La profonda “cultura” dell’odio antifascista
Il parallelismo diacronico e trasversale potrà apparire azzardato, ma ad una attenta riflessione, non vi è nulla di più coerente e consono con quanto sta avvenendo da decenni, nel mondo, in Europa e con manifesta, tragica evidenza anche In Italia.
Certamente è opportuno ricordare come i fatti della Pennsylvania non siano eccezioni isolate, ma, al pari degli omicidi e dei tentati assassini – come quelli a Robert Fico (Presidente della Slovacchia), a Shinzo Abe (esponente nazionalista Giapponese), e John Kennedy (per restare in territorio americano) – siano esempi di agguati a leader non allineati e scomodi, i quali si sono schierati contro l’establishment e vengono conseguentemente colpiti per ciò che rappresentano.
Non importa la manovalanza dell’attentato, importa la regia occulta, il disegno malefico di chi, non accettando le sconfitte elettorali e le scelte/alternative democratiche, utilizza ogni metodo, subdolo, occulto o diretto, per sovvertire, cancellare, alterare il giudizio del popolo sovrano.
Le lacrime dei media
Poco importano le lacrime di coccodrillo dei media occidentali e dei manutengoli di basso profilo dei vertici della Ue; a nulla servono le ipocrite costernazioni di facciata dell’ultima ora.
Questo tentato omicidio è il frutto di politiche dissennate di leader codardi, di ostracismi concertati, di scelte miopi e prive di prospettive.
Chi ha messo il fucile in mano all’attentatore, di fatto, è stato legittimato dal clima di calunnie, odio e marginalizzazione nei confronti di un leader, certamente imperfetto, ma di roboante rottura verso politiche e scelte internazionali e che vanno, da sempre, contro gli interessi e le aspettative di una Europa libera e sovrana.
Ma restando allo specifico della matrice “ideologica” di queste aberranti scorciatoie e degenerazioni violente, antipopolari e antidemocratiche, pochi dubbi emergono riguardo all’humus ed alla confusa e delirante pastoia che la alimenta: l’antifascismo.
Che venga poi declinata in forme ed espressioni differenti, nel tempo e nei luoghi, poco cambia; sempre quello è alla base di una cultura di odio e discriminazione, fatta di disprezzo del diverso, di negazione del dissenso, di incitazione alla sua sopraffazione, ghettizzazione ed eliminazione, prima, ideologica, poi, e culturale. Alle estreme conseguenze, materiali e fisiche.
Antifascismo politico italiano
La massima espressione, di questo pensiero marginalizzante e criminalmente esclusivo, è l’antifascismo politico italiano, in nome del quale, nelle radiose giornate della “liberazione”, a guerra finita, sono stati sterminati migliaia di connazionali, con picchi eclatanti, per intensità di violenza e sistematicità, nel “triangolo rosso”, come in tutto lo stivale.
Intere famiglie, donne uomini ed adolescenti senza riguardo a età, genere e, soprattutto, a eventuali colpe e responsabilità, sono state fatte oggetto di esecuzione sommaria. Per uccidere a man salva, era sufficiente il solo sospetto di contiguità ideale o anche di mera parentela, con il sistema sconfitto.
Le terre irridente di Istria Fiume e Dalmazia, in nome dello stesso antifascismo strumentale, sono state tragico scenario di un bagno di sangue senza precedenti, con infoibamenti e deportazioni di massa.
Migliaia di compatrioti hanno subito la furia cieca di questa deviata e criminale depravazione ideologica, per la sola “colpa” della appartenenza italiana.
Il filo rosso dell’odio non si è mai interrotto nel nostro Paese, ed in nome della stessa “teoria di morte”, l’Italia ha dovuto conoscere la follia sterminatrice degli anni di piombo ed il sacrificio di decine di giovani e militanti, in nome di un pensiero, ahimè dominante, minimizzato, tollerato e sostenuto anche dalla maggioranza democratica e benpensante per la quale, in fondo “uccidere un fascista non era reato”.
La complicità continua
La stessa minimizzazione e gravissima complicità (di fatto), per cui in Italia, nel 2024, viene reputata ordinaria prassi politica, aderire ad organizzazione estremiste e criminali, che fanno della eliminazione fisica dell’avversario, ritenuto meritevole di condanna popolare e giustizia sommaria, l’unica ragione della propria inutile esistenza.
E allora il passo dalla “volante rossa” alle foibe, dal rogo di Primavalle alla Hazet 36 sul cranio di Ramelli, alla Salis ed ai suoi compagni martellatori, è breve ed è connotato dallo stesso criminogeno e delirante connettore e conduttore: l’aberrazione antifascista.
Luca Armaroli
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