Le marocchinate – Chi non ha mai visto nella sua vita, almeno per una volta, il film “La ciociara” alzi la mano. Il capolavoro del 1960, diretto da Vittorio De Sica e con una straordinaria Sophia Loren, racconta gli stupri e le violenze perpetrate ai danni della popolazione civile italiana, nel corso della Seconda guerra mondiale, dai reparti marocchini inquadrati nelle truppe francesi.
Il corpo francese
Tutto ebbe inizio nel 1942 allorché, l’esercito americano sbarcò ad Algeri e le milizie coloniali francesi del Nord Africa, sino a quel momento agli ordini della Repubblica filonazista di Vichy, alzarono bandiera bianca.
Da quel momento saranno agli ordini del generale De Gaulle, fuggito dalla Francia ed a capo della cosiddetta Francia Libera. Queste milizie, composte in massima parte da marocchini, tunisini, senegalesi ed algerini, costituiranno il “Corp Expeditionnaire Français” (CEF) inquadrati in quattro divisioni per un numero complessivo di oltre 111.000 uomini.
Assieme a costoro figureranno anche un buon numero di francesi europei. Alcuni reparti, tuttavia, erano composti esclusivamente da marocchini raggruppati in unità separate tra cui vigevano strettissimi vincoli tribali.
Tra i loro armamenti, oltre alle armi fornite dall’esercito americano, vi erano anche dei pugnali ricurvi: un vero e proprio strumento “rituale” con cui veniva mozzato l’orecchio al nemico per poi farne ornamenti. Il loro comandante era l’algerino Juin che, da collaborazionista della Repubblica di Vichy, passò armi e bagagli con De Gaulle.
Lo sbarco degli alleati in Italia
Con lo sbarco anglo-americano in Sicilia nel luglio del 1943, cominciarono le cosiddette “marocchinate”.
Infatti, i quasi mille marocchini aggregati alle truppe americane sbarcate a Licata, si macchiano di violenze, saccheggi e stupri (anche nei confronti di bambini), nel piccolo comune di Capizzi. La reazione dei siciliani fu pronta: con doppiette e forconi diversi marocchini vennero giustiziati.
Risalendo l’Italia, l’esercito anglo-americano si era bloccato nei pressi di Cassino, lungo la cosiddetta “Linea Gustav” dove italiani e tedeschi opponevano una tenace resistenza.
Fu proprio il generale algerino Juin a suggerire di aggirare ad est Cassino, parzialmente sguarnita, con il suo esercito nordafricano. Nel maggio del 1944, con l’operazione ribattezzata “Diadem”, i militi tedeschi ed italiani della RSI, ebbero la peggio.
Il calvario ciociaro
Cominciò il calvario per gli abitanti della Ciociaria occupata dai reparti del CEF. Persino i parroci di Ausonia e di Vallecorsa, don Alberto Terrilli e don Enrico Jannoni, furono barbaramente trucidati; entrambi nel tentativo di difendere alcune donne dagli stupri delle truppe marocchine. Il primo venne legato ad un albero e violentato per un’intera notte per poi morire qualche giorno dopo; il secondo, invece, venne fucilato.
Efferate violenze
Le feroci esecuzioni non si fermarono nemmeno davanti a bambine ed anziane. Crocifissioni ed impalamenti erano all’ordine del giorno. Chi reagiva veniva fucilato e violentato anche con la connivenza, l’ignavia o, in alcuni casi, la fattiva collaborazione dei francesi e degli americani.
Ben 24 mesi di terrore denunciati, nel 7 aprile 1952, dalla deputata del PCI Maria Maddalena Rossi che, in una seduta notturna della Camera dei deputati, denunciò ben 60.000 violenze nella sola provincia di Frosinone di cui si macchiarono i reparti del generale Juin.
Si spera che, come per altre pagine della storia più o meno recente, venga rimossa dall’oblio questa patina di ipocrisia e restituita alla memoria collettiva la dignità della memoria.
Gianvito Armenise