Il Centrodestra incapace non sa vincere in Emilia
In primo luogo, parliamo di numeri, se si deve discettare di elezioni: l’Emilia-Romagna è un feudo inespugnabile del Partito democratico?
I risultati delle precedenti elezioni, raccontano una storia un po’ diversa.
Prendendo Bologna come terra di confine, a Ovest del capoluogo il Centrodestra tiene saldamente 2 province su 4: Parma e Piacenza, contro Reggio e Modena, ma, complessivamente, perde la sfida per 42.547 voti. Stefano Bonaccini vinse, in quelle 4 province, con 497.667 voti, mentre Lucia Borgonzoni ne raccolse 455.093. Anche a Est di Bologna, la situazione ha visto il Centrodestra prevalere in 2 province su quattro, con Ferrara e Rimini schierate con la Borgonzoni, mentre Bonaccini si è assicurato Forlì e e Ravenna.
In termini di voti, il presidente uscente ha raccolto 366.914 contro i 360.994 della sfidante, con un risicato vantaggio di 5920. Dunque, su 1.680.668 voti validi per l’uno e per l’altro, il Centrosinistra prevale di 48.494 voti, poco più del 2 per cento di differenza.
Un centrodestra agguerrito?
Dunque, altroché contendibile: l’Emilia Romagna sarebbe conquistabile e con poco sforzo, da un Centrodestra agguerrito.
Il condizionale è d’obbligo, però, poiché mancano i voti della provincia – o circoscrizione – di Bologna. E qui cascano gli asini! Cioè, la parte più significativa della classe politica emiliano-romagnola del Centrodestra, praticamente tutta petroniana.
Sotto le Due Torri, infatti, il candidato del Pd e dei suoi alleati ha raccolto 331.161 voti, mentre quella di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia si è fermata sotto i 200 mila, con 198.385.
Eh, sì, questa è la triste realtà: in 529.546 voti – che rappresentano meno di un terzo, rispetto ai voti complessivi del resto della regione (1.680.668) -, il candidato dei “compagni” si è assicurato un vantaggio quasi triplo, di 132.776 voti, rispetto all’avversaria.
I proconsoli bolognesi
Il 73 per cento della distanza definitiva tra i due candidati – che è di 181.270 voti – si concretizza a Bologna! Dunque, la partita diventa
semplicemente impossibile. E non perché i numeri, nella loro freddezza, condannano il Centrodestra; bensì, perché la classe politica romana della “trimurti” insiste nello scommettere tutto sulla capacità di questi suoi palesemente incapaci proconsoli bolognesi.
Al capoluogo emiliano, tanto per capirci, fanno riferimento diretto o indiretto tre ministri, Anna Maria Bernini, Eugenia Maria Roccella e finanche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi; due viceministri, Galeazzo Bignami e Valentino Valentini; una pletora di deputati italiani ed europei, di senatori e la pattuglia più consistente di consiglieri regionali.
Eppure, se anche si azzerasse quel 2 per cento di scarto che il Centrosinistra si assicura nelle altre 8 province, con la nona, appunto
Bologna, si assicurerebbe comunque un vantaggio di 6 punti (132.776 su 2.209.938). Forse, qualche riflessione dovrebbero imporsela, quelli di Roma, no?
I compromessi con il PD
E, infatti, se la sono fatta questa domanda e, cosa ancor più grave, si sono dati anche una risposta: Elena Ugolini. Chi è mai questa signora, e presto detto: una “mandarina” della galassia di Comunione e Liberazione, ovviamente di Bologna, già sottosegretaria di Mario Monti alla Scuola.
La rappresentante di un mondo, in estrema sintesi, che da decenni, specialmente nel capoluogo della regione, sviluppa e coltiva interessi nel continuo compromesso col Partito democratico – basti pensare alla diffusione dei “Camplus” – e che non è certo, come ha dimostrato la sua prima dichiarazione, quella “tigre da campagna elettorale”, di cui ci sarebbe bisogno per ribaltare una situazione tanto difficile. Forse, però, l’errore è nello sguardo, quando si ragiona della regione Emilia Romagna come un fortilizio della Sinistra.
Nel senso che l’occhio, inevitabilmente, cade sulla divisa delle sentinelle che stanno sulle mura e su quella di coloro che comandano nel
“palazzo”; non notando come le mura stesse siano edificate dal Centrodestra, probabilmente per permettere a qualcuno, specialmente di Bologna, di sedersi e mangiare alla grande tavolata.
Massimiliano Mazzanti