Il trattato pandemico dell’OMS, nuovo cavallo di Troia? – Tutela della salute pubblica o ennesimo attacco globalista?
Un po’ in sordina sta avanzando l’ennesimo attacco globalista alla sovranità degli Stati.
Nello scorso mese di luglio l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato una bozza di un possibile trattato di “prevenzione, preparazione e risposta” a eventuali nuove pandemie.
Il prossimo 4 dicembre l’Organismo Intergovernativo di Negoziazione (INB) terrà una riunione finalizzata a verificare se esiste un consenso globale “sufficiente” per ratificare l’Accordo Pandemico in tutti gli Stati membri che potrebbe spianare la strada alla ratifica del Trattato in tempo per la scadenza fissata del maggio 2024.
Le linee guida OMS
L’OMS intende portare avanti il progetto di un trattato pandemico che, nelle intenzioni, dovrebbe garantire fondi adeguati e linee guida univoche agli Stati nel caso di una nuova emergenza sanitaria ma che nella realtà si traduce in più potere per l’Organizzazione mondiale della sanità e meno diritti e autonomia per gli Stati subordinati a scelte politiche spacciate per sanitarie.
La prima preoccupazione è, quindi, che il trattato accresca ulteriormente il potere di una classe di burocrati internazionali, a discapito della sovranità dei singoli Stati e influendo su ogni campo sociale, in nome della sanità. Nonostante la foglia di fico del preambolo al documento in cui si riafferma “il principio della sovranità degli Stati nella cooperazione internazionale per affrontare questioni di salute pubblica”.
Nella bozza, più avanti, si spiega che si intende “rafforzare il ruolo centrale dell’OMS quale autorità che dirige e coordina il lavoro sanitario internazionale”. Si rischia dunque che gli equilibri si spostino in un senso ancora più globalista del recente passato, avallando limitazioni sempre più dure delle libertà personali. Quanto visto in due anni e mezzo di Covid, per l’appunto, non lascia tranquilli.
Viene richiesto, inoltre, un rafforzamento normativo per far sì che, in caso di pandemia, venga accelerato il processo di approvazione e autorizzazione dei prodotti per uso di emergenza in modo tempestivo.
Sappiamo bene che questo, pur con la normativa vigente, è già avvenuto nel corso della pandemia da COVID-19, quando, in considerazione della situazione emergenziale, sono state rilasciate autorizzazioni da parte di EMA e AIFA a farmaci la cui sperimentazione presentava carenze riguardo i dati sulla trasmissibilità del virus e sugli effetti avversi.
Le grinfie di Big Pharma
Carenze recentemente ammesse dai dirigenti della Pfizer.
Il vaccino anti Covid Pfizer “non è stato testato per prevenire l’infezione” anche perché “nessuno ce lo ha chiesto” e in ogni caso “non c’era tempo”.
Sono le testuali parole pronunciate da Janine Small (responsabile per i mercati internazionali di Pfizer) nel corso di una audizione al Parlamento europeo.
Con tanti saluti al “green pass” che “è una misura con i quali i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”.
Parole dell’allora primo ministro Mario Draghi.
Sul nuovo trattato pandemico attualmente in gestazione sono già state espresse perplessità da esperti di salute globale. Anche gruppi “pro vita” hanno espresso delle riserve sul testo preparatorio.
Sostengono, infatti, che il documento in questione, contiene un linguaggio che “potrebbe essere usato per promuovere l’aborto e l’ideologia di genere”, come osserva i l Friday Fax, pubblicazione dell’istituto di ricerca C-Fam, specializzato nel seguire le attività dell’ONU e nel fare lobbismo pro-vita.
L’OMS trascende il suo mandato
Nella bozza dell’OMS non compaiano esplicitamente termini quali aborto, diritti Lgbt, diritti sessuali e riproduttivi, orientamento sessuale e identità di genere, ma viene usato un linguaggio più sottile che fa leva su concetti come l’uguaglianza di genere, la non discriminazione, il rispetto della diversità.
Termini generici che lasciano comunque spazio a quelle forze nazionali e internazionali che vorranno usare il trattato pandemico per favorire la loro agenda “politicamente corretta”.
Del resto, la bozza, nel parlare dell’impatto delle pandemie, richiama la necessità di raggiungere gli “obiettivi di sviluppo sostenibile (Oss) e la copertura sanitaria universale”.
Ancora l’agenda 2030
Tra gli Oss dell’Agenda 2030, per altro intrisa di ambientalismo, figura anche, alla voce “uguaglianza di genere”, il traguardo di “garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo”, con cui si sottintende l’aborto. Il che conferma le preoccupazioni già espresse dai gruppi “pro vita”.
Intanto appare non privo di significatività il fatto che la Fondazione Gates sta investendo a piene mani nei think-tank internazionali per farla avanzare.
Il negoziato vero e proprio deve ancora iniziare e, quindi, è troppo presto per dare un giudizio definitivo, ma le premesse non sono incoraggianti.
La posizione del governo italiano
Specialmente se, guardando in casa nostra, consideriamo le affermazioni del nostro ministro della salute, Orazio Schillaci, che ha riconosciuto “la centralità dell’Oms nel quadro dell’architettura sanitaria internazionale e del suo ruolo di guida nelle politiche sanitarie globali”.
Non va dimenticato, inoltre, che l’appoggio al manifesto dell’OMS comporta pure un esborso in termini di contributi da versare con un aumento pari al 20% per ciascun Paese, come riportato da La Verità.
Le preoccupazioni GB
Bisogna, però, dire che non dappertutto si trovano gli stessi sentimenti.
È il caso del Regno Unito dove, infatti l’egemonia dell’OMS starebbe preoccupando alcuni membri dell’ala conservatrice che hanno inviato una lettera ai ministri per mettere in guardia circa le evidenti ambizioni dell’Organizzazione di passare da organismo consultivo a vera e propria autorità internazionale di controllo.
Andrew Mitchell, Ministro per gli Affari esteri, pur ribadendo la partecipazione del Paese alle trattative, ha risposto alle preoccupazioni annunciando l’intenzione di bloccare e prevenire qualsiasi ingerenza sulle politiche sanitarie nazionali.
Il pericolo è reale
Se l’OMS dovesse essere formalmente riconosciuta come “autorità mondiale in fatto di sanità pubblica” impegnando gli Stati non solo economicamente ma anche politicamente a seguire le “raccomandazioni” via via imposte, i margini per l’autodeterminazione degli stati potrebbero ridursi sempre di più.
Antonio Gatti
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