La battaglia per la vita: intervista a Maria Rachele Ruiu di Pro Vita&Famiglia – Denatalità, educazione gender, suicidio assistito. Temi sempre più scottanti e di cui parleremo con Maria Rachele Ruiu, rappresentante di Pro Vita e Famiglia.
Quali sono le cause della denatalità in Italia? Di conseguenza quali sono le proposte di Pro Vita e Famiglia per risanare la situazione?
Le cause della denatalità vanno ricercate in un piano economico, ma soprattutto su un piano culturale, ossia nella mancanza di speranza che attanaglia il nostro Paese.
Il problema è che, secondo i dati, ci sono quasi tre milioni di italiani che vorrebbero fare figli o altri figli e non possono. È un grande desiderio di genitorialità paralizzato, a cui Pro Vita e Famiglia intende dare voce.
Proponiamo, infatti, un vero e proprio piano per una crescita delle nascite: interventi strutturali sul tema della natalità e della famiglia, che sostengano le coppie che desiderano avere un figlio e che oggi vedono questo desiderio come una grande difficoltà, come un passo insormontabile da compiere.
Che invitino i giovani a sognare in grande!
Ma è necessario lavorare su due binari: quello economico, sicuramente importante, ma anche quello culturale.
La crisi demografica è, infatti, sicuramente figlia di una cultura che indica i figli come inciampo di carriera, come costi da allocare e non investimento; che confonde i giovani con ideologie che strappano loro l’identità, non permettendogli di sperimentare la relazione autentica e quindi l’amore.
Ideologie che propongono relazioni “a tempo”, di convenienza, infeconde perché incapaci di andare oltre sé: donne che non possono fare spazio, uomini che non possono custodire e visti come nemici a prescindere.
Pro Vita e Famiglia è convinta che la rivoluzione culturale debba partire da qui, da questa alleanza feconda: uomini maturi, onesti, buoni che stiano accanto alle donne; direi anche soprattutto padri, quando si tratta di scelte sulla natalità.
È parimenti urgente buttare giù il castello ideologico sull’aborto, che nega innanzitutto il dolore che questo procura, tanto ferocemente da soffocare anche il dolore perinatale e prenatale dell’aborto spontaneo.
È urgente che alla donna venga restituita la verità su cosa è l’aborto e su quali sono le conseguenze che pagherà sulla propria pelle, oltre a quella del figlio. È urgente che ad una mamma in difficoltà siano proposte tutte le soluzioni per superare le difficoltà in cui si trova (economiche e sociali), le sia raccontato cosa è davvero l’aborto, quali le conseguenze fisiche e psicologiche, che le sia data la possibilità di custodire il bambino fino alla nascita, anche qualora le fosse davvero impossibile crescerlo.
In sintesi, che le sia data la possibilità di custodirlo fino alla nascita, senza che questo possa significare per lei un sacrificio da accollarsi in solitudine.
Per far rifiorire una primavera demografica, infatti, è necessario testimoniare ai giovani che far famiglia rende felici.
Alleati con i nostri mariti, compagni, padri, fratelli, noi donne, tutte, possiamo riscoprire pienamente la nostra femminilità e, nella libertà, la nostra maternità.
Insomma, perché la primavera possa rifiorire come in un giardino, è necessario testimoniare che non solo è urgente, non solo è giusto, ma è anche bello e conveniente accogliere la Vita, come facciamo ogni anno, invadendo Roma di gioia con la Manifestazione nazionale della vita.
La Vita è sempre una bellissima notizia per tutta la società, e l’Italia lo sa, noi vogliamo farci megafoni di questa Speranza, che aiuterà il rifiorire di una primavera demografica.
In Veneto c’è stato lo stop alla legge sul suicidio assistito. Quali sono le vostre proposte per evitare che si ricorra a simili misure? Ma soprattutto, è sempre possibile evitarlo o ci sono casi in cui Pro Vita è favorevole?
Intanto un accesso alle cure palliative che sia garantito a tutti coloro che ne avrebbero diritto, adulti e bambini, non solo ai malati terminali o ai malati oncologici, ma a tutte le persone affette da qualsiasi patologia dolorosa.
