Fino a che punto si spingerebbe Trump?

Fino a che punto si spingerebbe Trump?
Fino a che punto si spingerebbe Trump?   – Di recente la prestigiosa rivista TIME ha pubblicato una lunga intervista fatta a Trump e ad alcuni membri del suo staff. Pur trattandosi di un articolo fazioso e volto a distorcere la figura dell’ex presidente è molto istruttivo per capire cosa abbia in mente Trump per la prossima presidenza USA. Abbiamo chiesto al nostro redattore Matteo Castagna – che con l’occasione ringraziamo – un’analisi della lunga intervista di cui potete trovare di seguito lunghi stralci tradotti in italiano.

È il titolo di un lungo ed articolato editoriale che parla di The Donald, cui la nota rivista TIME dedica la copertina. Il pezzo è stato scritto da Eric Cortellessa in collaborazione con Leslie Dickstein, Simmone Shah e Julia Zorthian.

È lo stesso interrogativo che serpeggia, in Italia ed in Europa, cui andrà data una risposta, non col solito metodo della tifoseria, ma con la concretezza dei fatti. Donald Trump pensa di aver identificato un errore cruciale del suo primo mandato: è stato troppo gentile, ricordando un po’ Silvio Berlusconi.

L’intervista parte in salita

Sarebbero molti, gli ex funzionari di governo, che questa volta si rifiutano di sostenere Trump. Alcuni hanno pubblicamente avvertito che rappresenta un pericolo per la Repubblica. Molto schiettamente, il giornalista d’origini italiane del Time gli ha chiesto perché gli elettori dovrebbero fidarsi di lui, quando alcune delle persone che gli sono state a stretto contatto, non lo faranno?

Come sempre, Trump risponde, denigrando i suoi ex migliori consiglieri. Questo no, non era nello stile di Berlusconi, nonostante i molti cosiddetti amici che lo hanno tradito e abbandonato negli anni e non si è mai speso in pubblici improperi verso i suoi ex camerieri.

Fulmini e saette

Ma sotto il tipico torrente di invettive, c’è una grande lezione, che ha imparato. Li ho lasciati andare perché ho un cuore, dice. Non voglio mettere in imbarazzo nessuno.

Non credo che farò di nuovo lo stesso errore. D’ora in poi sparerò, senza smentire il suo carattere vulcanico.

A sei mesi dalle elezioni presidenziali del 2024, Trump è in una posizione migliore per raggiungere la Casa Bianca, rispetto a qualsiasi altro momento delle sue precedenti campagne. È in testa a Joe Biden con un margine esiguo nella maggior parte dei sondaggi, anche in molti dei sette stati indecisi che probabilmente determineranno il risultato. Cosa farebbe Trump se vincesse un secondo mandato, per essere coerente con la sua visione della nazione e con le sue prese di posizione?

Il nodo immigrazione

Ciò che è emerso in due interviste con Trump e nelle conversazioni con più di una dozzina dei suoi più stretti consiglieri e confidenti – prosegue il prestigioso TIME – sono i contorni di una “presidenza imperiale” che avrebbe rimodellato l’America e il suo ruolo nel mondo. Per realizzare un’operazione per allontanare più di 11 milioni di immigrati dal paese – ha dichiarato Trump – sarebbe disposto a costruire campi di detenzione per migranti e a schierare l’esercito, sia al confine che nell’entroterra.

Sarebbe disposto a licenziare un procuratore americano che non esegue il suo ordine di perseguire qualcuno, rompendo con una tradizione di applicazione della legge che risale alla fondazione dell’America.

La grazia per i rivoltosi di Capitol Hill

Sta valutando la grazia per ognuno dei suoi sostenitori accusati di aver attaccato il Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021, più di 800 dei quali si sono dichiarati colpevoli o condannati da una giuria. Potrebbe non venire in aiuto di un alleato attaccato in Europa o in Asia, se ritenesse che quel paese non sta pagando abbastanza per la propria difesa. Sventrerebbe il servizio civile degli Stati Uniti, schiererebbe la Guardia Nazionale nelle città americane, come ritiene opportuno, chiuderebbe l’ufficio di preparazione alla pandemia della Casa Bianca e doterebbe la sua amministrazione di accoliti che sostengono la sua affermazione, secondo cui le elezioni del 2020 sarebbero state truccate.

