Vittorio Pozzo, commissario tecnico della nazionale italiana – la prima al mondo a realizzare il “triplete” ossia vincere tre competizioni internazionali di fila: mondiale ’34, torneo olimpico ’36 e mondiale ’38 – era solito caricare i giocatori prima delle partite facendo loro cantare negli spogliatoi, e lui con loro, le canzoni patriottiche e, prima fra queste, la Leggenda del Piave.
In occasione del mondiale del ’38 che si svolgeva in Francia, l’Italia si trovò ad affrontare nei quarti di finale i padroni di casa al “Velodrome” di Marsiglia; nelle tribune, a tifare Francia, vi sarebbero stati tutti i profughi antifascisti che il paese transalpino ospitava e che già si erano resi protagonisti, in quello stesso stadio, di pesanti contestazioni nella precedente partita vinta dall’Italia contro la Norvegia nel momento in cui gli Azzurri, schierati, eseguivano il saluto romano.
Entrambe le nazionali avevano come colori di maglia quella blu/azzurra e, così, si stabilì che l’Italia dovesse cambiarla; Pozzo – che non era di stretta osservanza fascista (proveniva dal nazionalismo) – decise: “Ci sono italiani in tribuna a tifare Francia perché sono antifascisti? Bene, allora giocheremo in completa tenuta nera”. E così fu. Ed anche in quell’occasione, prima di scendere in campo, Pozzo e i suoi cantarono la Leggenda del Piave. Fascismo e Patria erano una cosa sola.