Il DSA spiegato bene – Il Digital Service Act (Dsa) è l’ultima Direttiva europea nel settore del controllo dei contenuti del web.
Essendo una Direttiva, necessita di una legge nazionale che la renda operativa e di un coordinamento in sede di Commissione per evitare sovrapposizioni o incongruenze tra la ventina di Direttive e Regolamenti già emanate in tale materia.
Arginare pratiche illegali
Interessate ai “controlli” sui loro contenuti sono le piattaforme online che hanno più di 45 milioni di utenti attivi (quindi BigTech quali Google, Meta, Amazon, Apple, TikTok e Linkedin)
I contenuti attenzionati sono pubblicità illegale (contraffazione prodotti, prodotti illegali…), pedopornografia, autolesionismo imitativo, abusi sui minori e cyberbullismo.
Fin qui nulla da eccepire
Il problema si pone sul tema dell’incitazione all’odio: un pozzo senza fondo dove vi possono stare “opinioni non conformi” e “negazionismi”
E veniamo alle soluzioni previste:
- Le “piattaforme dovranno fornire all’utente (cioè a chiunque, singolo o associazione) gli strumenti per denunciare tali contenuti, verificarne la regolarità e moderare le controversie tra chi denuncia e chi crea il contenuto” (in pratica un tribunale interno);
- Ad ogni piattaforma viene richiesta annualmente una “analisi del rischio e quali strumenti si prevedono per limitare tali contenuti”, studio da inviare e da far verificare da una società indipendente sotto la supervisione della Commissione Ue;
- Se una di tali piattaforme (inserita in una lista in progress) viola il Dsa, rischia una multa salatissima fino al 10% del fatturato annuo globale.
Cosa rischiamo?
- A) Le piattaforme inserite nella lista potrebbero fare – nel settore sensibile delle “opinioni” – una censura preventiva per evitare contenziosi e ricorsi, prima da “moderare” e poi eventualmente da “rimuovere”;
- B) Il piano annuale da presentare, di fatto alla Commissione, rischia di trasformare tale Istituzione, per taluni contenuti, in un vero e proprio “tribunale politico sovranazionale”.
Un esempio
Facciamo un esempio. Potrebbe accadere infatti che una qualsiasi associazione o gruppo “progressista” contesti il contenuto di un libro presente su Amazon.
Amazon dovrebbe moderare il contenzioso tra l’autore e l’accusatore, e quindi eventualmente decidere di rimuovere o non rimuovere il libro dal proprio catalogo.
Ma se non lo facesse rischierebbe di incappare nel giudizio della “società indipendente sotto la supervisione della Commissione” che potrebbe dare ragione al ricorrente (tipo Anpi o gruppi Lgbtq+) e comminare multe salatissime.
È ipotizzabile che Amazon, prima di pubblicare e vendere un libro (per evitare tali ricorsi e procedure) faccia un controllo accurato e preventivo dei contenuti dei libri (naturalmente secondo i canoni del main stream).
E forse con tale Dsa operativa il librettino del generale non sarebbe stato venduto su Amazon.
Ps: indovinate come hanno votato gli europarlamentari di Fdi al Parlamento Europeo in sede di plenaria?
Antonio Arena