È già vittoria

Trump rimane lo stesso, con gli stessi obiettivi e rimostranze. Ma di persona, se non altro, appare più assertivo e sicuro di sé.

Quando sono arrivato a Washington per la prima volta, conoscevo pochissime persone”, dice. “Dovevo fare affidamento sulle persone. Adesso è lui al comando. Il matrimonio combinato con i timorosi sostenitori del Partito Repubblicano è finito; la vecchia guardia è sconfitta e il popolo che resta, è il suo popolo.

Trump entrerebbe in un secondo mandato, sostenuto da una serie di “policy shop” composte da lealisti, che hanno elaborato piani dettagliati al servizio della sua agenda, che concentrerebbero i poteri dello stato nelle mani di un uomo la cui sete di potere appare tutt’altro che insaziabile. Non penso che sia un grande mistero quale sarebbe il suo programma, dice la sua stretta consigliera Kellyanne Conway. Ma penso che le persone rimarranno sorprese dall’alacrità con cui agirà.

I tribunali, la Costituzione e un Congresso dalla composizione sconosciuta avrebbero tutti voce in capitolo sulla realizzazione degli obiettivi di Trump.

Anatra zoppa?

La macchina di Washington dispone di una serie di difese: fughe di notizie alla stampa libera, protezione degli informatori, supervisione degli ispettori generali. Restano presenti le stesse carenze di temperamento e di giudizio che lo hanno ostacolato in passato. Se vincesse, Trump sarebbe un’anatra zoppa: contrariamente a quanto suggerito da alcuni sostenitori, ha detto al TIME che non cercherà di ribaltare o ignorare il divieto costituzionale di un terzo mandato.

Anche l’opinione pubblica costituirebbe un potente controllo. In mezzo alla protesta popolare, Trump è stato costretto a ridimensionare alcune delle sue iniziative più draconiane del primo mandato, inclusa la politica di separazione delle famiglie migranti. Come scrisse George Orwell nel 1945, la capacità dei governi di realizzare i loro progetti “dipende dall’umore generale del paese”.

Ogni elezione è annunciata come un punto di svolta nazionale. Questa volta sembra vero. Per i sostenitori, la prospettiva di Trump 2.0, senza vincoli e sostenuto da un movimento disciplinato di veri credenti, offre una promessa rivoluzionaria. Per gran parte del resto della nazione e del mondo, rappresenta un rischio allarmante.

Un secondo mandato di Trump potrebbe portare alla fine della nostra democrazia, afferma lo storico presidenziale Douglas Brinkley, “e alla nascita di un nuovo tipo di ordine presidenziale autoritario”.

Un riposizionamento USA sullo scacchiere mondiale

A nostro avviso, gli Stati Uniti d’America hanno quasi sempre avuto un tipo di ordine presidenziale autoritario, generalmente di area Dem, ma anche con Bush senior e junior. Semmai la svolta di Trump potrebbe essere quella del “bastone” su alcune questioni cruciali di politica interna quali l’economia e l’immigrazione, e della “carota” in una politica estera, che, senza rinunciare al peso specifico del Paese, cercherebbe la cooperazione con le altre Superpotenze nell’accettazione di un mondo multipolare. Ed eviterebbe le guerre. Come ha già dimostrato nel corso del primo mandato.

Trump entra nel patio di Mar-a-Lago verso il tramonto. La folla benestante, che mangia bistecche Wagyu e branzino alla griglia si ferma ad applaudire – riferisce il TIME – mentre lui prende posto. In questa splendida serata, il club è la mecca del MAGA. Il donatore miliardario Steve Wynn è qui. Lo stesso vale per il presidente della Camera Mike Johnson, che ha cenato con l’ex presidente, dopo una conferenza stampa congiunta, in cui ha proposto una legge per impedire il voto a chi non ha la cittadinanza americana.

