La caduta di Avdiivka

La caduta di Avdiivka

La caduta di Avdiivka – La città fortificata di Avdiivka, da 10 anni perno delle forze armate ucraine in Donbass – piazzaforte collocata ad appena 9khm a nord della città ribelle e filorussa di Donetsk, su cui pesava come eterna spada di Damocle, con le sue batterie di artiglieria sempre pronte a martellare indiscriminatamente anche i quartieri civili della capitale della repubblica separatista – dopo 4 mesi di battaglia attiva, è caduta.

Le operazioni offensive russe si erano avviate a partire dal 10 ottobre 2023, appena successivamente all’esaurimento della fallimentare offensiva ucraina sul fronte di Zaphoryza. I russi erano passati, con baldanza, all’attacco, muovendo con folte colonne di mezzi corazzati, con una delle più classiche manovre a tenaglia, attaccando dal villaggio di Krasnogorivka (conquistato dai russi, oltre la linea di contatto del 2014 dopo un anno di faticosi combattimenti), a nord della città, e dalle loro posizioni a sud-ovest di quest’ultima, di Vodyane e Opytne. Verosimile il punto di congiunzione della tenaglia doveva essere il villaggio di Orlivka, da raggiungere dal braccio nord tramite i villaggi di Stepove e di Berdychi e da quello sud tramite il villaggio di Sjeverne.

La manovra, piuttosto ovvia, sembrava mirare alla possibilità di ottenere un veloce sfondamento delle linee difensive ucraine, in modo da accerchiare la città di Avdiivka, recupere un concetto di guerra in movimento tramite l’immissione di una preponderante componente mobile e corazzata, evitare di dover combattere sulle posizioni pesantemente fortificate di Avdiivka, con la sua rete di trincee, bunker, campi minati in essere sulla linea di contatto a ridosso di Donetsk.

Le iniziali difficoltà russe

La prima fase dell’offensiva russa non è andata sicuramente secondo i piani, dal momento che gli sfondamenti attesi non si sono verificati e anzi il mese di ottobre è stato costellato dalla costante pubblicazione da parte ucraina di video delle colonne corazzate russe bersagliate dal fuoco di artiglieria, di armi anticarro e di droni.

Le difficoltà incontrate dai russi nel tentativo di ristabilire una guerra di movimento, sono in parte assimilabili a quelle esperite dagli ucraini nel corso dell’offensiva estiva.

A quanto sembra, in questa guerra in cui il territorio è costantemente sotto osservazione da parte di droni e mezzi di ricognizione, muovere in campo aperto con formazioni dense di mezzi, considerata la precisione delle armi d’artiglieria e anticarro di cui entrambe le parti sono dotate, è un’operazione estremamente pericolosa, per non dire non suicida.

Dopo un primo sfondamento oltre la linea della ferrovia che separa Krasnogorivka da Stepove e da Berdychi, le colonne russe si sono trovate costantemente ad essere facili bersagli per gli ucraini, che pur soffrendo una generale carenza di munizioni e di mezzi d’artiglieria, hanno senz’altro concentrato in questa settore la propria potenza di fuoco.

Solo faticosamente i russi sono riusciti a stabilire le proprie posizioni sulla linea della ferrovia, arrivando al più, nel corso del mese di gennaio, a lambire Stepove, oggetto di ripetuti e fallimentari slanci offensivi.

Situazione simile sul fianco sud, dove i russi non sono mai riusciti a sfondare le difese fortificate ucraine di Sjeverne.

Il fattore fanteria

Solo il 25 ottobre, con un primo cambio di approccio operativo – volto a lasciare maggior spazio all’azione della fanteria, capace di muoversi in piccoli gruppi e a piccoli passi, coperta da un ombrello di costanti bombardamenti aerei e di artiglieria, finalizzato a mettere sotto pressione i fianchi di Avdiivka, piuttosto che a conseguire una grande e rapida manovra di accerchiamento della città – la fanteria russa riusciva ad impossessarsi del “terrikkon” ovvero di una collina data dagli scarti di lavorazione carbonifera situata a nord-est della città, vicino al punto di congiunzione dell’area industriale e di quella propriamente urbana, posizione sopraelevata da cui i russi hanno incominciato ad essere capaci di esercitare una costante pressione sui principali snodi logistici della città.

In ogni caso, fino a gennaio, i tentativi di sfondamento sono sempre continuati, risolvendosi nella perdita di oltre 200 carri armati con scarsi sviluppi sul terreno.

Operazione tubo

Una svolta si è invece avuta con la cosiddetta “operazione del tubo” del 20 gennaio 2024, ossia una ardita ed ingegnosa operazione di infiltrazione di una compagnia di circa 150 uomini delle forze speciali russe, oltre le linee trincerate ucraine sul fianco sud della città, presso il quartiere di Tsarska Okhota, grazie allo sfruttamento di alcune condotte fognarie identificate dal genio russo.

Genieri russi hanno lavorato per settimane nel sottosuolo per spurgare e rendere agibili i condotti, coprendo i rumori dei lavori con un tiro costante di artiglieria e di colpi di mortaio sulle posizioni ucraine in superfice. A lavori ultimati i soldati russi sono così sbucati dai condotti della fognatura alle spalle delle trincee ucraine, creando lo scompiglio nella linea difensiva nemica.

