Intervista: Chi ha paura delle Foibe? Intervista allo storico Nicolò Dal Grande – Nel corso dell’Operazione Nubifragio, condotta il 10 dicembre 1943, l’esercito tedesco occupò l’Istria; in quegli stessi giorni i vigili del fuoco di Pola, guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich, si occuparono di estrarre i corpi gettati in una foiba profonda 136 metri e tra questi fu rinvenuto anche quello di Norma Cossetto, la studentessa istriana violentata e uccisa all’ età di 23 anni, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943,nei pressi della foiba di Villa Surani.
Il volto di Norma Cossetto è diventato il simbolo delle stragi titine in Istria, abbiamo raggiunto lo storico Nicolò Dal Grande per fargli qualche domanda a riguardo
Secondo lei qual è la tesi più credibile per quanto concerne la morte della Cossetto?
Tra le due versioni, una molto dettagliata nel martirio della povera Norma, una più semplice, nella mia formazione ho abbracciato la prima che reputo più completa, in quanto ho assistito anche alla testimonianza diretta della sorella che ebbi fortuna di conoscere prima che scomparisse.
Una donna che non dava sentore né di ideologia alle spalle né di avere un senso di vendetta, ma vedevi solo una persona sofferente che raccontava le vicende capitate alla sorella.
Tuttavia, a parer mio, non si pone il problema in sé di principio, in quanto Norma è un simbolo.
Rappresenta quanto accaduto nel martirio delle genti italiane dell’Istria, della Venezia Giulia, della Dalmazia nel corso di quella tragedia che corrisponde alla fase finale della Seconda guerra mondiale, ossia quella decisiva tra il ’43 ed il ’45, che ha visto un crollo dello Stato italiano e l’inizio di una guerra civile cruenta. Una vicenda che si colloca nel fronte orientale/jugoslavo, forse il più violento della Seconda guerra mondiale.
Perchè non è neanche da porsi il problema tra le due versioni?
Perché Norma è un simbolo, è vero, ma Norma è anche una di130 persone estratte; quindi, se il corpo avesse o meno segni corporei più evidenti o meno oppure segni o meno di decomposizione, per me è irrilevante.
Norma è stata vittima di un eccidio di più di 130 persone.
Subì violenza o non subì violenza?
Io sostengo che, molto probabilmente, la subì. Le testimonianze e le fonti storiche che ho avuto modo di studiare e anche per quelle dirette che ho avuto modo di appurare lo dimostrano. Però ripeto, ciò non cambia la sostanza: fu una vittima di una violenza barbarica, di un eccidio ingiustificato.
Non si trattò di una rappresaglia, si trattò di una vera e propria esecuzione di cittadini italiani dell’Istria, in questo caso, che finirono poi infoibati. Che fosse vittima di violenza o meno, fu vittima comunque di un eccidio e questo fatto è indiscutibile.
Un fatto barbaro che si inscrive in una delle più grandi follie della storia che è stata la Seconda guerra mondiale.
Uno dei tanti massacri, uno dei tanti eccidi, una delle tante violenze: uno dei momenti più cruenti.
Quindi non importa che versione sia.
Il fatto è che Norma fu vittima di un atto barbarico, di una violenza inaudita ed ingiustificata in quanto rivolta a una civile e a una giovane ragazza che non aveva fatto nessun crimine, se non quello di non collaborare con una presunta resistenza.
Secondo Scotti i veri responsabili dell’omicidio di Norma non furono partigiani jugoslavi, ma cani sciolti italiani della Resistenza.
Lei abbraccia la tesi di Scotti o i carnefici furono i partigiani jugoslavi?
Nei miei studi ho cercato in più occasioni di scoprire i nomi dei carnefici di Norma, dal momento che sono stati catturati, obbligati a vegliare la salma di Norma e quindi giustiziati. Li definirei banditi perché non sono né soldati né partigiani.
Quando uno si comporta in questo modo, e questo vale anche per qualsiasi uniforme porti un soldato, diventa un bandito, a prescindere se legittimato a farlo – ammesso che possa esistere una legittimazione per una barbarie del genere – nei confronti di un innocente.
Jugoslavi o italiani?
A parer mio è anche banale nel suo essere cercare di capire se siano italiani o jugoslavi, cosa cambia?