Il loro voto alle elezioni federali è già illegale ed piuttosto raro, ma rimane una fissazione trumpiana, che il portavoce, in difficoltà, è sembrato felice di co-firmare in cambio della copertura politica fornita dalla posizione filo-Trump. Accadesse qui, il tycoon sarebbe mediaticamente linciato e messo alla gogna, fra denunce penali e sermoni di Saviano, Fazio, Santoro, Giannini, Prodi, Frantoianni, Bonino, Zan, Schlein e, chi ne ha, più ne metta.

The Star-Spangled Banner

Al momento, però, l’attenzione di Trump è all’unico motivo musicale che Trump ama ascoltare: una versione di “The Star-Spangled Banner” cantata da un coro di imputati incarcerati per aver attaccato il Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio, intervallata da una registrazione di Trump che recita il Giuramento di Fedeltà.

Questo è diventato un punto fermo delle sue manifestazioni, convertendo il simbolo supremo dell’unità nazionale in un’arma di devozione alle fazioni.

Lo spettacolo riprende da dove si era interrotto il suo primo mandato. Gli eventi del 6 gennaio, durante i quali una folla pro-Trump ha attaccato il centro della democrazia americana nel tentativo di sovvertire il trasferimento pacifico del potere, hanno segnato profondamente la sua eredità. Trump ha cercato di riformulare quello show come un atto di patriottismo. “Li chiamo i patrioti J-6”, dice. Quando gli viene chiesto se prenderebbe in considerazione la possibilità di perdonarli tutti, risponde: “Sì, assolutamente”.

La macchina giudiziaria a pieno regime

Mentre Trump deve affrontare dozzine di accuse criminali, tra cui interferenza elettorale, cospirazione per frodare gli Stati Uniti, conservazione intenzionale di segreti di sicurezza nazionale e falsificazione di documenti aziendali per nascondere pagamenti in denaro nascosto, ha cercato di trasformare il pericolo legale in un una medaglia al valore. Anche in questa circostanza, egli ricorda vagamente il Berlusconi del periodo della persecuzione giudiziaria, da cui uscì molto provato, ma vittorioso.

Una revisione della costituzione?

In un secondo mandato, l’influenza di Trump sulla democrazia americana si estenderebbe ben oltre i poteri di grazia. Gli alleati stanno gettando le basi per ristrutturare la presidenza in linea con una dottrina chiamata teoria dell’esecutivo unitario, secondo la quale molti dei vincoli imposti alla Casa Bianca dai legislatori e dai tribunali dovrebbero essere spazzati via a favore di un comandante in capo più potente.

In poche parole, si tratterebbe di snellire passaggi legislativi e sbarazzarsi della burocrazia, per velocizzare le decisioni politiche importanti. Per i detrattori, invece, si tratterebbe si una nuova forma di “fascismo”, che non pare condizionare più di tanto l’elettore medio americano, che ragiona molto diversamente da quello europeo, condizionato da media liberal, con una mentalità politica ferma ad un secolo fa.

Nell’ intervista del TIME a Mar-a-Lago, Trump dice che potrebbe licenziare i procuratori statunitensi che rifiutano i suoi ordini di perseguire qualcuno: “Dipenderebbe dalla situazione”. Ha detto ai sostenitori che cercherà vendetta contro i suoi nemici in un secondo mandato. Ciò includerebbe Fani Willis, il procuratore distrettuale dell’area di Atlanta che lo ha accusato di interferenza elettorale, o Alvin Bragg, il procuratore distrettuale di Manhattan nel caso Stormy Daniels, che Trump aveva precedentemente affermato che dovrebbe essere perseguito? No, non voglio farlo, dice, prima di aggiungere: Vedremo molte cose. Ciò che hanno fatto è una cosa terribile.

