Domenica 23 Giugno 1946, vigilia di San Giovanni, un gruppetto di prestigiosi quanto anomali esponenti della Resistenza si riunirono nella casa di uno di loro ad Oggiono, in Brianza, non lontano da Lecco.
Decisero di “congelare” un pezzo di storia e affidarono ad un sacerdote straordinario un plico prezioso. Particolari e motivazioni si trovano in una avvincente ricerca storica riguardante anche i servizi segreti americani dell’ O.S.S (Office of Strategic Service). Il giornalista e scrittore Giorgio Cavalleri ne parla nel suo “il custode del carteggio”, ed. Piemme, 1997.
Il gruppo dispone delle copie fotografiche delle 62 lettere che costituiscono il carteggio Churchill-Mussolini, effettuate da Ugo Arcuno fra il 4 e il 5 maggio 1945. Data la figura irreprensibile ed altamente affidabile conosciuta in carcere, all’unanimità, credenti e non credenti, affidarono il plico a don Giovanni Ticozzi, della diocesi di Lecco, ove abitava con la cognata Luisa e i nipoti. Egli nascose il plico in una certosa.
Gli ex partigiani che si presentarono a quell’incontro furono Carlo Annoni di Gussola e Mario Bendiscoli, Alfredo Pizzoni e il cugino Angelo Medaglia (secondo altre fonti, si trattava di Antonio Usmiani), un altro era giunto su una moto Gilera 175. Don Giovanni Ticozzi era arrivato con un mezzo pubblico, convinto di partecipare ad una festicciola per il suo onomastico, che cadeva l’indomani.
Ma il motivo non era quello. La sera precedente, l’ex partigiano M.D. aveva provveduto a ritirare dalla tomba vuota di una famiglia amica una cassetta zincata che vi era stata furtivamente depositata nell’autunno dell’anno prima.
Le 62 lettere
Nella cassetta si trovavano i negativi, trattati con una lacca speciale, per impedirne il deterioramento, delle 62 lettere che Winston Churchill e Benito Mussolini si erano scambiate nei mesi e nelle settimane che avevano preceduto l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 agosto 1940.
Durante la discussione, accesa ma amichevole di quella giornata domenicale, si decise di occultarle, evidentemente perché i contenuti scottavano e la contingenza non necessitava di benzina sul fuoco. Si stava, infatti, per dividere l’Europa in due blocchi; quindi, non pareva opportuno far riemergere ferite ancora aperte o altre di inedite.
Alcuni dei partecipanti, durante la lotta partigiana avevano avuto rapporti non episodici con i servizi segreti alleati e, in particolare, con l’OSS americano, che disponeva anche di un gruppo speciale di controspionaggio x/2, particolarmente utile sul piano finanziario, molto meno per l’approccio assai superficiale, ingenuo, leggero con la complessità della storia italiana ed europea.
L’agente OSS Lucky Luciano
Si tenga presente, al riguardo, che nel 1942, per liberare il porto di New York dalle tante spie tedesche che vi operavano, l’OSS aveva ingaggiato l’italoamericano Lucky Luciano, boss mafioso di “Cosa Nostra”. L’anno seguente fu lui a fornire agli americani i nominativi di 850 persone, definite “amiche” abitanti in Sicilia, per favorire lo sbarco delle loro truppe, 62 (su 76!) delle quali furono nominate sindaci mafiosi (cfr. Aldo Lualdi, La mafia in uniforme, in “Storia Illustrata”, Milano, novembre 1975). Calogero Vizzini era accusato di 51 omicidi e venne eletto sindaco di Villalba, mentre suo nipote Damiano Lumia entrò a far parte del Governo Militare Alleato, appoggiato dal colonnello Charles Poletti, già governatore dello stato di New York nel 1942 e notoriamente legato ad ambienti mafiosi.
Ma il finanziamento del movimento partigiano proveniva anche dal Rotary di Milano, che lo ha confermato in una conferenza effettuata il 2/12/1947, confermato anche dallo stesso Alfredo Pizzoni, che ha precisato che di questo si erano occupati l’Ingegner Enrico Falck, l’avvocato Roberto Veratti e il dottor Luigi Casagrande. “Questi tre signori – ebbe a dire – già nel settembre-ottobre 1943 raccolsero fra pochi grandi organismi italiani, che mi permetto di non nominare perché meno nomi si fanno meglio è, otto milioni di lire”.
Nel corso della riunione, gli ex partigiani avevano concordato che chi tra loro fosse stato in vita 50 anni dopo, avrebbe potuto rendere pubbliche le foto delle lettere, qualora l’avesse ritenuto opportuno. L’unico in vita a fine 1995 era il partigiano M.D. che decise di non farlo. Le copie fotostatiche furono rinvenute nelle borse sequestrate a Benito Mussolini, il 27/04/1945, nel municipio di Dongo.
