L’eccezione cubana – Il 2 gennaio 1959, il giorno successivo alla fuga del dittatore Fulgencio Batista e della cerchia dei suoi fedelissimi, le colonne dei rivoluzionari barbudos guidate da Camilo Cienfuegos entravano all’Avana; Fidel Alejandro Castro Ruz, nel frattempo dall’altra parte dell’isola, avrebbe raggiunto la capitale qualche giorno più tardi.
Si può dire che quella data segnò nel continente centro-sud americano un prima e un dopo, un solco epocale ben più profondo di quello causato dalle guerre di secessione dei territori spagnoli; quasi una sorta di rivoluzione francese dell’emisfero occidentale, con conseguenze politiche e culturali non solo legate alla regione ma che ebbero echi e riflessi in molti angoli del mondo.
E a realizzarla, quella cesura, fu un’isola che aveva avuto un ruolo importante nella storia dell’impero spagnolo. E che nel corso delle sue vicende conosciute è stata teatro di eventi straordinari, vere e proprie eccezioni della storia.
La c.d. dottrina Monroe
Eccezionale è in primo luogo la sua posizione geografica, proiettata sul mediterraneo americano dove si specchiano le isole caraibiche, l’istmo centrale, le coste settentrionali del blocco continentale sudamericano e, soprattutto il passaggio interoceanico, già idealizzato oltre un secolo prima della sua realizzazione. Filippo II, a metà del XVII° secolo, poté affermare che “chi possiede Cuba possiede le chiavi del nuovo mondo”.
E fu la preoccupazione di possibili interventi inglesi e francesi nell’isola delle Grandi Antille – che i nordamericani consideravano fondamentale per la protezione che essa offriva del golfo del Messico, delle cui coste settentrionali stavano a poco a poco impossessandosi – che motivò la dichiarazione del presidente Monroe al congresso, nell’annuale discorso sullo stato dell’Unione, il 2 dicembre 1823, da cui si estrapolò la dottrina che porta ancora il suo nome.
La sovranità della Spagna in evidente decadenza politica e militare, per il momento, non li disturbava, anzi costituiva una barriera alle eventuali pretese delle altre più agguerrite potenze europee
Ultimo bastione spagnolo nelle Americhe. Lo zucchero…
Eccezionale fu la circostanza che, mentre nei primi due decenni del XIX° secolo i territori dei Virreinados s’infiammavano d’ardore indipendentista, a Cuba non successe quasi niente, rimanendo, insieme con Portorico, l’ultimo bastione spagnolo nelle Americhe. La borghesia criolla aveva infatti raggiunto una forza economica e un’autonomia politica di fatto che la manteneva tranquilla e soddisfatta. Anche perché, a differenza degli altri territori sottoposti alla sovranità imperiale, la presenza di un numero rilevante di schiavi africani avrebbe reso pericolosa qualsiasi avventura armata.
Eccezionale fu lo sviluppo industriale della produzione zuccheriera che, fin dal 1819, fece di Cuba il primo esportatore mondiale e dove fu costruito già nel 1837, il primo in America latina (soltanto pochi anni dopo quelli statunitensi e nord-europei), un tratto ferroviario che rapidamente si ramificò in tutta l’isola.
…fino ai tristi record della Cuba comunista.
L’eccezionalità cubana si manifestò anche con l’avvento del castrismo, che ben presto realizzò all’Avana il primo governo comunista dell’emisfero occidentale.
Che, altra particolarità di rilievo, fu anche l’unico regime marxista-leninista a resistere al crollo dell’impero sovietico, da cui dipendeva economicamente e militarmente, passando da una situazione di sostentamento alla miseria più nera.
Con un altro record imbattuto nella storia del novecento: il mantenimento del potere in capo al Líder Máximo, per la durata di mezzo secolo, un tempo che ben pochi capi di stato possono vantare anche nella storia meno recente e pure in quella remota. Certo non in virtù di un consenso che si era liquefatto da anni ma grazie a un apparato poliziesco-burocratico che proteggeva il regime, quindi se stesso e i propri privilegi.
Eccezionale fu il numero d’interventi militari o politico-militari che la Cuba castrista, nel giro di una trentina d’anni, intraprese o appoggiò in giro per il mondo: in tutta l’America centromeridionale (tranne che in Messico), in Africa e in Asia, con un record di iniziative che, Stati Uniti a parte, non trova eguali.
Un non-comunista a capo di un regime comunista.
Vi è un’altra eccezionalità, forse la più intrigante.
Il regime comunista cubano fu il solo a essere presieduto da uno che non proveniva dal partito comunista o che avesse alle spalle un percorso ideologicamente affine. E fu l’unico caso in cui l’apparatnik di un PC accettò, pur a denti stretti, di essere guidato da un uomo che non proveniva dalle proprie fila (altra eccezionalità cubana) perché per vincere, prima, e continuare a occupare l’isola, dopo, aveva bisogno di un uomo come lui.
E, a sua volta, il sistema di controllo politico ed economico di marca comunista faceva al caso del futuro dittatore cubano. Egli ben sapeva che i quadri del Movimiento 26 de Julio e degli altri gruppi rivoluzionari puntavano alla restaurazione della democrazia e non avrebbero mai appoggiato una sua leadership indefinita e totalizzante.
Per questo si rivolse al partito comunista e scelse così – ma forse sarebbe il caso di dire, fu scelto da e lo accettò di buon grado quando ne capì la necessità – un padrone lontano (l’URSS) per non ricevere ordini da quello vicino (gli USA) che, per giunta, non gli avrebbe mai assicurato un potere dittatoriale, dopo aver contribuito a rovesciare quello precedente.
Tra un padrone lontano e uno vicino…
Il padrone lontano invece sì, attraverso il nocciolo duro del PC cubano, fedele a Mosca, che sotto traccia controllava che la barra del timone rimanesse saldamente in mano al Líder Máximo ma che non si allontanasse troppo dalla rotta.
E questa sua scelta opportunistica fu condivisa da alcuni suoi compagni di lotta, provenienti dal M-26, originariamente anticomunisti e che in parte avevano formato il primo governo.
Facendo buon viso a cattivo gioco, adeguandosi e diventando, al pari del loro capo, marxisti-leninisti honoris causa, con buona pace degli ideali di libertà per i quali tanti veri rivoluzionari cubani avevano versato il proprio sangue.
Non è forse questo inaudito e incredibile tradimento un altro triste primato da iscrivere nel repertorio delle eccezionalità cubane?