Chiudere i conti con Biden

Trump ha anche promesso di nominare un vero procuratore speciale per perseguire Biden. Non vorrei ferire Biden, dice al TIME. Ho troppo rispetto per la carica.

Pochi secondi dopo, però, suggerisce che il destino di Biden potrebbe essere legato a un’imminente sentenza della Corte Suprema sulla possibilità che i presidenti possano essere perseguiti penalmente per atti commessi in carica. Se dicessero che un presidente non ottiene l’immunità, dice Trump, allora Biden, ne sono sicuro, sarà perseguito per tutti i suoi crimini.

(Biden, al momento, non è stato accusato di alcuno e il tentativo repubblicano della Camera di metterlo sotto accusa non è riuscito a portare alla luce prove di crimini o misfatti, alti o bassi).

L’aborto

Gli alleati di Trump non intendono restare passivi sull’aborto, se Trump tornasse al potere. La Heritage Foundation ha chiesto l’applicazione di uno statuto del 19° secolo che vieterebbe l’invio per posta di pillole abortive. Il Republican Study Committee (RSC), che comprende oltre l’80% della conferenza repubblicana della Camera, ha incluso nella sua proposta di bilancio per il 2025 il Life at Conception Act, che afferma che il diritto alla vita si estende fino al “momento della fecondazione”. Come direbbe la vicedirettrice del TG1 Incoronata Boccia: “l’aborto è un delitto, non un diritto”. L’obiettivo di rallentare la Sovversione su questo campo sarebbe un traguardo molto importante, che potrebbe fungere la precedente anche dove l’interruzione volontaria della gravidanza sembra un inviolabile dogma del Pensiero Unico.

Le misure economiche

La squadra di Trump sta valutando due progetti di legge per dare il via a un secondo mandato: un pacchetto sulla sicurezza delle frontiere e sull’immigrazione e un’estensione dei tagli fiscali del 2017. Molte delle disposizioni di quest’ultima scadono all’inizio del 2025: i tagli fiscali sulle fasce di reddito individuale, il 100% delle spese per le imprese, il raddoppio della detrazione dell’imposta di successione. Trump sta pianificando di intensificare la sua agenda protezionistica, dicendomi che sta prendendo in considerazione una tariffa superiore al 10% su tutte le importazioni, e forse anche una tariffa del 100% su alcuni beni cinesi.

Trump afferma che i dazi libereranno l’economia americana dalla mercé della produzione straniera e stimoleranno una rinascita industriale negli Stati Uniti. Quando il TIME fa notare che analisti indipendenti stimano che i dazi di Trump, nel primo periodo su migliaia di prodotti, tra cui acciaio e alluminio, pannelli solari, e lavatrici, potrebbero essere costati agli Stati Uniti 316 miliardi di dollari e più di 300.000 posti di lavoro, secondo un resoconto, Trump liquida questi esperti a priori. I suoi consiglieri sostengono che il tasso di inflazione medio annuo nel suo primo mandato – inferiore al 2% – è la prova che le sue tariffe non aumenteranno i prezzi.

Arriviamo alla NATO…

Trump sostiene da tempo che l’alleanza atlantica sta derubando gli Stati Uniti. L’ex segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha attribuito alla minaccia di Trump di ritirarsi dall’alleanza nel primo mandato di aver spinto gli altri membri ad aggiungere più di 100 miliardi di dollari ai loro budget per la difesa.

Ma è probabile che una NATO insicura vada a vantaggio sia della Russia che dell’America. L’invasione dell’Ucraina da parte del presidente Vladimir Putin nel 2022 sembra a molti in Europa e negli Stati Uniti come una prova della sua visione più ampia di ricostruire l’impero sovietico. Sotto Biden e un Congresso bipartisan, gli Stati Uniti hanno inviato più di 100 miliardi di dollari all’Ucraina per difendersi. È improbabile che Trump estenderebbe lo stesso sostegno a Kiev.

