Il martirio delle donne europee: intervista a Carlotta Chiaraluce – Carlotta Chiaraluce, dirigente di CasaPound Italia e candidata alle elezioni alla Camera dei Deputati lo scorso 25 novembre, insieme ad altre donne del Coordinamento DAria – un progetto femminile che nasce come risposta a un femminismo isterico e al pensiero unico che vogliono la mortificazione della donna e nei fatti non ne tutelano ne i diritti ne la sua natura – ha ricordato, sotto la sede italiana della Commissione Europea a Roma, il sacrificio delle troppe donne europee uccise dall’immigrazione.
Assordante il silenzio della politica dem e delle femministe, pronte a considerare come fomentatore di razzismo chi osa parlare di Elin Krantz, Pamela Mastropietro, Desirèe Mariottini, Stephanie Wagner, Leonie Walner e Lola Daviet.
Abbiamo intervistato Carlotta Chiaraluce per chiederle il suo punto di vista riguardo la condizione delle donne europee alla luce dei fatti di cronaca che lordano troppo spesso le pagine dei giornali.
Come motiva le accuse di razzismo delle femministe e della sinistra europea nei casi in cui l’aggressore sia straniero e la vittima europea e bianca?
I veri razzisti sono i benpensanti sostenitori del pensiero unico. Razzista è questa sinistra europea, non solo italiana, che si inginocchia ed enfatizza accadimenti di cronaca solo se la vittima dell’accaduto proviene dall’Africa, mentre se il carnefice di violenze o crimini è una delle migliaia di “risorse” clandestine importate in Italia, per far ingrassare le Coop che lucrano sulla finta accoglienza, allora sminuiscono l’accaduto. Loro sono i veri razzisti perché piangono a seconda del colore della pelle della vittima.
L’omicidio di Pamela Mastropietro è stato trattato dal Parlamento Europeo nell’ambito della lotta all’eliminazione della violenza di genere. Concorda con questa posizione?
La vicenda di Pamela Mastropietro è l’emblema di quella miopia che dicevo sopra. Pamela non è vittima di omicidio di genere. Pamela è stata avvicinata dal suo carnefice nigeriano e spacciatore, Innocent Oseghale, ed è stata violentata, uccisa, scuoiata, smembrata, fatta a pezzi, lavata con la candeggina, messa in due trolley e lasciata sul ciglio di una strada da individui appartenenti a un’organizzazione criminale. Pamela, a 18 anni, è morta per mano di una organizzazione criminale radicata in Italia, chiamata mafia nigeriana. E purtroppo non è stata l’unica.
Perché, a suo avviso, nonostante i crimini efferati come quello sopra riportato, questi continuano a dilagare in tutta Europa, proprio come successo a ottobre con Lola Daviet?
Purtroppo, le violenze da parte di stranieri irregolari ai danni di donne europee sono all’ordine del giorno. Basti pensare che il 41% delle violenze subite dalle donne in Italia sono da parte di stranieri e che questi sono solo 8,9 % della popolazione residente. Credo che siamo di fronte a una vera e propria emergenza che, in nome del politicamente corretto e dell’obiettivo di cancellare la cultura, l’identità e la razza europea (perché sì, nel 2023 le razze ancora esistono) viene sottaciuta e sminuita. E a rimetterci sono le donne europee, sempre più vittime di queste violenze, che culminano spesso in fatti criminali cruenti e barbari.
Cosa spera dal nuovo governo, ma anche a livello europeo per quanto concerne la risoluzione di queste piaghe sociali, ma principalmente umane?
Innanzitutto, è ora di fermare seriamente l’immigrazione clandestina. L’Italia da anni è diventata il più grande centro di accoglienza d’Europa. Questo il compromesso per stare in una UE che fa interessi della finanza e non degli stati nazionali. Non c’è alcuna solidarietà degli stati europei nella lotta all’immigrazione. Lo abbiamo visto questi giorni, anche con la querelle Italia – Francia, in cui, di fatto, il Governo era partito con il pugno duro a parole per poi far attraccare le navi e selezionare quasi tutti i migranti a bordo, classificandoli come fragili e idonei a richiedere asilo. E l’Italia purtroppo ha firmato dei trattati che la vincolano a queste operazioni. Bisognerebbe avere il coraggio non solo di fare i duri a parole, ma di passare ai fatti: riscrivere quei trattati o stracciarli e attuare blocchi navali.
Lei è scesa in campo con ItalExit. Quali sono i vostri progetti per combattere questa situazione, che sembra degenerare giorno per giorno?
Su questo aspetto Italexit ha le idee chiare, perché da sempre ha un approccio critico a questo sistema europeo. Quindi, il primo passo è assolutamente quello di attuare un vero blocco navale, come peraltro fanno i nostri “fratelli” europei (Francia, Spagna e così via). Poi, dobbiamo noi stesse tornare a riappropriarci dei nostri quartieri, per questo in campagna elettorale organizzai una passeggiata tutta femminile alla stazione Termini di Roma, per denunciare il degrado e l’abbandono in cui versa la stazione centrale della capitale d’Italia, dove ci sono gruppi di spacciatori nordafricani a tutte le ore del giorno, sbandati, barboni e degrado. E tutto questo sotto gli occhi delle istituzioni che fingono di non vedere e si rendono complici delle violenze che continuamente in zone come queste si consumano. Il messaggio che ho e abbiamo voluto lanciare è che noi vogliamo essere libere di vivere in serenità i nostri quartieri, che non abbiamo paura e che questa è la nostra terra. E spero in una presa di coscienza da parte delle donne europee in questo, come già sto vedendo in diverse nazioni, perché solo mettendoci la faccia e stando in prima linea potremmo continuare ad essere libere nelle nostre città.
Essere libere nelle nostre città.
Frase che sa di sconfitta e a maggior ragione se detta in uno stato di diritto, per di più sempre in prima linea per la difesa delle donne. A quanto pare, qualcosa è andato storto o semplicemente non c’è peggior sordo e cieco di chi non vuole né vedere né sentire.