Libertà di stampa. Verità e leggende
Come ogni anno, viene emessa l’ennesima classifica che vede la libertà di stampa italiana in posizioni più basse anche rispetto a Paesi cosiddetti del terzo mondo. In particolare, quest’anno il nostro Paese occupa la quarantunesima posizione, in risalita rispetto agli anni precedenti, ma comunque in basso. Ciò è sufficiente ad alimentare l’oicofobia, che spunta ad ogni classifica che vede l’Italia in posizioni inferiori se non ultima, con titoloni quali Italia maglia nera, Italia fanalino di coda.
Due puntualizzazioni
Innanzitutto, non essendo un campionato, sarebbe bene che quando queste classifiche sono stilate che vengano anche specificati i parametri. Se per guadagnare 10 posizioni è sufficiente prendere pochi punti che nella sostanza non cambiano nulla nella vita reale, queste classifiche lasciano il tempo che trovano. Così come quando si parla di inquinamento, dire che l’Italia è la più inquinata d’Europa quando la distanza dalla più pulita è di pochissime ppm, non risolve il problema, casomai ne crea uno in più.
Questo i giornalisti lo sanno e ciò rientra nel secondo aspetto
Leggendo i vari quotidiani, non crediamo proprio che i vari governi che si sono succeduti abbiano imposto severe censure sulla stampa, poiché i vari giornali di orientamento opposto alla maggioranza in carica hanno sempre sparato a zero, talvolta a ragione, spesso a torto, sovente sfociando nella diffamazione o nelle bufale. E quando veniva imposto un passo indietro, dopo aver dato una notizia falsa o fuorviante, ciò era relegato a qualche trafiletto in fondo.
I giornali, possiamo dirlo, sono complici di questa poca libertà
Non alimentano lo spirito critico, usano titoli che dicono l’esatto opposto del contenuto degli articoli, applicano un’inesorabile sostituzione linguistica usando anglicismi sconosciuti persino agli anglofoni stessi.
Soprattutto sui social, dove il dibattito può avere più seguito, questi giornali si interessano più ad acchiappare clic che alla funzione di informazione. Un esempio è la continua condivisione di notizie ridicole: dal nuovo acquisto dei Ferragnez (alimentando il classismo) allo sfogo della tiktoker di turno che ha pagato una bottiglia di champagne più del previsto, dal nuovo strampalato vestito di qualche cantante ai capricci di qualcje calciatore in Arabia Saudita.
Il tutto, inventandosi l’emergenza “hater” verso chiunque abbia da ridire su questo giornalismo spazzatura. Notizie serie, di comune interesse, passano in secondo piano, le nuove leggi approvate sono un mistero e si rivelano solo quando le violiamo inconsapevolmente beccandoci la sanzione, sport in cui l’Italia eccelle non vengono approfonditi, i nostri vanti in tutti i campi dello scibile vengono ignorati (sia mai che si riscopra l’orgoglio nazionale).
Ovvio, un giornale deve vendere, ma ha anche altre funzioni oltre al mero interesse economico. E quando esce da questo ambito, si riduce a megafono di un sistema che ci vuole non ignoranti, ma proprio stupidi.
Lorenzo Gentile
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