Lo sport come ascesi – Benedetto il Signore, mia roccia, che addestra le mie mani alla guerra, le mie dita alla battaglia… (Sal.144)
Il mio nome è Luigi, ho sessantuno anni e da quindici pratico uno sport di lotta, il Brazilian Jiu Jitsu (BJJ) a livello competitivo.
È importante sapere che nella mia gioventù ho sempre praticato diversi sport, tanto a livello agonistico, come equitazione ed automobilismo, quanto per piacere, come arrampicata, boxe, sci e judo: quindi, posso definirmi una persona che ama lo Sport e che, dallo stesso, ha ricevuto molti insegnamenti.
Ritengo – anzi, sono fermamente convinto – che la pratica di uno sport, soprattutto se lo si fa ad un livello competitivo, può diventare un mezzo di ascesi personale, con cui conoscersi a fondo, con cui poter misurare i propri limiti cercando di superarli alzando così, di volta in volta, la cosiddetta asticella, nella ricerca di elevarsi sempre di più al fine di trovare una personale perfezione.
Divieni ciò che sei
Se non si elegge lo sport a propria professione, come è stato nel mio caso, crescendo bisogna necessariamente impegnarsi in altri campi, dal momento che ad ognuno di noi Dio affida una vocazione. La mia è stata certamente quella di marito e di padre, vocazione che ho voluto vivere cercando di essere per mia moglie il migliore dei mariti e per i miei figli il migliore dei padri.
Avrete notato che ho detto il migliore: questa volontà di essere il migliore è semplice competitività, che si può acquisire nei cimenti sportivi.
Quindi lo sport è stato un aspetto secondario nella mia vita fino all’età di 46 anni, quando, in Portogallo, paese dove ho scelto di vivere, ho iniziato a praticare il BJJ.
Fatta questa breve presentazione, mi accingo ad offrire un contributo che possa essere utile al lettore, tentando di trasmettere la mia esperienza, descrivendo quanto sia stato per me importante praticare questo sport da combattimento al fine di conoscermi, per crescere interiormente, per mettermi costantemente alla prova cercando anche di contrastare la decadenza dei nostri giorni, contraddistinta anche dall’annichilimento della virilità maschile.
La virilità maschile e il confronto con i propri limiti
Oggi, infatti, nella società si promuove un modello di un uomo debole, femminilizzato, sottomesso, incapace di dominare sé stesso e di elevarsi conformemente alla propria natura maschile. In breve, un uomo vile.
Ogni sport, praticato con metodo ed applicazione, aiuta a formare il carattere. Ciascuno a suo modo.
L’equitazione, ad esempio, per me è certamente stata una palestra di ardimento, dove imparare ad essere coraggioso, a sapermi dominare per poi essere capace di dominare il cavallo.
Così come l’automobilismo mi ha trasmesso la capacità di non essere schiavo degli istinti, bensì la capacità di saperli controllare e gestire.
L’arrampicata mi ha iniziato all’umiltà, che poi si perfeziona con l’agonismo, quando ci si confronta con la sconfitta e si deve imparare ad elaborarla.
Sperimentare il limite
Socrate disse: Conosci te stesso.
Più banalmente si potrebbe usare la frase detta da Tyler Durden nel film Fight Club: quanto sai di te stesso, se non ti sei mai battuto? Non credete che Socrate e Tyler abbiano ragione?
Lo sport da combattimento può essere un eccellente mezzo per conoscersi bene.
Come inizialmente ho scritto, ho iniziato a praticare il BJJ ad una età non propriamente idonea per uno sport di contatto, poiché chiaramente i limiti dell’età e del fisico non sono di aiuto, anzi sono i tuoi peggiori nemici.
Il BJJ è uno sport di lotta, in cui l’obiettivo è sottomettere il proprio avversario con chiavi articolari o con dei soffocamenti; a livello agonistico, visto che il combattimento ha una durata limitata, oltre alla finalizzazione (l’atto di sottomissione), esistono anche dei punti (attribuiti al verificarsi di proiezioni rilevanti) che permettono di proclamare il vincitore di un confronto.
Da subito, ho apprezzato questo sport, virile e fortemente di contatto, dove la lotta non è un mero confronto fisico, ma diventa un confronto di intelligenze in cui la strategia e la tecnica dominano la forza fisica.
Ho iniziato, come tutti, come cintura bianca, oggi ho raggiunto il grado di cintura nera con due gradi. Da subito mi accorsi che il mio fisico non era assolutamente in grado di competere nelle lotte con ragazzi più giovani e, spesso, più forti di me.
Decisi quindi che avrei dovuto inserire nelle routine settimanali anche degli allenamenti atti a potenziare i vari gruppi muscolari, oltre alle tre sessioni di BJJ settimanali.
