Il crack, la droga dei poveri

Il crack, la droga dei poveri

 

Il crack, la droga dei poveri – Studiavo psicologia e per pagarmi il crack mi prostituivo. Facevo uso di stupefacenti. Li assumo ancora. Il crack è così. Pensi solo a quello e ne vuoi sempre di più. Se mi dicevano fai quello, io per il crack facevo quello. Anche per 5 euro.

Sono state queste le parole di una delle studentesse (ora ex, perché ha lasciato gli studi “a causa della droga”) nell’aula dove ha avuto luogo il processo che ha portato ad una condanna con rito abbreviato a 2 anni ed 8 mesi di reclusione oltre ad una multa di 3000 euro per la principale protagonista di questo dramma umano: Monique – all’epoca Sergio G. – un transgender che gestiva quel losco giro di affari insieme a due complici – assolti – mentre i pusher se la sono cavata con oltre un anno di carcere.

Uno scenario di perdizione venuto alla luce grazie alla denuncia fatta alla caserma dei carabinieri di Settimo Torinese dalla stessa studentessa di psicologia che, due anni fa, aveva denunciato il giro di prostituzione e spaccio nella casa sul Lungo Dora.

Una palazzina elegante che, in realtà, celava episodi ben lontani dal concetto di eleganza.

La nuova schiavitù

Questo è quanto emerge anche dalle testimonianze delle altre ragazze. Io stavo in casa di Monique anche 3-4 giorni, puzzavo in quanto non mi lavavo perché la casa è molto in disordine, sporca, non funziona la vasca da bagno, la corrente elettrica è stata tagliata. Ha anche un vecchio cane che non fa mai uscire di casa: i bisogni li fa sul pavimento del bagno. Per mangiare andavamo alla Caritas.

Questo è il racconto di una delle giovani.

C’era una magra, favolosa, fisico da capogiro che chiedeva crack. Ma vuole 30 euro.

Cosa le dico? Chiedono i complici.

Se era in crisi d’astinenza quel rapporto sessuale scendeva fino a 20 euro a fronte di una tariffa di 50 euro. Denaro che poi veniva immediatamente utilizzato per acquistare una dose di stupefacente.

Prima lo facevo, prima potevo fumare ha rivelato una studentessa.

Ho conosciuto almeno dieci ragazze che si prostituiscono per Monique. È una prostituzione strana, nel senso che non c’è mai un’entrata di soldi. Il denaro che la ragazza guadagna viene subito investito nel crack che si fuma. Stavo a casa di Monique anche per quattro giorni di fila e avevo rapporti con 30 o 40 clienti al giorno. Tutto il denaro me lo fumavo subito. Tutto in crack.

Una casa dove si drogavano tutti, clienti, spacciatori e complici.

Signor giudice, qui hanno fatto un castello, ma parliamo di drogati ha esclamato uno dei due assistenti di Monique, assolti.

Non sono un santo – ha detto l’imputato rendendo dichiarazioni spontanee – ma non sfrutto le persone. Adesso vado al Sert, ho smesso. Non c’era gente che diceva fai questo o quello. Eravamo solo dei drogati.

Eravamo solo dei drogati

Una frase di poche parole ma che racchiude amaramente l’essenza delle testimonianze appena riportate.

Il crack, una miscela tra cocaina cloridrato e bicarbonato di sodio, che prima ti fa godere tra euforia, senso di onnipotenza, incremento della libido, maggiore socievolezza ma che, dopo aver fatto toccare un paradiso fittizio, fa precipitare in un vero e proprio inferno.

Chi ne fa uso, infatti, soffre di convulsioni e ipertermia, queste sono le conseguenze a livello neurologico.

Paranoie, infelicità e depressione per chi precipita nella dipendenza cronica.

Gli effetti del crack

A livello fisico, invece, il crack tocca particolarmente il sistema cardiovascolare, inducendo tachicardia.

Comporta anche una vasocostrizione arteriolare periferica, ossia una diminuzione del diametro delle arterie più piccole del corpo umano e quindi una diminuzione del flusso sanguigno nelle parti più periferiche del corpo.

Questa vasocostrizione può verificarsi anche a livello delle arterie coronariche, portando così infarto del miocardio.

Un’assunzione di dosi di morte che favorisce altresì la creazione di trombi, che possono occludere vene e arterie, provocando necrosi del tessuto non più irrorato dal sangue.

Uno scenario dove, mentre la mente e il corpo vengono massacrati, la dignità dell’essere umano viene calpestata al punto di vendere quel corpo, già martoriato, per pochi spicci.

Per quella dose, quella maledetta dose, che non è altro che un canto delle sirene.

Una melodia che porta a dimenticarsi di tutto e di tutti, principalmente di sé stessi, fino a portare la vittima in fondo agli abissi.

Una situazione che diventa ancora più agghiacciante se si considera che in Italia l’assunzione di crack degenera di giorno in giorno.

La coca dei poveri

Aspetto questo confermato dal costante aumento di quantità di sostanze sequestrate dalle forze dell’ordine e dai sempre più evidenti operatori che lavorano con i tossicodipendenti.

Una situazione degenerata al punto da parlare di un vero e proprio boom della cosiddetta cocaina dei poveri che segue, di pari passo, l’incremento della povertà che dilaga nel Paese.

Il motivo della sua notevole diffusione è nello stesso soprannome cocaina dei poveri.

Non per nulla, a portarne il forte consumo è principalmente il fatto che costa molto meno di tante altre droghe: una dose di crack può essere venduta anche a dosi da cinque euro nei vicoli del Sud, raggiungendo cifre intorno a 30 euro a dose nel nord Italia.

Dal 2019 a oggi c’è stato un raddoppio nei sequestri, da 6,9 chili a 14,8, con un aumento costante negli anni (nel 2021 6,9 chili, nel 2022 10,5).

Questo è quanto è emerso dai dati della Direzione centrale dei servizi antidroga (DCSA), come riporta LaPresse. Non stiamo parlando di tonnellate ma c’è un maggior numero di sequestri che ovviamente corrisponde a un maggior consumo. Parliamo prevalentemente delle regioni del Meridione o delle aree urbane più povere. Non vogliamo creare allarmismo ma il raddoppio è comunque indice di qualcosa, ha spiegato a LaPresse Salvatore Leotta, tenente colonnello della DCSA.

L’allarme delle associazioni

Dati che corrispondono a quanto viene constatato da chi si occupa di tossicodipendenze che, infatti, ha sottolineato come l’uso di crack sia in aumento “da anni” in Italia, come ha spiegato Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele.

Costa poco ma crea una problematica compulsiva forte, non ci si ferma a una dose, ha aggiunto Grosso: La diffusione è in aumento ma quando i Sert lo registrano, vuol dire che il consumo già viaggia da anni.

L’abuso di crack è sempre alto, ma è in aumento perché è un prodotto meno costoso della cocaina pura, ha spiegato Simona Pichini, direttrice reggente del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità: È una miscela – sottolinea – che serve soltanto, una volta inalata, a liberare la cocaina base che arriva più velocemente al cervello con un effetto immediato.

Essendo meno costoso e con un effetto velocissimo, gli acquisti sono in aumento tra i consumatori più poveri.

Questo è il crack: la droga dei poveri o semplicemente degli invisibili.

Nemes Sicari

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