Le radici giacobine e totalitarie dell’unione europea – Se dovessimo ripercorrere la storia d’Europa degli ultimi 500 anni, osserveremmo uno scontro tra due fronti opposti che, sommariamente, possono ricondursi alla trincea della Tradizione ed a quella della sovversione.
Quest’ultima ha affilato le armi a propria disposizione giungendo, al culmine del suo agire, ai nefasti eventi della Rivoluzione Francese.
Ma, come ben sappiamo, ogni fatto storico presenta un percorso di preparazione più o meno lungo e, così, anche il 1789 non è che – a sua volta – il coronamento di una serie di “rivoluzioni” antecedenti ed operanti ciascuna in diversi ambiti: filosofici, politici, sociali e religiosi e che hanno ferito l’ordinato assetto di quella che, un tempo, era la Cristianità.
La lotta delle forze oscure contro la Tradizione
E così, rinascimento, umanesimo, scisma protestante, razionalismo, illuminismo si pongono tutti, a proprio modo, come antecedenti – da un punto di vista logico e cronologico – della Rivoluzione Francese.
Pertanto, lo spirito giacobino, impregnato di radicalismo democratico, avversione per ogni assetto tradizionale, repubblicanesimo, laicismo, centralismo amministrativo contro l’esistenza dei corpi intermedi, sferrò i suoi attacchi più feroci, non solo contro la Monarchia ma contro la Chiesa Cattolica.
Era quest’ultima la vera nemica dei terroristi giacobini. E, soprattutto nelle Italie, la reazione dei popoli fu veemente contro le repubbliche filofrancesi giacobine che venivano percepite come straniere non soltanto da un punto di vista “geografico o nazionale” ma nel senso più compiuto del termine in quanto “estranee” ai costumi ed alla Tradizione dei popoli.
Italia, terra di insorgenze
E, in questo contesto, vanno lette le insorgenze antinapoleoniche che, dal Tirolo al Regno di Napoli, sconfissero i giacobini delle repubbliche sorelle filofrancesi.
I popoli italici insorsero al grido di “Viva Maria!” nel Gran Ducato di Toscana; furono guidati dal Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria per riportare Ferdinando IV sul Trono di Napoli. In ogni occasione si combatteva per il Trono ma soprattutto per l’Altare, il quartier generale di ogni uomo della Tradizione.
Ma quello spirito luciferino che animava i combattenti giacobini e che insanguinò i campi d’Europa a cavallo tra il ‘700 e l’800 non si arrestò. Proseguì sotto differenti vessilli e protagonisti e, potremmo dire, non ha mai cessato di attaccare le società, le famiglie, le istituzioni. Quello stesso spirito riconducibile al trinomio massonico “liberté, égalité, fraternité” lo ritroviamo nel cosiddetto risorgimento italiano per giungere persino nei trattati e nelle leggi dell’attuale Unione Europea.
Il ruolo della massoneria
Nel n. 13 Sett.-Dic. 2018 della Rivista del Grande Oriente d’Italia, “Massonicamente”, a pag. 22, è pubblicato un articolo eloquente a firma di Francesco Pullia dal titolo: “Stati Uniti d’Europa, non utopia ma impegno massonico”. Tra le altre cose si può apprendere che “La prefigurazione di un’Europa unitaria e federalistica, riconducibile, nelle sue diverse articolazioni, alla realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, ha sempre animato l’impegno massonico. I suoi prodromi si riscontrano nel pensiero illuminista. La rapida diffusione, nel Settecento, delle logge nei vari paesi del continente europeo, con la spinta proveniente dal fermento costituzionale avviato in America da Benjamin Franklin, contribuì senza dubbio ad arricchirne l’elaborazione”.
Infiltrate in tutta Europa
Infatti, le conventicole massoniche, con il loro carattere iniziatico, favorirono fin dai primi decenni del Settecento, la ramificazione di una fitta rete di logge, dall’Inghilterra alla Francia, dalla Germania all’Italia, dalla Polonia alla Russia, divenendo uno strumento efficace per la conduzione di battaglie ideologiche particolarmente care al movimento illuminista, come quelle riguardante la tolleranza religiosa e l’abolizione del potere temporale della Chiesa.
Occorre ribadire come il cosiddetto “risorgimento italiano” vide molti suoi protagonisti indossare grembiuli e maneggiare squadre e compassi.
A costoro è da ascrivere anche il risultato di aver contributo alla nascita dell’idea di Europa unita, tappa logicamente successiva alla formazione dei moderni Stati nazionali.
L’Unione Europea arriva da lontano
Lo stesso Mazzini diede un notevole apporto ideologico con la costituzione dell’associazione segreta “Giovine Europa” nel 1834, vissuta solo due anni e fondata in Svizzera insieme ad altri esuli italiani, polacchi e tedeschi.
Egli era convinto che gli anni della trascorsa Rivoluzione Francese avessero lasciato un segno indelebile e sosteneva la nascita di un’Europa unita radicata – ancora una volta – sul trinomio di libertà, uguaglianza e fraternità.
Nel 1923 il conte austriaco Coudenhove-Kalergi, iniziato due anni prima alla Massoneria nella loggia “Humanitas” di Vienna, pubblicò un pamphlet significativamente intitolato “Paneuropa” in cui difendeva appassionatamente la realizzazione dell’unità europea.
Si tratta di un’opera anticipatrice che, tra le due guerre, influenzò personalità come Konrad Adenauer, Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Winston Churchill.
Nel 1925, nel suo “Praktischer Idealismus”, Coudenhove-Kalergi aveva delineato il continente europeo come multietnico e multiculturale, una vera e propria federazione di stati, appunti gli Stati Uniti d’Europa.