Neutralità per Nizza
Il partigiano M.D. non lo ritenne opportuno perché vedeva talvolta davanti a sé il paese di Pulcinella…e perché gli parve, “con tutta franchezza, che ci sia stato e ancora vi sia troppo spesso poco equilibrio nel giudicare il comportamento di Churchill. In una lettera, in cambio della neutralità dell’Italia, aveva promesso a Mussolini la città di Nizza. Città che apparteneva alla Francia occupata dal III Reich e ciò dimostra una certa spregiudicatezza da parte dello stesso statista inglese”.
“Wiston Churchill avrebbe ordinato l’assassinio di Benito Mussolini come parte di un complotto per distruggere un compromettente carteggio fra i due leader protagonisti della Seconda Guerra Mondiale”. Lo riporta il quotidiano britannico Telegraph, basandosi sull’ultimo libro-inchiesta di Pierre Milza, specialista dell’Italia contemporanea e del fascismo, scrittore e storico francese, che torna sul mistero delle ultime ore del Duce e Claretta Petacci con “Gli ultimi giorni di Mussolini”.
La morte del Duce avvenne in circostanze non ancora del tutto accertate. Non c’è chiarezza, infatti, sulle modalità dell’esecuzione di Mussolini intorno al 28 aprile 1945, nei pressi di Giulino di Mezzegra, circa 20 km a sud di Dongo: il fatto continua ad alimentare polemiche e congetture. Storici e giuristi ancora dibattono, oltre che su come qualificare l’atto, se come esecuzione di una condanna a morte comminata dal CLNAI o come semplice atto d’impulso, sugli eventuali moventi specifici e sui mandanti.
La morte di Mussolini
«Non vi è dubbio, a giudicare dalle sue dichiarazioni pubbliche fatte tre gli anni ’20-’30, che Churchill fosse un fan di Mussolini. E anche Roosevelt», scrive Milza, teorizzando che il primo ministro, in tempo di guerra, può aver voluto uccidere Mussolini per giungere in possesso di particolari lettere, in cui esprimeva la sua ammirazione per l’omologo italiano prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale.
L’esistenza del carteggio è stata per lungo tempo negata, sia da parte italiana che da parte inglese. In un primo tempo, anche lo storico antifascista Renzo De Felice si mostrò scettico, salvo poi effettuare una ricerca specifica che lo avrebbe indotto a parlare di “congiura del silenzio” e ad ipotizzare che non solo l’esistenza del carteggio fosse nota da prima della guerra, e che le lettere sarebbero state intenzionalmente cercate, trovate e distrutte, ma che con esse si sarebbe distrutto altro materiale detenuto da Mussolini, ad esempio sul delitto Matteotti, e su altre vicende, piuttosto calde, riguardanti la sinistra italiana.
«Churchill una volta ha anche detto “Il fascismo ha reso un servizio a tutto il mondo… Se fossi italiano, sono sicuro che sarei stato con lui – continua Milza – Ma questo era comprensibile nel 1927, come allora essere un fascista non significava essere un amico di Hitler o un complice di genocidio. Ma quando si è Capo di Stato e si è considerati eroe di guerra dal popolo britannico, non si desidera che tutto venga alla luce».
Churchill in Italia
Secondo la storiografia ufficiale, scritta dai vincitori, Mussolini e Clara Petacci sono stati sequestrati dai partigiani comunisti vicino a Dongo, sul lago di Como, mentre cercavano di fuggire in Svizzera. Nonostante il travestimento da ufficiale tedesco, il Duce fu riconosciuto e fucilato insieme alla Petacci. I loro corpi furono portati a Milano ed esposti al pubblico ludibrio in piazzale Loreto, assieme ad altri gerarchi.
Nel suo libro, Milza ricorda che Churchill, ormai privato cittadino, avrebbe effettuato nell’immediato dopoguerra gite sotto falso nome a poche miglia dal luogo in cui Mussolini era stato sequestrato. «Forse era andato lì solo per dipingere. È credibile, tuttavia, che ci fossero altri motivi: è noto infatti che un certo numero di tronchi furono gettati nel lago con i documenti e bottino di guerra», aggiunge Milza.
Un’inchiesta di alcuni giornalisti, fra cui Peter Tomkins, ex agente segreto americano a Milano durante la guerra, formulò l’ipotesi che Mussolini fosse stato ucciso da agenti segreti inglesi, interessati a impossessarsi del famoso carteggio. L’inchiesta riporta la testimonianza di Bruno Giovanni Lonati, a quel tempo partigiano comunista nelle Brigate Garibaldi a Milano, che dice di essere stato, insieme ad un agente italo-inglese di nome John, l’esecutore materiale dell’uccisione di Mussolini.
Lonati sosteneva, anche, l’esistenza di una foto che proverebbe la sua versione dei fatti, ora segretata insieme al rapporto sulla missione e custodita a Milano presso l’ambasciata inglese che, nonostante siano ormai trascorsi i 50 anni previsti dal segreto militare, si rifiuterebbe di rendere pubblica.
di Matteo Castagna
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La triste fine di un epoca della civiltà italiana nata da ingegnosi architetti e dal duce non può essere ancora motivo di segreto almeno,chi non sa non parli MA CHI SÁ LO FACCIA…ciao fabio