In ricordo di Paolo di Nella – Aveva 19 anni Paolo, come tanti ragazzi aveva sogni, ambizioni, paure, ma soprattutto, aveva un ideale e per questo motivo era da “colpire”. Una sera come tante, una sera che sarebbe passata come le altre per Paolo, quello che però non si aspettava, che quella sera, ad attenderlo c’era la morte.
Le affissioni del FdG
Era il 2 febbraio del 1983 era iniziata la campagna per l’acquisizione pubblica di Villa Chigi, il Fronte della Gioventù doveva fare affissione in zona, il pomeriggio non fu possibile, i carabinieri ne impedirono lo svolgimento dopo un controllo.
Ma Paolo era determinato, l’affissione bisognava farla. Verso le 22:00 prese secchio con la colla e i manifesti ed iniziò la sua attività di militanza.
Ad accompagnarlo c’era Daniela, una amica.
Per Paolo era un’attività normale affiggere manifesti, non era la prima volta e, pensava, non sarebbe stata l’ultima. Quella sera, però, c’era qualcosa di sospetto, due persone in motorino fecero più volte avanti ed indietro lungo il percorso scelto da Paolo per l’affissione.
Ne aveva attaccati molti di manifesti, ora bisognava coprire viale Libia. Erano le ore 00:45, Paolo scese dall’auto mentre Daniela lo aspettava in macchina, c’erano due giovani alla fermata dell’autobus seppure il 38 a quell’ ora non passava più.
Aggredito alle spalle
Paolo di dirige verso il tabellone che stava al centro strada quando uno dei due giovani si avvicinò a lui e lo colpì violentemente con un grosso corpo contundente alla tempia. Paolo si inginocchia ma ha la forza di rialzarsi subito, Daniela è preoccupata ma Paolo la tranquillizzò dicendo di non stare male, intanto i due codardi aggressori scaparono via a piedi verso il quartiere Africano.
Daniela accompagnò Paolo a Piazza Vescovio, lì c’era una fontanella, avrebbe potuto pulirgli la ferita.
Con dei fazzoletti si tamponò la ferita poi si fece riaccompagnare a casa. Prima di lasciarsi, Paolo fece promettere a Daniela di non dire nulla a nessuno.
Ora era a casa, si lavò i capelli e si mise a letto ma durante la notte, i genitori, furono svegliati dai suoi lamenti. Fu chiamato il medico che capì subito la gravità delle condizioni di Paolo, un’ambulanza lo accompagnò al Policlinico Umberto I dove, alle 4:00 del mattino, entrò in coma.
Ucciso a diciannove anni
Rimase in coma 7 giorni fin quando, il 9 febbraio, il suo cuore smise di battere e Paolo, da allora, avrebbe avuto per sempre diciannove anni.
In molti furono solidali con la famiglia Di Nella, compreso l’allora Sindaco di Roma Ugo Vetere e, per fino, Sandro Pertini, al tempo Presidente della Repubblica.
Anche Enrico Berlinguer volle inviare le proprie condoglianze alla famiglia tramite un telegramma.
Immediatamente iniziarono le indagini, il 14 febbraio fu reperito un volantino di Autonomia Operaia che rivendicava l’agguato. Ad essere sospettati due militari di A.O. della zona, Corrado Quarra e Luca Baldassarre, ma, tra dimenticanze, contraddizioni, errori, arresti con successiva scarcerazione, ad oggi non esistono colpevoli di quella vile azione.
Nessuno ha pagato
A distanza di quarant’anni, ancora nessuna giustizia per Paolo. Come tanti omicidi di giovani come Paolo, rimasero avvolti nel mistero.
Di chi è la mano che la mano che ha strappato la vita a quel giovane militante? In tanti sapevano, in tanti sanno, ma nessuno ha mai parlato. E Paolo così, rimane il giovane militante che attaccava i manifesti a viale Libia, è ancora lì, vivo nei ricordi di chi lo conobbe, negli occhi lucidi di chi partecipa alle sue commemorazioni, nel cuore di chi lotta nel suo nome.
Paolo è ancora lì morto perché credeva in qualcosa di profondo, di forte, di unico, qualcosa che faceva paura a tanti che, incapaci di spegnere con argomenti politici quelle fiamme ardenti nel cuore dei giovani militanti, scelsero la via della codardia decidendo di spegnere le loro vite.
Oggi come ieri, Paolo vive!