La CECA
Fu sempre lui a lanciare l’idea, concretizzatasi nel 1952, della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e a suggerire nel 1929 l’adozione come inno europeo dell’Inno alla gioia di Friedrich von Schiller musicato da Ludwig van Beethoven, entrambi massoni.
Fu inoltre autore nel 1930 della proposta di celebrazione, nel mese di maggio, della giornata europea. Egli ideò nel 1947 il primo francobollo europeo e fondò nel 1948 l’Unione Parlamentare europea da cui nasceranno, dopo il Congresso dell’Europa a L’Aia del 1948, il Consiglio d’Europa e il Parlamento Europeo.
Lo spirito di Ventotene
Intanto, nel 1941, nel confino a Ventotene, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, elaborarono “Il Manifesto di Ventotene”, una sorta di “atto di nascita” dell’Unione Europea su basi socialiste e laiche al quale non sono di certo estranee influenze massoniche.
Appare certamente singolare la circostanza secondo la quale, nel 1957, il firmatario per conto della Germania del Trattato di Roma, ossia il documento che istituì la Comunità Economica Europea, fu Walter Hallstein (1901-1982), affermato giurista della Germania nazional-socialista Egli era anche componente dell’associazione “Guardiani della legge” durante il regime hitleriano Dal 1942 servì nella Wehrmacht, le Forze Armate tedesche come ufficiale della riserva con il grado di Primo Tenente, combattendo nella Francia del Nord.
E, come se non bastasse, rivestì il ruolo di primo presidente della Commissione Europea, mandato che avrebbe ricoperto per ben due volte consecutive dal 1958 al 1967.
Un’unione massonica
Se si esaminano i principi della Massoneria, ossia naturalismo, laicismo, razionalismo, non si può fare a meno di rilevare che la maggior parte di essi permea profondamente l’idea di Europa. Essi sono nuclei di idee di libertà, uguaglianza, fratellanza, tutela dei diritti umani e pace fra i popoli declinati in chiave aconfessionale dove le famose radici cristiane, non hanno trovato spazio.
Le 5 fratture europee
Ma allora ha ancora senso di parlare di Europa? E, sul piano storico – concettuale, è davvero l’Europa il nostro riferimento? Secondo Francisco Elías de Tejada, filosofo giusnaturalista, evidentemente no.
Anzi, La sua visione storico-politica individua la presenza di cinque “fratture” che portarono dal mondo medioevale e cristiano a quello moderno ed ateo: “La Cristianità muore perché nasca l’Europa, quando questo perfetto organismo si infrange dal 1517 al 1648 con cinque fratture successive: la frattura religiosa del protestantesimo luterano, la frattura etica con Machiavelli, la frattura politica per opera di Bodin, la frattura giuridica con Grozio e Hobbes e la frattura definitiva del corpo mistico cristiano con i trattati di Westfalia.
Dal 1517 al 1648 l’Europa nasce e cresce e, nella misura in cui nasce e cresce l’Europa, la Cristianità si indebolisce e muore”.
L’incontro fecondo tra i popoli europei e la Fede insegnata dagli Apostoli e dai loro successori, ha prodotto quella splendida opera chiamata Europa Cristiana.
In questo senso il Cristianesimo ha saputo armonizzare le diverse specificità e peculiarità dei popoli in un mosaico variegato il cui collante era, appunto, la Fede nell’unico Dio. Tutto il contrario dell’attuale organizzazione politica ed amministrativa dell’Unione Europea, nella quale, gli interessi dell’oligarchia mondialista, cercano di schiacciare le libertà concrete delle comunità imponendo loro un modello egemonizzante, centralista ed omologante.
Tale modello, ovviamente, non può ammettere pluralità e varietà. Ecco, dunque, l’imposizione della moneta unica, dei freddi parametri di Maastricht, della bandiera unica e, infine, della religione sincrestista universale, parodia e scimmia della Fede Cattolica.
Tornare alla civiltà cristiana
L’Unione Europea, quindi, non è molto distante dall’organizzazione politica e sociale dei moderni Stati nazionali: il laicismo, definito da S. S. Pio XI nell’enciclica “Quas Primas” come una vera e propria “peste” diviene, paradossalmente, la religione moderna dello Stato che si autodivinizza fino a pretendere, per sé stesso, il culto pubblico che deve rendersi soltanto a NS Gesù Cristo. E così, un drappello di anonimi burocrati senz’anima, decide per tutti cosa mangiare, come vestire, cosa si intende per famiglia e salute del corpo, ecc.
Dunque, che fare? Inventarsi una civiltà? Un nuovo mondo? Un uomo nuovo? Commettere l’errore dei novatori giacobini?
Evidentemente no. Lo rammenta San Pio X il quale, nella Lettera Apostolica “Notre charge apostolique”, afferma che “occorre ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si pone quale dottore e legislatore; non si edificherà la società diversamente da come Dio l’ha edificata; non si edificherà la società se la Chiesa non ne pone le basi e non ne dirige i lavori; non si deve inventare la civiltà, né si deve costruire la nuova società tra le nuvole.
Essa è esistita ed esiste; è la civiltà cristiana, è la società cattolica. Non si tratta che di instaurarla, ristabilirla incessantemente sulle sue naturali e divine fondamenta contro i rinascenti attacchi della malsana utopia, della rivolta e della empietà: Omnia instaurare in Christo”.
Ed esattamente per arginare la “peste laicista”, anticamera e battistrada dell’ateismo, il Sommo Pontefice Pio XI volle istituire la “festa di Cristo Re” da celebrarsi l’ultima Domenica del mese di ottobre affinché i singoli e gli Stati potessero venerare pubblicamente Cristo prestandoGli l’obbedienza dovuta al Re dei Re.
Gianvito Armenise