Si è trattato di bestie a prescindere dalla nazionalità ma, comunque sia, va tenuta presente una cosa: su quel fronte vi erano diversi elementi di sbandati jugoslavi che avevano aderito alla resistenza titina o titoista, ossia il nono corpus sloveno che sarà poi responsabile nelle foibe di fine guerra.
Ricordiamo infatti che le foibe avvengono in due occasioni; la prima è un’ondata rapida e cruenta nel ’43; la seconda, più atroce e sistematica, dal ’45 con la Repubblica Sociale ormai sfaldata e i tedeschi già in fuga.
Le vittime come Norma rientrano nella prima fase, corrispondente al crollo dello Stato italiano.
Tra il 25 luglio e l’8 settembre si sviluppa una grave crisi politica sotto il governo Badoglio, con l’armistizio di Cassibile e i fatti settembrini, con la vergognosa fuga del re e del governo italiano che prima sigla un armistizio, schierandosi di fatto con gli alleati, senza avvertire l’esercito e dandosi alla fuga, riparando in Puglia e abbandonando popolo e forze armate al loro destino.
È una fase di vera e propria anarchia.
Una fase che dura qualche settimana tra la fuga del governo, l’invasione tedesca e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana; in questa fase avvengono queste incursioni sul litorale adriatico e in Istria, dove si registrano le prime foibe.
Norma cade vittima di questi raid, generalmente attribuibili ai reparti della resistenza titina slovena.
Potevano esserci anche italiani o potevano essere degli sbandati?
Se fossero stati questi ultimi, perché infoibare 130 persone? Un brigante o uno sbandato in genere ammazza e lascia lì il corpo; chi ha fatto ciò aveva un modus operandi sistemico e una mente pensante alla base, ecco perché non è stata un’azione di sbandati.
Ciò non toglie che nel nono corpus sloveno potevano esserci degli italiani all’interno. Per italiano cosa intendiamo poi? Parliamo di etnia italiana o parliamo di cittadino italiano?
Ricordiamo che sotto il regime fascista diversi uomini o donne di etnia slovena si ritrovarono ad essere cittadini italiani dopo la Prima guerra mondiale con tanto di italianizzazione del cognome.
Ecco perché sono tante le variabili ed è anche vero che la resistenza Iugoslavia collaborò strettamente collaborò con la Brigata Garibaldi italiana.
La fine della Brigata partigiana “Osoppo”, trucidata dai partigiani jugoslavi su indicazione dei “garibaldini”, ne è un esempio.
Questa collaborazione è avvenuta anche con queste foibe? Non saprei dire con certezza.
Dunque, nell’eccidio del ’43 furono coinvolti anche partigiani italiani?
Difficile crederlo; possiamo ipotizzarlo ma va specificato che in quella fase la resistenza italiana non era così attiva ed era in fase di organizzazione.
È vero che vi erano degli sbandati, è confermato che vi furono dei disertori, è altrettanto certo che chi aveva rinnegato o rifiutato il fascismo combatteva inquadrato nelle file degli alleati, ma è anche vero che la resistenza è iniziata progressivamente non immediatamente, dopo l’occupazione tedesca per giunta. Va anche detto che vi furono tentativi di contatto tra la nascente Repubblica Sociale e le forze partigiane da cui però nulla si fece a causa dell’ala comunista della resistenza che spinse per la lotta armata, Ma questa è un’altra questione.
Quindi jugoslavi o italiani cambia poco, visto che si trattava a parer mio, ripeto, di banditi, per quanto inquadrabili nelle forze titine. Sono più propenso a pensare che fossero jugoslavi; possibile la presenza di qualche elemento italiano, sicuramente persone che Norma conosceva, perché l’hanno puntata conoscendola. Quindi è anche possibile che fossero cittadini del Regno d’ Italia prima della guerra sebbene di etnia slovena.
Che fossero partigiani italiani o elementi della resistenza italiana nascente, la vedo molto più complessa e difficile.
Perché a distanza d’anni esistono ancora negazionisti delle foibe? Di conseguenza come porvi rimedio?
Innanzitutto, va compresa una cosa, ossia come si evolve l’oscuramento della vicenda.
Un ruolo rilevante lo ricoprì il PCI che oscurò volontariamente la vicenda.
Da ricordare che nelle foibe non finirono solo italiani ma anche dissidenti del nascente regime titoista; vi finirono Ustascia croati e Domobranci sloveni, che attivamente avevano collaborato con l’Asse, ma vi finirono dentro anche semplici cittadini jugoslavi che rifiutarono l’adesione al regime nascente pur non essendo attivi politicamente, quindi dei dissidenti semplici.
