L’Europa pensa, sceglie, vota e vira leggermente a destra.

L’Europa pensa, sceglie, vota e vira leggermente a destra.
L’Europa pensa, sceglie, vota e vira leggermente a destra.

L’Europa pensa, sceglie, vota e vira leggermente a destra – Ma ripeto, leggermente, non compie una svolta decisa e ferma, nessun cambio di corsia, né tantomeno un’inversione vera e propria. Eppure, la linea di mezzeria della carreggiata è stata oltrepassata, über di line direbbero i tedeschi, ma oltrepassare non impedisce di tornare indietro.

Né tantomeno impedisce di restare sopra la linea di demarcazione, tra il di là e il di qua, fermi, in attesa, a sbirciare che cosa accade e che cosa conviene fare. Sì, nel complesso e nella sua complessità tipicamente europea, il continente vede i suoi cittadini spedire al mittente una risposta, che in tanti non si aspettavano: una concentrazione di partiti afferenti all’emisfero della destra europea che, se osservassimo la cartina dei partiti vincitori, si focalizza al centro dell’Europa.

Una spallata non risolutiva

L’abbiamo detto, ciò che caratterizza e segna da secoli l’Europa è la sua complessità fascinosa, così come lo è la storia di ogni singolo paese che la compone.

Una realtà complessa e variegata, non compatta, non un’Europa monolitica sbilanciata tutta a destra o tutta a sinistra. L’analisi delle votazioni in ogni singolo paese lo dimostrano, il parlamento conta ancora tutti i suoi partiti, ognuno con i propri colori e la maggioranza Ursula dei partiti filo-europeisti regge con ampio margine.

Dopo le elezioni, i più ingenui pensano a un’Europa diventata improvvisamente tutta nera perché è inciampata, all’improvviso, come un passante distratto che non guarda dove mette i piedi, e sobbalzando in avanti cade goffamente, quasi come un comico di basso livello che non riesce a fingere l’intenzionalità della caduta. Ma qui non ci sono comici, almeno non di professione, ci sono politici e politiche che non sono piaciute, e il voto dei cittadini è la risposta che segue. È la risposta di chi ha letto e interpretato le dinamiche politiche interne ed esterne.

Il dato rilevante sulla guerra

Prendiamo in considerazione uno degli elementi a mio parere determinanti: il conflitto che si consuma in Ucraina, in Europa, dove da due anni a questa parte si (re)spirano venti di guerra.

È sbagliato affermare ciò? No. Solamente un ingenuo, uno sciocco potrebbe negare il dato oggettivo.

Solamente chi ritiene che il Rassemblement National di Le Pen e l’Unione Cristiano-Democratica e Alternative für Deutschland in Germania hanno vinto perché i loro elettori, come l’Europa, sono inciampati nella cabina elettorale, riuscendo addirittura a disegnare una croce sopra il simbolo di quei partiti.

Il presagio o la provvidenza?

E se quel segno sopra la scheda elettorale non fosse il frutto della casualità, bensì il prodotto di una sensazione? E se la scelta degli elettori fosse stata dettata, anche solo parzialmente, da un presentimento?

In questo caso il vocabolario Treccani corre in nostro aiuto e ci fornisce la definizione del termine.

Il presentire è una sensazione più o meno oscura, vaga, indefinita, di cosa che potrebbe verificarsi (per lo più con riferimento ad avvenimenti non lieti).

Ecco, avvenimenti non lieti.

Eventi non lieti. Che cosa potrebbe essere enumerato tra ciò che consideriamo non lieto, o cupo in questo momento storico? Vediamo, forse una guerra? Sì, diciamo una guerra. Ma una guerra dove? Beh, in Europa.

Sì. E chi è che negli ultimi mesi si è presentato alfiere del bellicismo alimentando le fiamme di quest’incendio che tocca ognuno di noi? Vediamo, forse il presidente di una repubblica che, dopo aver subito una sonora sconfitta, sceglie di sciogliere l’assemblea nazionale, alias parlamento? E chi è questo presidente?

Penso che non sia difficile capire di chi si parli. Sì, lui, Emmanuel Macron. E infatti, guarda caso, proprio nella Francia di Emmanuel Macron il Rassemblement National raddoppia le preferenze del partito di Macron e stravince. È vero. Si tratta di un caso, ma è un caso eclatante che non dev’essere sottovaluto nella portata delle analisi, perché quel voto ha screditato e delegittimato non solo Macron ma le sue politiche, in primis il desiderio di intraprendere esclusivamente la via della guerra.

Macron l’ha pagata cara

Per troppi mesi si è parlato dell’invio di soldati europei, paventando il rischio dell’allargamento del conflitto contro la Russia. Per troppi mesi sono stati impiegati termini di guerra, descritti scenari bellici e adottato linguaggi propagandisticamente nauseabondi. Per troppi mesi molti giornalisti hanno convenuto pubblicare articoli fallaci distorcendo la realtà della guerra russo-ucraina, illudendo i più fanatici assertori – anche se verrebbe da chiedersi quanti di loro sarebbero veramente disposti ad imbracciare un’arma e combattere.

L’ordine è «Armiamoci e partite!». Il clima di guerra che ha pervaso e stravolto la quotidianità dei cittadini europei è alla base del voto sancito nelle urne, ma non è l’unico motivo di questo lieve cambiamento

Vedremo che cosa accadrà in merito, visto che con ogni probabilità la maggioranza Ursula rimarrà alla guida dell’Unione europea.

E vedremo quale sarà l’approccio verso la Russia e in merito alla guerra tout court, conoscendo l’oltranzismo scellerato di Ursula von der Leyen.

Riccardo Giovannetti

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