicembre scorso, capo de Los Choneros, uno dei principali organi armati del narcotraffico dell’Ecuador.
Però, la Fiscalía General del Estado, l’equivalente ecuadoriano dell’Ispettorato Generale italiano del Ministero della Giustizia, non apprezzando le rivelazioni di Serrano ha deciso di pubblicare il post dell’ex ministro in cui denunciava la morte del procuratore César Suárez, ma oscurando parte del testo poiché comportava la diffusione di informazioni riservate su una questione delicata, motivo per cui la Procura dell’Ecuador avrebbe aperto un fascicolo contro l’ex ministro degli Interni.
Riccardo Giovannetti
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