Il PCI e la strage delle Fosse Ardeatine – È del tutto naturale e giusto ricordare le tragedie del passato, dare alle stesse un meritato risalto; appartengono alla nostra storia e per questo debbono trovare la loro collocazione nella memoria collettiva di un popolo.
È, al contrario, indecente il protrarsi dello sfruttamento propagandistico, ciò che significa – sempre, senza eccezioni – manipolazione della verità, attraverso mistificazioni o racconti parziali.
Le 335 vittime della rappresaglia tedesca
Ricordando la tragedia delle Fosse Ardeatine, il presidente del Consiglio ha commentato con la frase “Uccisi perché italiani”, scatenando l’anpi e le opposizioni le quali hanno replicato : “Vittime italiane perché antifasciste”.
Antifasciste ma anche anti-pci
A cadere sotto i colpi alla nuca sparati da ufficiali e soldati tedeschi agli ordini del maggiore Kappler furono i vertici dei gruppi della resistenza non comunista, tra cui i militari monarchici del colonnello Montezemolo, quelli del Partito d’azione e di Giustizia e libertà, un gruppo di socialisti e diversi membri di Bandiera Rossa, un’organizzazione avversata dal partito comunista e che contava, al proprio interno, marxisti eretici, anarchici e anche anticomunisti, addirittura accusata dall’Unità clandestina, pochi giorni prima dell’attentato, di essere “strumenti al servizio di Goebbels”.
I veri motivi dell’attentato
Neanche un appartenente al partito comunista fu ucciso alle Fosse Ardeatine.
Ideata e realizzata dai GAP con lo scopo, velleitario e pretestuoso, d’innescare l’insurrezione nella capitale e preceduta da uno stillicidio di altri attentati mortali, la strage, ovviamente, determinò la feroce reazione tedesca.
Ciò che infatti volevano Rosario Bentivegna, Franco Calamandrei, Carla Capponi e soci; sacrificare appartenenti a forze concorrenti in favore degli interessi del PCI, in un riposizionamento all’interno del fronte antifascista.
E creare martiri su cui innestare una speculazione politica da cui, anche nell’anno di grazia 2023, in piena continuità rispetto al passato, gli eredi del PCI stanno ancora a raccogliere i frutti.
Gli “eroi” della Liberazione
Nessuno degli attentatori si costituì, anche nell’imminenza della sanguinosa rappresaglia, per salvare la vita di tanti innocenti.
“La sera dopo la strage di via Rasella – scrive Piero Buscaroli in “Dalla Parte dei vinti” – quegli eroi scappati e trionfanti sopra il carnaio ammucchiato dei Sud-tirolesi, furono ospiti nella casa di un signor Massimo De Massimi, loro amico, che sospettava o era stato informato e domandò a uno dei gappisti: “Siete stati voi ?” ricevendo, come risposta, un bel sorriso “Sì, vuoi denunciarci ?” “Non si tratta di denunce, la cosa non finirà qui. Ci sarà una rappresaglia sanguinosa…” “À la guerre comme à la guerre” tuonò l’eroe, e l’altro “Vite umane saranno sacrificate per voi, innocenti saranno uccisi. Perché non dimostrate il vostro coraggio costituendovi ? Non potrete mai vantarvi d’una simile azione fin che vivrete…”; si prese così il disprezzo dell’eroe: “Retorica, sentimentalismo, sono un marxista, caro mio, e come tale devo conservare la mia vita per la causa, quella degli altri conta fino ad un certo punto”.
Eccovi codificato lo stile “resistenza” marca PCI.