La querela a Saviano e la libertà di espressione – Nel dicembre del 2020, durante una puntata della trasmissione Piazzapulita di La7, Roberto Saviano fu intervistato da Corrado Formigli a proposito della morte di un bambino della Guinea durante una traversata nel Mediterraneo. La risposta fortemente teatrale dello scrittore napoletano trapiantato a New York fu la seguente: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong, taxi del mare, crociere… viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore, descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”.
La querela di Giorgia Meloni
“Bastardi” una parola che gli costerà una querela per diffamazione da parte dell’attuale premier, Giorgia Meloni. Diffamazione, parola sul cui significato, lo scrittore ormai considerato martire dell’intellighenzia di sinistra, sembra avere le idee un po’ confuse, ma non è l’unico.
Ci pensa Michela Murgia
Pronta a dar man forte al deus ex machina dell’immigrazione è proprio lei, Michela Murgia. La paladina in difesa dei diritti delle donne, forte sostenitrice di quel DDL Zan che è diretto proprio alla lotta contro le parole d’odio, in primis verso le categorie considerate più fragili come donne, disabili e appartenenti alla comunità lgbtq+. La stessa pasionaria sempre in trincea contro il patriarcato, il sessismo, la misoginia. L’eroina della lotta al fascismo al punto da creare il fascistometro, ricoprendo così anche il ruolo di ingegnere sempre in difesa della “Matria”. Eppure, nonostante questo prodigarsi in difesa dell’universo in rosa e nella sua costante lotta all’odio, la fuoriclasse femminista appoggia e difende il sodale Saviano che ha dato della bastarda a un leader politico ma principalmente a una donna e a una madre, descrivendo il collega e compagno di trincea come una vera e propria vittima della destra.
Tra pochi giorni la parola al giudice
In occasione della prossima udienza del processo in cui Roberto Saviano è imputato per diffamazione contro Giorgia Meloni – che si terrà a Roma, il prossimo 15 novembre – la Murgia ha annunciato la sua presenza al processo dalle colonne dell’Espresso: “Il 15 novembre c’è il rinvio a giudizio di Saviano, reo di aver detto una parola contraria a Meloni e Salvini sulla responsabilità dei morti nel Mediterraneo”. La scrittrice si guarda bene dal pronunciare l’insulto rivolto al futuro premier, derubricandolo a critica politica, anzi a “cultura”: “Il primo gesto di Meloni da presidente del Consiglio – scrive Michela Murgia – potrebbe dunque essere quello di portare alla sbarra un intellettuale di fama internazionale che le ha espresso dissenso. A quell’udienza ci sarò anche io. Voglio vederla in faccia questa destra che appena sente la parola cultura mette mano alla querela”.
Cultura e diffamazione
L’art 595 del Codice Penale è chiaro nel definire la fattispecie di reato consistente proprio nella diffamazione: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente (ingiuria, oggi illecito civile) comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a mille trentadue euro.”Inoltre, il terzo comma: “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa [57-58bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [2699], la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinque centosedici euro”.
Letti gli articoli, la domanda da porre alla donna in difesa delle donne è la seguente: apostrofare una persona con l’epiteto “bastarda”, rientra nei commi sopracitati o nell’art 21 della Costituzione che riconosce il diritto alla libertà di pensiero? Di conseguenza è diritto di manifestazione del dissenso dare del “bastardo” a chi ha un’opinione diversa? O forse per la fuoriclasse dei diritti in rosa vale il principio secondo cui tutte le donne sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre?
Il soccorso rosso
Domande da rivolgere anche al resto dell’intellighenzia rossa, visto che la solidarietà verso Saviano non è certo mancata da parte di altri intellettuali, giornalisti ed influencer.
Proprio come successo sulla prima pagina de La Stampa di Torino lo scorso 8 Novembre in cui è stata riportata una lettera aperta, “Appello alla Meloni affinché ritiri le denunce”. a firma di un’associazione di scrittori “liberi” raccolti attorno a Pen International – associazione mondiale di scrittori dedita alla promozione della letteratura e alla difesa della libertà di espressione -.
Una lettera nella quale si rivolgono direttamente al premier Giorgia Meloni con la richiesta di ritirare la querela.
“La esortiamo a ritirare la sua denuncia contro di lui e a fare tutto ciò che è in suo potere per sostenere il giornalismo d’inchiesta e i media indipendenti. Saviano è stato più volte preso di mira per aver espresso pacificamente le sue opinioni. Le ultime accuse contro di lui sono purtroppo emblematiche di una tendenza preoccupante in Italia, dove giornalisti e scrittori lavorano consapevoli di poter essere denunciati e incarcerati per quello che dicono o per quello che scrivono (…) portare avanti questa causa in qualità di Presidente del Consiglio, può solo inviare un messaggio agghiacciante a tutti i giornalisti e gli scrittori italiani, e spingerli a non osare più parlare per paura di rappresaglie. Saviano non è solo. Noi siamo con lui e continueremo ad attivarci fino a quando tutte le accuse di diffamazione contro di lui non siano ritirate, e fino a quando il suo diritto di esprimere pacificamente le proprie opinioni non sia garantito una volta per tutte”, firmato Bhuran Sonmez, presidente di PEN International.
Parole indubbiamente toccanti che palesano l’amore per un’informazione libera e vera. E proprio per questo motivo, verrebbe da chiedere a tutti questi garanti della libera informazione dov’erano mentre giornalisti come Francesca Totolo venivano aggrediti da attivisti ONG oppure mentre giornalisti di inchiesta come Francesco Amodeo venivano e vengono tuttora censurati?
Riguardo la libertà di stampa
Di cosa si stava occupando PEN International mentre giornalisti come Lilli Gruber partecipavano alle riunioni del gruppo Bilderberg, un think-tank che riunisce personaggi di spicco nel mondo della politica, dell’industria, della finanza e dei media provenienti da Europa e Stati Uniti , noto per i suoi caratteri elitari -si può partecipare solo su invito – e per l’alone di segretezza che circonda ogni conferenza – la location viene svelata solo due giorni prima dell’evento e le riunioni si svolgono a porte chiuse -?
Da cosa era distratto Bhuran Sonmez quando Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, confessava nel 2019, nel corso di un’intervista televisiva ai microfoni di Tv2000, di aver volutamente taciuto sui settecento neonati morti per la crisi economica greca così da non dare armi in mano alla propaganda degli euroscettici?
La “Fattoria dei… Giornalisti”
Forse per i pretoriani del quarto potere vale il principio secondo cui tutti i giornalisti sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri? Sarebbe questa la loro idea di uguaglianza, libertà e giustizia? Ossia una condotta impregnata di ipocrisia, doppiopesismo e arroganza? Un’arroganza confermata, infatti, dallo stesso Saviano: “A Meloni e Salvini niente scuse, direi di nuovo bastardi” Affermazione esternata il giorno dopo la pubblicazione dell’appello di PIM international ma che conferma soprattutto quanto detto da un conterraneo dello stesso Saviano, Eduardo De Filippo: “Io ti dico che l’uomo è uomo quando non è testardo. Quando capisce che è venuto il momento di fare marcia indietro, e la fa. Quando riconosce un errore commesso se ne assume le responsabilità, paga le conseguenze, e non cerca scuse”.