L’attacco all’ospedale compatta il mondo musulmano – L’attacco missilistico all’ospedale al-Ahli di Gaza può diventare la riscossa del mondo musulmano.
È la goccia che fa traboccare il vaso. È la bomba sbagliata che colpisce l’obbiettivo sbagliato.
E adesso l’intero mondo musulmano è in subbuglio. In migliaia i ‘fratelli’ musulmani sono scesi riversandosi nelle piazze e nelle strade per manifestare contro l’attacco missilistico che ha devastato l’ospedale battista al-Ahli nella Striscia di Gaza, provocando centinaia di morti, in gran parte civili.
In rivolta tutto il mondo arabo
Dalla Giordania alla Cisgiordania, dall’Iran al Libano, dalla Turchia all’Egitto, dal Qatar allo Yemen si sono sollevate migliaia di persone, unite dalla stessa fede e nel nome di Dio per prendere posizione contro Israele.
Piano piano si susseguono le voci di dissenso e di condanna da parte delle istituzioni politiche dei vari paesi a maggioranza musulmana, a partire dall’Egitto e dalla Turchia passando per l’Iran e l’Arabia Saudita, che hanno ufficialmente condannato l’aggressione attribuendola immediatamente ad Israele, i cui consolati, come quello a Istanbul, sono stati presi d’assalto dai partecipanti alle manifestazioni.
Accuse incrociate
È difficile stabilire con certezza l’identità degli autori dell’attacco all’ospedale civile. Israele sostiene che si tratti di un missile di Hamas che è precipitato per errore all’interno dei propri confini, e una delle teorie potrebbe essere la probabile scarsa propulsione del razzo, essendo molti di questi fabbricati in casa.
Diversamente, Hamas, e forse l’intero mondo musulmano compiacente, attribuiscono la responsabilità ad Israele, il cui piano di attacco missilistico degli ultimi giorni sulla Striscia di Gaza a danno di qualsiasi infrastruttura, militare e civile, non gioca a suo favore, vista la conta di migliaia di morti e feriti, soprattutto tra la popolazione civile.
Il tweet subito rimosso
Per di più, a sostegno della tesi secondo cui il dito andrebbe puntato contro Israele ci sarebbe il post pubblicato, e poi rimosso, da Hananya Naftali, il portavoce del primo ministro israeliano Netanyahu.
Nel post di Twitter, il portavoce israeliano aveva scritto che l’aviazione israeliana aveva colpito con successo un ospedale civile a Gaza perché utilizzato dai ‘terroristi’ di Hamas, provocandone un ampio numero di morti. Se quanto scritto fosse vero, il post confermerebbe, indirettamente, la responsabilità dell’attacco da parte di Israele, togliendo ogni ombra di dubbio sulla paternità dell’uccisione di centinaia di civili.
Accusa che è anche arrivata direttamente dall’ambasciatore palestinese all’ONU, il quale ha sostenuto di avere una copia del tweet di Naftali.
Fuoco alle polveri
Nel frattempo, come già detto, le manifestazioni sono esplose e si sono diffuse a macchia d’olio in molti paesi musulmani o a maggioranza musulmana, dove i manifestanti non hanno timore nel riunirsi nelle piazze e dirigersi verso le ambasciate e i consolati dei paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Francia.
In Turchia, oltre al già citato consolato israeliano, i cittadini hanno preso di mira anche la base radar NATO di Kürecik, non preoccupandosi delle eventuali ripercussioni a cui potrebbero andare in contro. La rabbia è incandescente, il dolore è profondo e la sete di giustizia o, meglio, di vendetta, difficilmente verranno placate dopo questo massacro.
In questo momento, ogni persona di fede musulmana non può ignorare quanto accaduto a Gaza, così come non può ignorare la bandiera nera a lutto che è stata issata nella notte sul santuario dell’Imām Reżā a Mashhad, nell’Iran nord-orientale.
Quel nero tenebroso non è solamente in segno di rispetto e di ricordo per le vittime, ma è anche un monito per i responsabili che hanno causato quei morti.
È come se il fischio di quel missile che si è schiantato sull’ospedale civile di Gaza equivalesse a uno squillo di trombe per una riscossa tanto attesa e che si sta avverando in queste ore.
Riccardo Giovanetti