Provarlo sulla pelle
Il BJJ ti offre la possibilità di partecipare alle competizioni, altro fattore che è stato determinante per la pratica di questo sport, in quanto esistono categorie di età e di peso; quindi, anche io a 46 anni avrei potuto nuovamente vivere l’agonismo con tutto ciò che di bello, e di meno bello, la competizione è in grado di trasmetterti.
La prima gara non si può dimenticare, come non si dimentica il primo bacio o la prima scazzottata fuori scuola: tutta quell’adrenalina, quella volontà di vincere e di dimostrare a se stesso di essere superiore, potendo sottomettere il proprio avversario. Vinsi due lotte e tuttavia persi la semifinale; ma la cosa importante da considerare non fu tanto il risultato, ma il fatto che mi accorsi che non era sufficiente allenarsi tre volte a settimana, e due volte per la preparazione fisica: bisognava incrementare tutto se si volevano migliorare le prestazioni.
Quindi gli allenamenti passarono ad essere giornalieri e la preparazione fisica da due a quattro giorni.
Era l’unico modo per poter crescere, dal momento che se si vogliono raggiungere obiettivi importanti, anche elevarsi spiritualmente, non si può pensare di farlo con il minimo impegno: bisogna sforzarsi di fare di più.
Non è stato semplice, ma tutto l’impegno profuso negli anni e i sacrifici fatti mi hanno permesso di raggiungere molte soddisfazioni a livello agonistico: cinque titoli europei, tre titoli International Master e molti altri.
L’ascesi dell’atleta
È stato come forgiare una Katana, la feroce e precisa spada giapponese: anno dopo anno, sacrifici sopra a sacrifici, il corpo e la mente diventavano sempre più forti e la volontà diventava d’acciaio. Non c’erano dolori, situazioni esterne che potessero distrarmi dai miei obiettivi.
Tale forza, raggiunta con la pratica di questo sport, certamente mi ha aiutato a conoscermi meglio, a darmi i mezzi per affrontare la vita, con le sue difficoltà, con una mente più pragmatica, più ferma e decisa: mi ha permesso di fortificare il carattere e di accrescere la capacità di sopportare con pazienza le sofferenze e le privazioni, mantenendo costantemente allenati la volontà e il corpo.
L’intreccio spirituale
Oggi posso affermare con certezza che la pratica dello sport, e soprattutto di questo sport da combattimento, è un cammino che permette di crescere interiormente e di offrire a Dio tutta la sofferenza fisica profusa nel raggiungimento di traguardi sportivi, tutte le gioie e i dispiaceri legati ad una sconfitta.
Se siamo in grado di capire la sofferenza patita da Gesù Cristo nostro Signore, il suo significato e la necessità di unirci a Lui in questo.
Qualsiasi nostra sofferenza fisica, se offerta a Lui, diventa più semplice, tutto assume una dimensione spirituale più significativa e la pratica dello sport può diventare anch’essa una via alla santificazione.
Sono fermamente convinto che, per educare, la testimonianza sia la miglior forma, dal momento che spesso l’agire con i fatti risulta più efficace delle parole.
Essere esempio
Al fine di contrastare la decadenza morale e fisica della nostra società, è necessario proporre degli esempi di virtù potendo contare su persone speciali che, con il loro esempio, siano dei fari che illuminano il cammino agli altri. E lo sport, se ben praticato e inteso nella maniera sin qui descritta, può certamente forgiare questi modelli virtuosi.
Io ho avuto i miei esempi: mio Padre, il mio Capitano – nel periodo in cui ho prestato il mio servizio nelle Forze Armate come Sottotenente del glorioso 15° Gruppo Squadroni Cavalleggeri di Lodi – a mia volta ho cercato di essere un esempio per i miei figli e per i miei amici, cercando con coerenza di vivere e di trasmettere i valori della Tradizione.
Il nostro futuro è incerto ed è dunque d’obbligo per ogni uomo essere in grado di difendere le persone che ama e, se può, anche chi non è in grado di difendersi da sé, preparandosi e fortificandosi mentalmente e fisicamente affinché non soccomba.
Scegliete sempre i cammini più ardui, le situazioni che vi mettono costantemente alla prova, imparate a conoscere i vostri limiti per essere pronti quando sarà necessario.
Essere pronti per l’ultima gara
Un’ultima considerazione: dobbiamo essere pronti nel giorno della gara. Quando ti iscrivi al campionato sai che il tempo inesorabilmente scorre e che arriverà l’ora della gara, lì vincerai o sarai battuto: sai che quello è il tuo giorno del giudizio.
Traslando questa considerazione sul piano spirituale, anche la nostra anima è in gara, anch’essa avrà il suo giudizio: o vincerà ed otterremo la vita eterna nel godimento della visione beatifica di Dio, oppure soccomberà nella pena eterna.
Prepariamoci dunque, perché occorre vincere per guadagnare la Gloria Eterna.
Luigi Mazzetti di Pietralata
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