I russi nel varco

Immediatamente, nel varco apertosi, i russi hanno immesso truppe, creando un saliente di penetrazione nel quartiere residenziale e attorno a via Soborna, approfittando della posizione sopraelevata data dalla conformazione del terreno.

Da lì, oltre che incunearsi nella difesa ucraina, potevano anche mettere sotto tiro la via di comunicazione per la base “Zenit”, una base antiaerea fortificata collocata a sud dell’anello del tracciato autostradale di Avdiivka che rappresentava il perno forte della difesa ucraina sul proprio fianco meridionale e posizione più avanzata degli ucraini verso Donetsk fin dal 2014.

Poteva dirsi aperta la fase di crisi strategica della difesa ucraina. Vista la rilevanza dell’area, gli ucraini hanno cercato di contrattaccare, fallendo però nel tentativo di smuovere i russi dalle proprie posizioni attorno a via Soborna, sguarnendo anzi il fianco nord-est del dispositivo difensivo.

I contrattacchi ucraini, infatti, sembrano aver esaurito le risorse umane delle brigate impegnate per la difesa della città (il tema della scarsità di uomini, insieme alla scarsità di munizioni, sembra essere ormai il dramma ricorrente e conclamato dell’esercito di Kiev); i russi hanno così potuto condurre un’offensiva, sostenuta da una debordante superiorità di fuoco, nel quartiere nord-est di Avdiivka, appena a sud dell’area industriale, tagliando di conseguenza la principale arteria logistica della città.

L’utilizzo dell’arma aerea

Un ruolo maggiore è stato inoltre svolto dalla superiore potenza di fuoco russa veicolata dall’arma aerea, la VVS è stata infatti capace di offrire un sempre crescente supporto di bombardamento tattico, supporto che sembra aver spezzato le difese ucraine all’interno della città (nell’ultima settimana si sono contati almeno 100 lanci al giorno di FAB500 e FAB1500, bombe plananti ad alto potenziale esplosivo).

A quanto pare, la decisione di Zelensky, formalizzata l’8 febbraio ma ampiamente preceduta da notizie di dissidi tra i due, di dimissionare il generale capo di stato maggiore Zaluzhny sarebbe stata determinata dalla ritrosia di Zaluzhny a voler acconsentire ad una difesa ad oltranza della città (sulla falsariga di quanto già fatto, con grave danno, a Mariupol, Severodonetsk e Bakhmut), oltre che ai dissapori espressi da Zaluzhny circa il progetto, chiaramente impopolare, di ulteriore mobilitazione di 500.000 uomini per nutrire lo sforzo bellico ucraino.

I primi guai per Syrsky

Il neonominato generale Syrsky, mobilitando un’unità di élite come la terza brigata meccanizzata Azov (già impegnata sul fronte di Bakhmut), sembrava invece deciso a contrattaccare e a voler metter un freno alla penetrazione russa.

I contrattacchi della terza brigata, tuttavia, vista anche la carenza cronica di munizionamento pesante (l’ultimo pacchetto di forniture americane è del 27 dicembre 2023, da allora l’assistenza americana si è azzerata, in attesa di nuove deliberazioni del Congresso; al momento sospese per volontà dello Speaker della Camera dei Rappresentanti, il trumpiano Mike Johnson) e la netta superiorità russa in termini di uomini, mezzi e potenza di fuoco sono tutti falliti.

A partire dal 14 febbraio l’arteria principale del viale delle Industrie era tagliata fisicamente, la via già in precedenza era a portata di tiro dei russi, i russi muovevano così verso il villaggio di Lastochino e i campi a ovest della città. Con le vie di comunicazione a nord tagliate, per gli ucraini era impossibile rifornire le proprie truppe nel resto della città, ormai a rischio accerchiamento.

Una rotta più che una ritirata

Per la ritirata restava disponibile appena un corridoio di circa 2khm per i campi, di fatto un campo di tiro per il fuoco incrociato russo

Il 15 febbraio cadeva la base aerea “Zenit” , ormai accerchiata.

Tra il 15 e il 16 febbraio, in maniera autonoma e disorganica, reparti ucraini incominciavano a ripiegare dalla città cercando di imboccare il corridoio tra Severnje e Lastochino, arrivato a restringersi fino ad appena 600 metri, subendo l’intenso fuoco incrociato russo e i bombardamenti aerei e di artiglieria.

Il 17 febbraio il generale Syrsky ordinava la ritirata generale, verosimilmente constatando una situazione già in atto sul campo.

All’alba del 18 l’intera città, senza conoscere un’incessante serie di combattimenti urbani come Bakhmut, è in mano russa, con i russi che continuavano a premere su Lastochino, centinaia di soldati ucraini cadevano prigionieri nelle mani russe nelle aree centro-orientali della città.

Alla caduta di Avdiivka seguono notizie di nuove manovre offensive russe attorno a Rabotine e su tutto il fronte di Zaphoryza, difficile dire se questo sia il preambolo di una nuova grande offensiva russa o meno.

Filippo Deidda

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