Il Belgio grida che il Re è nudo – e si è astenuto in merito al varo dell’ottavo pacchetto di sanzioni votato dall’Unione Europea nella giornata di martedì 16 ottobre. Il voto degli Stati è segreto, ma è stato il Premier Alexander De Croo a confermare in conferenza stampa la scelta.
La notizia dell’astensione belga arriva in un momento in cui il Paese è attraversato da forti agitazioni di piazza che chiedono un piano governativo contro l’inflazione e di fermare le folli quanto suicide sanzioni alla Russia. Il nuovo pacchetto sanzionatorio limita ulteriormente le possibilità di commercio tra gli Stati dell’Unione e la Russia. Il Belgio, dando una lezione di realpolitik superiore anche a quanto fatto fino ad ora dall’Ungheria, ha di fatto spaccato il fronte europeo in materia di sanzioni.
Il fronte europeo vacilla
Forse di fronte alla tragedia della guerra ucraina si comincia a sgretolare la vacillante, artefatta Unione Europea, creata da burocrati, priva d’anima, di valori comuni e sottomessa esclusivamente ai dettami della BCE, che mostra in questo momento storico tutti i suoi limiti e tutta la sua fragilità.
Nelle scorse settimane aveva già suscitato scalpore la scelta della Germania, che in spregio al coordinamento comune, aveva gestito in autonomia la questione dell’approvvigionamento energetico, mentre le altre cancellerie europee ragionavano su una formula di Price Cap valida per tutti.
Anche l’Ungheria di Orban non ha mai fatto mistero di mal sopportare la scelta delle sanzioni e, pur criticando l’agire dell’Unione e minacciando il veto, ha ottenuto la deroga di importare petrolio russo tramite i suoi gasdotti. Sul versante mediterraneo anche Grecia, Cipro e Malta mordono il freno: il settore marittimo è quasi paralizzato e non è per nulla scontato che le continue promesse europee a questi tre Stati siano sufficienti a garantire il voto a favore anche in futuro.
Cosa fa l’Italia?
In questo scenario, mentre i belgi ottengono la deroga per il commercio di diamanti e acciaio verso la Russia, salvando così migliaia di posti di lavoro, Orban si assicura l’approvvigionamento energetico e la Germania pone gli interessi dei tedeschi prima di quelli dei cittadini degli altri stati, l’Italia segue bovinamente la linea di Bruxelles, senza riuscire ad ottenere nulla se non ulteriori sacrifici e gas ad un prezzo enormemente superiore a quello offerto dalla russa Gazprom.
L’incapacità manifesta di far valere le proprie posizioni a livello internazionale è il primo handicap italiano: Draghi ha messo in cassaforte l’appoggio italiano a Bruxelles direttamente contro gli interessi del suo popolo e la Meloni si affanna a mettere gli uomini chiave al governo che procederanno esattamente nella stessa direzione. In parecchi stanno pensando di abbandonare la nave che affonda, solo noi e pochi altri siamo rimasti a sentire l’orchestra suonare sul ponte mentre l’ammiraglia cola a picco.
Antonio Quagliano