Le colonie e le polemiche, intervista al saggista Alberto Alpozzi – Per riprendere il posto al sole che nella storia e nella geopolitica ci spetta di diritto si deve ripartire dalle basi storico culturali di argomenti scottanti su cui si vuole imporre una vergognosa censura.
La maggior parte delle nazioni dell’Europa occidentale tra le loro radici conservano ad esempio un passato coloniale di cui in qualche maniera si desidera preservare benefici e prestigio.
Perché in Italia dovrebbe essere diverso?
A riguardo abbiamo fatto qualche domanda ad Alberto Alpozzi, esperto di storia nazionale coloniale.
Alberto le sue ricerche sul piano pratico su quali fonti si basano?
Su fonti certe relative a documenti di archivi storici, archivi dei musei, archivi privati.
Ad esempio, per il libro “Dubat” ho attinto tra gli altri all’archivio AdeV (Archivio De Vecchi) conservato presso il Museo del Risorgimento di Torino e gli archivi della famiglia Bechis.
Qual’è la sua opinione in merito alla recente mostra di Torino “Africa. Le collezioni dimenticate” sulla nostra storia coloniale?
È stato un evento parziale e approssimativo che ha omesso fatti fondamentali della storia coloniale italiana, in maniera tale da poter comunicare un messaggio sbagliato. Nei fatti la mostra di Torino orienta il pubblico a costruirsi un’opinione priva di fondamento storico e paradossalmente opposta alla realtà storica degli italiani in Africa.
Ha mai incontrato Angelo Del Boca?
Si certo, due volte a casa sua in corso Inghilterra a Torino. La prima per le mie ricerche sul libro “Il faro di Mussolini” e la seconda per quelle relative a “Dubat”. Lui stesso, ad esempio, dichiarò il contrario di quanto esposto a Torino relativamente al Villaggio Duca degli Abruzzi e alla manodopera in Somalia. Conservo le sue e-mail del 2015 in cui mi autorizza a riportare quanto da lui dettomi e presente anche in un suo libro, che stranamente non viene considerato.
Secondo lei la storia coloniale viene censurata perché smonta le retoriche immigrazioniste?
Principalmente si vuole far passare il messaggio falso che il nostro colonialismo corrispondesse ad invasioni, genocidi, stupri, razzie e crimini di ogni tipo al solo scopo di usare tutto per buttarla sui soliti argomenti relativi al fascismo in maniera tale da poter strumentalizzare tutto in chiave elettorale.
Secondo lei invece la verità sulla storia coloniale italiana potrebbe essere utile per favorire la pacifica convivenza ed aiutare la società italiana di oggi?
Certo, è fondamentale in primis avere un passato condiviso basato sulla realtà dei fatti storici nella nostra società, poi naturalmente questo favorirebbe tantissimo le relazioni internazionali con le nostre ex colonie permettendo di ricostruire un rapporto stabile di reciproca stima e fiducia. Persone e popoli si avvicinano per quanto hanno in comune di positivo, non certamente per quanto li divide nell’odio.
Come mai secondo lei tutto questo ostracismo addirittura nei confronti della sua persona?
Non mi piace stare al centro dell’attenzione, ma se il tuo lavoro di ricerca fa crollare le versioni storiche ufficiali degli ultimi 80 anni ed un numero imprecisato di carriere costruite proprio su queste versioni ufficiali, allora diventi un problema.
Non possono né contrastare né tantomeno smentire le facili constatazioni basate sui veri fatti storici con relativa documentazione ricavata da fonti certe; quindi, si tenta di censurarmi e squalificarmi senza però essere in grado di confutare una sola riga di miei libri e articoli. È normale osteggiare ed avversare chi ti mette in difficoltà.
Queste le parole di Alberto Alpozzi, che ripetiamo essere uno dei pochi esperti della nostra storia coloniale oltre che autore di svariati libri di indagine storica.
Facciamo naturalmente notare che gli albori della storia coloniale non furono certo contemporanei del fascismo, ma bensì molto precedenti agli anni Venti del 900 dato che i primi progetti coloniali vennero programmati ai tempi precedenti all’unità d’Italia, quando il nostro stato appunto si chiamava ancora Regno di Sardegna.
Gianluca Cocco