La viltà politica e la vigliaccheria morale non pagano
La viltà politica e la vigliaccheria morale non pagano. Anzi, al contrario: pagano e salatamente le conseguenze dell’ignavia, a cui ispirano le loro azioni i partiti del Centrodestra di governo.
Purtroppo, però, a passare alla cassa non sono i politici, gli eletti, se non quando vengono giustamente trombati da un elettorato che, per quanto ancora si affidi più a loro che ai corrispondenti buffoni del Centrosinistra, si reca alle urne con sempre minor entusiasmo e in misura continuamente più risicata.
La Legge sull’Eutanasia
La materia del giorno è la tanto discussa legge sull’Eutanasia e la recentissima sentenza della Corte dei conti che, “facendo scopa” con quella emessa dal Tribunale di Milano, condanna l’ex-Direttore Generale della Sanità della Lombardia a risarcire all’ente i 175 mila euro pagati alla famiglia di Eluana Englaro, per la nota e triste vicenda di quella ragazza e di quella famiglia.
Una storia, quella di Eluana, che ha diviso l’Italia – e non poteva non dividerla -, a fronte della quale i due schieramenti principali del Parlamento – e principalmente inutili, se non per i deputati e i senatori che li compongono – avevano promesso un riordino definitivo della materia.
Una legge ispirata al nichilismo materialista, se avesse vinto la Sinistra; una legge rispettosa dei principi cristiani, di cui è intrisa la nostra visione della vita, se avesse vinto il Centrodestra.
Ora, se avesse vinto la Sinistra è possibile che una legge, per quanto ignobile, sarebbe stata approvata.
Non è detto, ma è possibile.
Patriottismo parolaio
Di contro, vincendo il Centrodestra, dove il patriottismo parolaio deve fare i conti coi “giuramenti massonici” di buona parte dei suoi eletti, la strada scelta è sempre la stessa: annunciare norme che, poi, vengono fatte “impastoiare” dai regolamenti parlamentari, aspettando che siano i magistrati ad assumere le decisioni.
Tanto ai giudici, del consenso popolare non gliene frega nulla.
Anzi, assumendo decisioni che, scontatamente, contrastano con le politiche parolaie del Centrodestra, i partiti che lo compongono esultano due volte: esultano i parlamentari, per non esser costretti a giustificarsi con le lobbies e con le logge di riferimento; esultano i leader, perché possono battersi pubblicamente il petto contro una magistratura che deborda dai suoi confini e “senza consenso costringe” a osservare leggi mai approvate da nessuno.
In altri termini, l’intervento dei giudici salva la possibilità di continuare a strillare nelle televisioni la politica parolaia.
La fuga dalla destra
Si capisce, allora, perché sempre meno settori qualificati della società “si buttino a destra”, se non hanno un interesse specifico e immediato da promuovere o tutelare: perché supportare questo Centrodestra significa mettersi un bollino sulla giacca, nella certezza quasi assoluta di essere lasciati a metà del guado, in caso di guai.
In materie tanto delicate, in cui non si può non tener conto della propria coscienza e di quella comunitaria, nonché delle tante coscienze che compongono la sensibilità generale della società, non serve a nulla professarsi a favore della vita, contro la cultura della morte marxista-liberista imperante, quando non si conta niente.
Bisogna – bisognerebbe? – avere il coraggio di assumere una decisione, quando si è nelle condizioni di farlo e imporla.
In Italia, però, il Centrodestra è ridotto a puro narcisismo, alla smania di sentir gridare il proprio nome nelle piazze e, adesso, di vederlo pure scrivere nella scheda elettorale.
Il nome, non il cognome, affinché sia chiaro che, oltre al patriottismo, si è abbandonato anche il patronimico.
In una perfetta eutanasia dell’intelligenza.
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