In Italia l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore a tutti i cittadini nel rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, dell’equità nell’accesso all’assistenza e della qualità delle cure, infatti, dovrebbe essere garantita dalla Legge 15 marzo 2010, n. 38, ma ne fruisce solo una piccolissima percentuale di malati (nelle regioni migliori meno di 4 pazienti su 10 che ne avrebbero diritto).
E no, non c’è nessun caso in cui alla domanda lecita di un uomo che domandi valgo la pena? si possa rispondere no.
Se il dolore insopportabile fosse un buon motivo per essere ucciso, chi impedirà che lo possa chiedere lo si chieda soffra per qualunque altra ragione?
Nei Paesi dove l’eutanasia è permessa: disabili, depressi e malati psichiatrici vengono uccisi. E adesso anche i drogati, i carcerati, i poveri. E chiunque potrà arrogarsi il diritto di dire quale vita è degna di essere vissuta e quale no. Infatti, non solo te o la tua la famiglia.
Lo Stato NON deve uccidere i suoi cittadini.
Deve, al contrario, sempre e comunque proteggerli come fa già con il divieto di automutilazione e imponendo l’uso del casco e della cintura di sicurezza.
Si tratta di assicurare a tutti le giuste e tempestive cure, di amare ogni essere umano fino alla sua morte naturale con solidarietà e rispetto, accompagnandolo con la palliazione alla sua morte naturale che sia dignitosa e con accanto i cari.
Qualche giorno fa, voi di Pro Vita avete denunciato lo spettacolo Drag Queen per bambini al Teatro “Le Maschere”. Perché, nonostante un governo palesemente contro l’educazione gender ai bambini, continuano a verificarsi simili episodi? Di conseguenza quali sono le vostre proposte per porvi fine?
È un bombardamento che coinvolge tutto il mondo occidentale, ma subdolo, nascosto dietro a obiettivi che si presentano encomiabili.
E’ necessario, per questo, continuare a denunciare ed urlare che il Re è nudo ogni qualvolta sia necessario, anche se non è sempre conveniente (per farle un esempio abbiamo avuto l’opportunità in queste ultime settimane di confutare in televisione la notizia per cui gli uomini resterebbero incinta); restituire alla realtà parole che non mistificano; e raccontare le conseguenze nefaste di questa ideologia, e la sofferenza e la morte di chi è rimasto vittima di un esperimento sociale quale è l’approccio di genere (sempre in televisione abbiamo potuto raccontare come l’approccio affermativo figlio di questa ideologia, per cui i bambini e i ragazzi vanno accompagnati alla transizione, si stia rivelando fallimentare nei Paesi che lo hanno sperimentato e che, ormai da anni, lo stanno abbandonando a causa dei numerosi ragazzi che da adulti decidono di “tornare indietro” rispetto alla transizione, rimanendo però segnati da numerose ferite fisiche e psicologiche, alcune delle quali indelebili, che hanno confuso ormoni, strappatati i seni o i genitali, o la capacità di avere un rapporto sessuale soddisfacente, o fertilità).
Dall’altra, abbiamo denunciato il grande inganno della carriera alias, che incoraggia minori o i giovani adulti che non si trovano ad agio con il proprio corpo a vivere l’identità contrastante con il proprio sesso, cioè a intraprendere una transizione sociale, spingendoli a intraprendere percorsi irreversibili e/o non privi di gravi problematiche per la salute psicofisica (operazioni chirurgiche, abituale assunzione di ormoni, ecc.), inutili, dal momento che è acclarato che la disforia di genere nei minori nella maggior parte dei casi (oltre il 90% dei maschi e l’85% delle femmine) si risolve spontaneamente con la maturità, ma anche che una volta intrapresa la transizione sociale, per un ragazzo o una ragazza fragile è difficilissimo tornare indietro.
E, sempre nelle scuole, progetto per progetto, stiamo sostenendo e aiutando i genitori perché possano difendere il loro diritto di priorità educativo, anche grazie al nostro braccio operativo nel mondo della scuola, Generazione Famiglia, che siede a tavoli istituzionali del FoNAGS e FoRAGS.
Nemes Sicari