Gli italiani ovviamente furono bersagli prediletti perché bisognava sradicare l’elemento italico, l’elemento cittadino di quelle zone; infatti, le campagne erano preponderanti di elementi slavi mentre le città erano preponderanti di elementi italiani.
Ma il PCI non fu l’unico responsabile dell’occultamento della strage.
Lo Stato italiano aveva necessità di relazionarsi nuovamente con lo Stato iugoslavo, posto sul confine nella nascente “cortina di ferro”: un nervo scoperto dove le tensioni sono altissime.
È molto probabile che si sia sviluppato un tacito accordo fra le parti: gli jugoslavi sono responsabili delle foibe ma anche detto che sullo Stato italiano pende l’accusa di crimini di guerra delle forze italiane durante l’occupazione. Ecco l’accordo tra Belgrado e Roma: “io oscuro le foibe, tu le rappresaglie italiane.”
Ma sul quadro influirono probabilmente anche pressioni esterne.
Siamo in piena guerra fredda e vi è la questione triestina. Trieste è una città libera rivendicata sia da Roma che da Belgrado. La città si solleva per l’Italia (1953) che di fatto la riannette.
Gli Stati Uniti non avrebbero mai permesso che Trieste finisse alla Jugoslavia, ma la Jugoslavia è anche un oggetto d’interesse per il blocco atlantico: Tito, infatti, rompe con Stalin.
Al blocco atlantico avere una Jugoslavia neutrale sulla cortina di ferro impedirebbe al blocco sovietico l’accesso al Mediterraneo e l’appoggio a Tito diviene di vitale importanza. Ciò comporta inevitabilmente la rinuncia italiana a rivendicare d’ora in avanti le terre istriane e dalmate, rinunciando anche alle zone “temporaneamente occupate” come Capo d’Istria, definitivamente perse con il Trattato di Osimo (1975).
Ecco perché le foibe vengono oscurate.
Poi, come detto, vi fu un silenzio “ideologico”: quello dei comunisti italiani
I comunisti hanno sempre sbandierato le efferatezze del regime nazista e di quello fascista, dipingendosi come i buoni, i liberatori del mondo e fautori del riscatto dell’uomo contro la prepotenza e il dominio del capitalismo e dei regimi nazionalisti, suoi mastini di guardia.
Ammettere le foibe, evidenziando che anche le mani del comunismo internazionale erano sporche di sangue, sottolineando inoltre il peso di parte della resistenza e del PCI nel favorire la perdita del litorale adriatico, avrebbe distrutto la già vuota retorica del comunismo quale “parte giusta” della storia.
Ancora oggi si nega il tutto per mantenere linda l’immagine della sinistra italiana e di parte della resistenza, quella collaboratrice dei titini.
Un comunismo che era tutto fuorché pacifista, capace anche di brutalità uniche come sono state le foibe ma anche altri episodi: pensiamo ai gulag sovietici o alle brutalità di Khmer rossi cambogiani.
Tutto questo si è trasmesso ideologicamente dalla cultura di sinistra sino ai giorni nostri. Come uscirne?
Prima di tutto non è stato solo il comunismo italiano e jugoslavo a negarlo ma anche il nazionalismo croato-sloveno contemporaneo ne è responsabile, sebbene un’apertura stia avvenendo in questi tempi da parte degli sloveni che si sono messi a censire le foibe.
Una mossa molto intelligente da parte di Lubiana, un bel segno di apertura, mentre nei croati troviamo ancora una resistenza storica, frutto di una forte ideologia di segno opposto che tende a costruire la memoria in chiave nazionalistica, come si evince dai tentativi di appropriarsi della memoria storica dalmata-veneziana vendendola come croata.
Come uscirne quindi?
Non ricordando più le foibe come esclusivamente italiane ma come una violenza contro l’umanità, dove perirono non solo italiani ma anche croati, sloveni e tutti coloro che si opponevano alla dittatura titoista. Un eccidio di innocenti che toccò non solo cittadini italiani, la cui memoria dovrà essere condivisa anche da Slovenia e Croazia.
Questo può essere un percorso iniziale per dare giusta memoria a Norma e tutti i poveri martiri che perirono in quell’inferno”.
Nemes Sicari