Intervista a Desideria Raggi sul caso Enea – “Ciao mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che fosse tutto ok e stare insieme il più possibile”.
È questa la lettera che ha lasciato l’ignota madre del neonato di origine caucasica abbandonato nella culla per la vita del policlinico di Milano il giorno di Pasqua.
A quanto si apprende, la missiva parla di coccole e la mamma dice di volergli molto bene, ma di non potersi occupare di lui.
Però, come a voler rassicurare chi lo prenderà in consegna, racconta che il bimbo “è super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok”.
Al termine dei controlli, il bambino sarà dichiarato adottabile e si cercherà per lui una famiglia che gli garantirà la serenità che merita.
Una vicenda tanto dolce quanto amara, che ha riacceso tematiche scottanti come quella dell’aborto.
L’associazione Evita Peròn ha commentato la vicenda con le seguenti parole:
Non lo ha ucciso, non lo ha gettato tra i rifiuti, non lo ha venduto. Questo è coraggio, questo è il più grande gesto d’amore di una madre verso il proprio figlio. C’è sempre un’alternativa alla abominevole pratica dell’aborto.
Abbiamo intervistato il presidente dell’associazione Evita Peròn, Desidera Raggi.
Presidente, a proposito della culla per la vita, quali sono i passi avanti della politica a riguardo e cosa, invece, non è stato ancora fatto?
Mi lasci dire una cosa: grazie a Dio in alcuni ospedali italiani è stata reintrodotta la culla per la vita. La scelta della mamma di Enea è il più grande atto di coraggio e di amore che una donna può avere nei confronti del proprio bambino.
Nella sua disperazione ha trovato la lucidità di scegliere di proteggerlo nel suo grembo e di proteggerlo in un qualche modo anche dopo la sua nascita; non ha usato la via più semplice, la scorciatoia per liberarsene totalmente.
Nell’epoca dei grandi slogan strappa lacrime sui diritti umani ancora legittimiamo l’aborto come una grande conquista per le donne ma… Ci scandalizziamo se una donna decide di fare nascere il proprio figlio e lasciarlo in adozione: che grandissimo controsenso.
Sa cosa c’è di veramente triste ed inconcepibile in questa storia? L’assurda assenza dello Stato che, invece di attuare politiche sociali mirate a sostegno di giovani madri in difficoltà, delle famiglie bisognose, politiche di supporto mirate per le madri lavoratrici, stilare linee guida di tutela e supporto per i consultori, continua a legittimare la 194 definendola un diritto per le donne inviolabile invece di abrogarla istituendo leggi specifiche a tutela della vita nascente.
Nulla è stato fatto e nulla mai verrà fatto se continueremo a considerare che un bambino sia un peso, un ostacolo da eliminare facilmente.
Cosa vi ha spinto a questa conclusione e, di conseguenza, cosa si dovrebbe fare per disciplinarlo? A tal proposito cosa si aspetta dal governo Meloni spesso attaccato per le sue posizioni considerate “antiabortiste” e puntualmente smentite dallo stesso?
Non c’è nulla che deve spingerci alla conclusione che l’aborto è un omicidio legalizzato.
Parliamoci chiaro, chiunque sa che attraverso tale pratica si elimina una vita nascente, lo sanno anche tutti coloro che da sempre negano.
Se nota, ultimamente hanno smesso di nascondersi dietro la aberrante definizione di ‘ammasso di cellule’, non erano più tanto credibili; ora parlano di libertà di scelta, della libertà di disporre del proprio corpo come meglio si crede.
Ma da quando eliminare una vita e gettarla tra i rifiuti speciali viene definita libertà? La loro libertà deve esaurirsi nel momento in cui va a ledere l’altrui diritto di nascere, crescere e vivere.
Ma in merito ci aspettiamo ben poco, chi considera questo governo antiabortista evidentemente ha le idee confuse: la Meloni è stata chiara e più volte ha ribadito come la 194 sia un diritto per le donne da non toccare. E come dicevo prima, non c’è nulla da disciplinare semmai da eliminare.
Da donna e da madre, cosa pensa delle parole di Ezio Greggio che invitano la madre a riabbracciare il figlio, offrendole aiuto e supporto, e delle polemiche sollevate a riguardo. Tra queste la critica mossa da Luca Trapanese che ha considerato la frase “il figlio ha bisogno della madre vera” la più brutta di tutte?
Credo che le parole di Ezio Greggio siano parole sincere, l’aiuto ad una persona in difficoltà non dovrebbe mai essere in dubbio; sicuramente non è stato elegante sul finale, diciamo che si è espresso malissimo ma credo anche che non volesse screditare l’amore delle famiglie adottive.
Dalle parole di Greggio doveva scaturire un’unica indignazione contro questo stato (volutamente scritto in minuscolo) che non si preoccupa di aiutare il proprio popolo in difficoltà.
Non può essere un’associazione, un singolo cittadino, o una comunità ad organizzarsi per dare sostegno e supporto ad una madre in enorme difficoltà tanto da decidere che il meglio del proprio bambino sia quello di lasciarlo ad un’altra famiglia.
Questo deve fare inorridire ed arrabbiare ma evidentemente siamo abituati a tutto anche ad uno stato assente che governa solo per i propri interessi.
Rita Lazzaro