Qual è la peggiore guerra nella quale ci si possa trovare a dimenarci?
È quella in cui l’amico è il traditore, complice del nemico.
È quella in cui ti ritrovi in casa due nemici non dichiarati: uno è lo straniero infiltratosi sotto false spoglie e l’altro è il traditore che abita in casa assieme a te ma che ha venduto anima e corpo a chi ti vuol ribaltare casa, cambiandoti persino i connotati storici, sociali, spirituali, antropologici, ossia farti un’altra persona da quel che la storia ha voluto tu fossi.
Entrambi prima di essere tuoi nemici, sono nemici acerrimi della storia e della sua plastica rappresentazione: la Patria.
È la Patria che vogliono distruggere, non te in particolare: tu è sufficiente che cambi bandiera, vedrai come ti accoglieranno festosamente.
Quello che vogliono entrambi è cancellare il sostrato che ha originato e sostenuto i tuoi avi, ossia quella «certezza di campo di are, di tetto, di sepoltura», e cambiare i connotati a quella «gente che libera tutta… una d’arme, di lingua, d’altare, di memoria, di sangue e di cor»… Concetti profondamente identitari che inchiodano l’uomo alla sua identità terrena ma anche celeste, espressi dal Foscolo il primo e dal Manzoni il secondo.
La peggiore guerra è proprio quella nella quale ci siamo trovati immersi dopo che una classe politica infingarda, nipote del ’68 e figlia del ’94 (due generazioni che si possono plasticamente rappresentare con un Capanna, un Amato, un Prodi, un Monti e compagnia brutta) che si è fatta sempre più serva di chi aveva in uggia la Patria e il suo popolo, e ha aperto le porte agli interessi stranieri e sovranazionali della finanza selvaggia.
Erosione del senso identitario, patrio, spirituale e tradizionale; riorientamento dell’economia e della politica monetaria; promozione del maltusianesimo (abortismo, omosessualismo); assoggettamento di parte dei poteri dello Stato e promozione dello scontro tra essi; istigazione della rissosità tra partiti politici per questioni marginali… Queste sono le battaglie portate avanti tanto subdolamente quanto pervicacemente, fino ad ora, e vinte dal nemico e dai suoi accoliti in seno ai quali allignano non pochi preti «a Dio spiacenti e a’ nemici sui»che han piegato la testa di fronte a chi a Dio antepone «mammona».
Rimane da combattere l’ultima battaglia, quella destinata a completare l’erosione del nostro senso identitario, quella destinata a cambiarci i connotati sociali e antropologici, a farci sparire per sostituirci con una genia di uomini a basso costo (umano e materiale): la battaglia contro l’immigrazione clandestina e selvaggia, una sorta di wolkerwanderung (1) barbarica incanalata sotto forma di infiltrazione alla spicciolata verso di noi.
Una immigrazione alla spicciolata ma che ora ha saturato il territorio, e che tende a continuare a ritmi più serrati, grazie soprattutto alla complicità dell’amico traditore, ossia di colui che, come spiegato in incipit, è il pivot della riuscita di questa guerra che il nemico e il traditore stanno combattendo contro di noi senza colpo sparare, ma che è avviata alla nostra disonorevole sconfitta.
Fra poco non avremo più voce in capitolo, dopo di che saremo ridotti allo stato larvale per sparire, non prima di essere stati calpestati e derisi.
Questo, in buona o malafede, vogliono le sinistre. Qualche nome? Le Boldrini e le Schlein, i Bonelli e i Fratoianni, le Salis e le Cirinnà (quella dalla maglietta con la scritta «Dio, Patria e Famiglia, che vita di merda»), e che dire di Prodi prima e Monti poi?
Parte della magistratura, gran parte dell’alta burocrazia e dell’establishment finanziario, il sindacato di sinistra per eccellenza, molti media, le cooperative e le ong, sono i maramaldi che brigano affinché noi cediamo terreno e trionfi invece il nostro nemico, quello che ci vuole abolire.
L’inno italiano ha ripreso vitalità dopo decenni durante i quali era considerato riprovevole, ebbene è giunto il momento di smettere di canticchiarlo e imparare a cantarlo come si deve, non come lo canterebbe un tifoso della nazionale, ma come lo canterebbe un patriota e quando si giunge alla strofa «stringiamoci a coorte», ricordiamo cos’era una Coorte Romana, alziamo la voce, convinti come non mai che è veramente ora di far quadrato, perché quella in corso è una guerra che non possiamo permetterci di perdere… Per le ceneri dei nostri padri (la nostra storia e tradizione) e gli altari del nostro Dio (la spiritualità di Don Camillo, la migliore per concretezza e coraggio).
Italia in piedi! Bandiere al vento! Facciamoci vedere e sentire, nulla abbiamo da rimproverarci di quello che i traditori ci imputano (2), anzi, dobbiamo rimproverarci per non esserci alzati prima e aver atteso di essere quasi sommersi da un’invasione e insozzati da slogan ferigni, falsi e bugiardi, l’ultimo dei quali vergato in rosso sulla soglia della foiba di Basovizza.
In piedi, dunque! affrontiamo in maniera calma e serena le orde facinorose e violente colorate di rosso e di arcobaleno, senza temere la reazione di quei rabbiosi.
Noi, di fronte al latrare leveremo il tricolore: con il verde della speranza, il bianco della purezza e della virtù, il rosso del fervore.
di Corrado Corradi
Note
- Letteralmente migrazione di popoli.
- La solita paccottiglia di monotone accuse che risuonano dal 1945: fascisti, nazisti, razzisti, golpisti, complottisti, ecc.
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Analisi che non fa una grinza
Complimenti per la lettera aperta alla difesa anche di qualche scemo…perché non dubito di mokte donne e uomini ma dubito di molte donne piegate e plagiato dalla sinistra mano di Allah e dei suoi ladroni