Gli “utili idioti” del 26 dicembre – Isabella Rauti scrive un messaggio sui “social”. Si potrebbe dire: il solito messaggio, quello del 26 dicembre, data in cui si ricorda la fondazione del Msi.
La senatrice aggiunge anche una frase di J.R.R. Tolkien. Si potrebbe dire: la solita frase di J.R.R. Tolkien: <Le radici profonde non gelano>.
Nel Partito democratico, insorge qualche idiota. Si potrebbe dire, come sempre in questi casi: un utile idiota; ma utile a chi e a cosa, se lo si scrivesse, bisognerebbe spiegarlo e, francamente, non è facile.
Ovviamente, immediate le reazioni dei colleghi della Rauti, a partire dalla premier, la quale fa sapere, dalle colonne del Secolo d’Italia, come lei e il suo partito, in realtà, siano orgogliosi della Fiamma nel simbolo di Fratelli d’Italia e del legame ideale che quel simbolo rappresenta.
Bene, anzi, benissimo. Se non fosse che, per essere ancor più chiari, sempre dalle pagine web dell’organo della fondazione An, Giorgia Meloni precisa che quella Fiamma <non ha nulla a che fare col Fascismo> e che sarebbe solo <il riconoscimento del percorso fatto da una destra democratica nella nostra storia repubblicana>.
Tutt’altro che bene, anzi, malissimo.
Negare il legame indissolubile tra Fascismo e Msi è falso storicamente, idealmente e finanche fisicamente
Si aggiunge “fisicamente” perché – per restare in Parlamento e anche per partecipare ad azioni “di governo” delle città e della nazione, come l’elezione di alcuni capi di Stato – Romualdi, Almirante, De Marsanich, Michelini, per finire al papà di Isabella, Pino Rauti, non fecero mai finta di non essere stati quello che erano stati né se ne vergognarono, pubblicamente o privatamente.
Anche perché, i fondatori del Msi e quanti vi ricoprirono cariche importanti o meno, oltre a tanto altro, possedevano il “senso del ridicolo” e mai si sarebbero messi nella condizione di essere smentiti, più che facilmente, in modo grottesco.
Camicie nere e saluti romani in osteria
E grottesco, semmai, è proprio l’atteggiamento di quanti – magari nati 30, 40 o anche 50 anni dopo la fine della guerra -, contro le indicazioni e le lezioni dei vari Romualdi, Michelini, Almirante e De Marsanich, si compiacevano e sottolineavano il loro essere “fascisti” – magari indossando camicie nere su improbabili petti poco marziali; oppure ostentando saluti romani, specialmente in osteria; riempiendo le loro giacche di spille e medagliette, quando il loro massimo impeto di coraggio era stato manifestato nel fare la Prima comunione o l’esame di maturità -, al fine di raccogliere qualche preferenza in più o qualche voto al congresso provinciale; salvo, poi, adesso, essere costretti a chiedere scusa per “intemperanze giovanili”, le “suggestioni adolescenziali”, le “ingenuità della tenera età” di cui sarebbero stati vittime, nei primi anni della loro militanza.
Il Msi, infatti – come si è già scritto più volte e da anni e proprio sul Secolo d’Italia -, non fu mai <un partito fascista> sotto mentite spoglie; ma un <partito di fascisti> orgogliosi, ma anche capaci e tanto intelligenti da far evolvere una comunità umana e politica in una nuova dimensione costituzionale e istituzionale che, per di più, non ne rifiutava radicalmente la presenza, ma pretendeva da essi una piena adesione e la conseguente pratica del metodo democratico di lotta politica.
Destra “democratica”
Non è un caso, da questo punto di vista, che siano quanti – e la Meloni ha quelle radici, quelle di Colle Oppio – nel Msi contestavano e non poco la definizione di “destra” per il partito in cui rappresentarono sempre correnti dinamiche, ma anche estremistiche; oggi, nell’ansia di moderazione, parlino di “una destra democratica” che avrebbe “fatto un percorso nella nostra storia repubblicana”.
