Le partite europee del Caucaso – Lo scorso martedì 15 Novembre, il Senato francese – controllato dal centrodestra dei Les Republicans – ha votato a larghissima maggioranza, in congiunzione con quasi tutte le altre forze politiche, una mozione per sanzionare l’Azerbaijan, non vincolante per il governo responsabile solo presso l’Assemblea Nazionale e non presso la Camera Alta del parlamento, che non potrebbe avere un reale seguito senza l’assenso del Presidente della Repubblica.
Gli impatti per l’Italia
Tuttavia, il voto è significativo per l’orientamento di Parigi circa gli eventi nel Caucaso, che sicuramente dovrebbero interessare l’Italia, salvo cronica distrazione e incapacità politica italiana internazionale.
La mozione chiede al governo francese di assumere decisioni di primissima rilevanza sui fatti in questione: l’embargo sul gas di Baku – gas che l’Unione Europea si è precipitata ad acquistare per sostituire il gas di Mosca, con tanto di accordi siglati dalla Von der Leyen con il presidente azero Aliyev; riconoscere il Nagorno-Karabakh armeno come stato indipendente dall’Azerbaijian.
Il governo ignora la vicenda
In Italia, non avendo una vera e propria politica estera, l’ignoranza sulla vicenda, sia presso il grande pubblico che presso la nostra classe dirigente, è totale.
Sempre proni agli orientamenti di Bruxelles, lo Stato italiano si gettato nelle braccia di Baku per acquistare il gas azero, ricevendo addirittura Aliyev al Quirinale.
Aliyev: un dittatore sanguinario
Peccato che Aliyev abbia instaurato a Baku un regime sanguinario che fa apologia dello sterminio armeno condotto dagli alleati turchi nella Prima guerra mondiale e che l’Azerbaijan odierno si stia adoperando per replicarlo. Dal 2020 sono continue le aggressioni armate dell’esercito di Baku alla minoranza cristiana-armena del Nagorno-Karabakh e contro l’Armenia stessa. Baku, d’altra parte, si fa forte della storica alleanza con i turchi da cui ricevono armamenti e appoggio politico e militare, mentre l’Armenia, di per sé alleata alla Russia e membro del CSTO, trattato di difesa collettiva dei Paesi ex sovietici.
Cosa fanno i russi?
La Russia, tuttavia data l’appartenenza alla NATO della Turchia, è sempre stata estremamente prudente ad intervenire nella zona.
Negli ultimi mesi, l’Azerbaijan ha ripreso le ostilità in grande stile – peraltro totalmente immotivate – contro l’Armenia, approfittando dell’evidente distrazione russa e dell’ipocrisia dell’Occidente, sempre pronto a strepitare per i diritti umani violati, a condannare le guerre di aggressione, salvo che non riguardino qualche proprio alleato.
Da Parigi ad Ankara
Parigi ha con la Turchia – di riflesso coi suoi sanguinari fratellini azeri, parecchi tavoli aperti: in Libia sono quasi dieci anni che le due parti combattono, in una guerra per procura, la Turchia sostenendo il governo di Tripoli e la Francia a quello di Bengasi.
Per inciso: anche l’Italia sosterrebbe teoricamente il governo di Tripoli, ma la scarsa assertività ha permesso ad Erdogan di colmare il vuoto lasciato da parte italiana nell’area. La Turchia è anche per l’Italia un vicino più che ingombrante.
Nuovo genocidio armeno in vista?
La Francia, inoltre, ha imbastito diverse esercitazioni navali con la Grecia, che teme costantemente di essere aggredita nell’Egeo dalla Turchia e ha pur sempre un legame storico con l’Armenia, di cui si fece in un certo senso protettrice nel corso della Prima Guerra Mondiale. Parigi è, d’altra parte, sempre stata Patria di elezione della diaspora armena, di cui ospita una nutrita ed economicamente influente comunità.
L’UE chiude gli occhi
Pur avendo il Presidente più europeista d’Europa, la Francia ha ancora un brandello di classe dirigente capace di avere un senso dello Stato, d’interesse nazionale e del proprio collocamento sullo scacchiere della politica estera. Che Ursula incontri Aliyev non significa che sia necessario avallare il progetto di pulizia etnica di una popolazione cristiana da millenni. Soddisfare il 70% del proprio fabbisogno energetico da reattori nucleari in casa, permette una certa flessibilità nell’imporre sanzioni ad altri Paesi.
L’Italia saprà dotarsi di un’agenda propria, senza dover sempre e passivamente recepire le istruzioni di Washington o Bruxelles?