A parte che di passeggiatori e passeggiatrici, nel Msi, non ce ne furono di alcun genere e tipo; in Italia non è esistita una “destra democratica” contrapposta a chissà quale altra “destra”.
Adriano Romualdi
In Italia esistette solo la Destra missina che, prima ancora che una specificazione di geografia partitica, fu una strategia e una concezione politica – per gli amanti delle definizioni si rimanda alla bellissima sintesi scritta da Adriano Romualdi – tutta missina, originalissima non solo per il nostro Paese, bensì per l’intera Europa, tanto che tutti i movimenti nati all’estero vollero non solo avere legami solidi col Msi, ma, a partire dalla Francia, anche imitarne spesso il simbolo e la definizione. E che non fosse una concezione “conservatrice” lo dimostra ancor oggi il fatto che, avendo il Msi compiuto quella scelta, sia i partiti monarchici sia il Partito liberale e ancor più la Democrazia cristiana rifiutarono sempre di definirsi “di destra”.
E di essere Destra, il Msi non lo decise negli anni ‘70, quando aggiunse intorno alla Fiamma la dicitura “Destra nazionale”, ma fin dagli albori, come testimoniano le foto dei comizi d’epoca, a partire dalle elezioni del 1953, quando a Bologna l’ex-vicesegretario del Partito fascista repubblicano, assolto da una condanna a morte, passò dal carcere al Parlamento sotto lo slogan: <Un deputato di destra all’Emilia>.
Certo, tanta acqua è passata sotto i ponti, da quei tempi eroici, ma, proprio per questo, proprio per l’ordinarietà dell’epoca in cui si vive e si fa politica, un po’ più di coraggio e di serietà, nel trattare della propria storia, sarebbe d’obbligo.
Casca l’asino
Anche perché – e qui “casca l’asino”, come direbbe Totò – è notorio come agli italiani non gliene freghi assolutamente nulla, del fatto che i dirigenti della Destra italiana si dicano o siano “fascisti”: li hanno votati o non li hanno votati a prescindere da questa considerazione, quando hanno ritenuto che fossero necessari o meno alla causa della Nazione.
La maggior parte degli elettori non ama le ostentazioni, rifugge i comportamenti imbecilli e le caricaturali scimmiottature di qualsiasi realtà passata o recente che sia; ma non ha mai negato il suo consenso alla Destra per ragioni ontologiche e men che meno genetiche. Anche perché l’elettore è meno scemo di quanto i politici siano ipocriti e sa bene che valore abbiano certe abiure a cui si sottostà non quando si è piccoli o ci si affaccia al gran gioco delle istituzioni, ma solo quando si è messo il culo al caldo su una poltrona.
Abiure “funzionali”
Per tanto, queste stesse abiure non possono essere funzionali al buon rapporto col cittadino anonimo elettore, perché altrimenti sarebbero state profferite e a gran voce ben prima del voto, ben prima della campagna elettorale, ben prima di quando era ancora necessario candidare Gianfranco Stella alle europee o la solita “nipote del Duce” alle amministrative, oppure la figlia del fondatore di Ordine nuovo alle politiche.
E se non sono funzionali al buon rapporto col cittadino anonimo elettore, non possono che essere funzionali al rapporto con l’anonimo potere che sfugge al controllo elettorale e che, spesso, non risiede, né fisicamente né idealmente, all’interno dei confini nostrani.
Un segnale
Come si è detto e scritto tante, anche troppe volte – e, giova ripeterlo, negli anni passati spesso in polemica con i più “feroci abiuratori” attuali, all’epoca esegeti del “vero Fascismo”, quello “eretico”, come amavano dire – si può non essere fascisti – anche perché bisognerebbe aver fatto qualcosa di analogo a quello che i fascisti fecero in Italia, per fregiarsene del titolo – pur esprimendo un giudizio libero, imparziale, scevro dai pregiudizi e dalle menzogne propalate dai nemici del Fascismo stesso, sulla storia e sugli uomini che la storia fecero.
A volte, infatti, più che dimostrare di non indossare la “camicia nera”, sarebbe importante dare il segnale che si è montato il cervello, dopo averlo riempito di qualche buona lettura, prima di dare aria alle corde vocali.