Vacche magre per l’Ucraina

Dopo che Orban ha visitato Mar-a-Lago a marzo, ha detto che Trump non darebbe un centesimo all’Ucraina. Non darei a meno che l’Europa non inizi a pareggiare, Trump si difende nella nostra intervista.

Se l’Europa non pagherà, perché dovremmo pagare noi? Sono molto più colpiti. Abbiamo un oceano tra di noi. Non lo fanno. (Anche le nazioni dell’UE hanno donato più di 100 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina.)

Trump è stato storicamente riluttante a criticare o confrontarsi con Putin. Si è schierato con l’autocrate russo rispetto alla propria comunità di intelligence quando ha affermato che la Russia aveva interferito nelle elezioni del 2016. Anche adesso, Trump usa Putin come ostacolo ai propri scopi politici. Quando il TIME ha domandato a Trump perché non ha chiesto il rilascio del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, che è stato detenuto per un anno in una prigione di Mosca, con false accuse, Trump ha risposto: Il giornalista dovrebbe essere rilasciato e verrà rilasciato.

Non so se verrà rilasciato sotto Biden. Io lo farei rilasciare.

Iran è l’idea fissa

L’isolazionismo transazionale potrebbe rappresentare la principale tensione della politica estera di Trump, ma ci sono dei limiti. Trump dice che si unirebbe alla parte di Israele in uno scontro con l’Iran. Se attaccassero Israele, sì, saremmo lì!.Dice di essere giunto alla convinzione, ormai diffusa in Israele, che uno Stato palestinese che esista fianco a fianco in pace sia sempre più improbabile. C’è stato un tempo in cui pensavo che i due Stati potessero funzionare, dice.

Ora penso che la creazione di due Stati sarà molto, molto dura”.

Il tradimento di Bibi

Eppure, anche il suo sostegno a Israele non è assoluto. Ha criticato la gestione da parte di Israele della guerra contro Hamas, che ha ucciso più di 30.000 palestinesi a Gaza, e ha chiesto alla nazione di farla finita.

È aspramente critico nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, un tempo suo stretto alleato. Ho avuto una brutta esperienza con Bibi, dice Trump.

A suo dire, un’operazione statunitense del gennaio 2020 per assassinare un alto generale iraniano avrebbe dovuto essere un attacco congiunto finché Netanyahu non si è tirato indietro all’ultimo momento.

È stato qualcosa che non ho mai dimenticato, dice.

Egli incolpa Netanyahu di non essere riuscito a prevenire l’attacco del 7 ottobre, quando i militanti di Hamas si sono infiltrati nel sud di Israele e hanno ucciso quasi 1.200 persone in atti brutali. tra cui bruciare vive intere famiglie e violentare donne e ragazze. “È successo sotto il suo controllo”, dice Trump.

Il sentimento anti bianco

Per i critici, la preoccupazione di Trump per il crimine è un fischietto razziale. Nei sondaggi, un gran numero di suoi sostenitori hanno espresso l’opinione che il razzismo antibianco rappresenta ora un problema maggiore negli Stati Uniti rispetto al razzismo sistemico che affligge da tempo i neri americani.

Quando gli chiedo se è d’accordo, Trump non contesta questa posizione. C’è un chiaro sentimento antibianco nel paese, dice al TIME, e neanche questo può essere permesso.

In un secondo mandato, dicono i consulenti, un’amministrazione Trump annullerebbe gli ordini esecutivi di Biden volti a promuovere la diversità e l’equità razziale.

A volte può essere difficile discernere le vere intenzioni di Trump. Nelle sue interviste con il TIME, spesso ha eluso le domande o ha risposto in modi contraddittori. Non si può dire come il suo ego e il comportamento autodistruttivo potrebbero ostacolare i suoi obiettivi. E nonostante tutte le sue violazioni delle norme, ci sono limiti che dice di non oltrepassare. Quando gli è stato chiesto se avrebbe rispettato tutti gli ordini confermati dalla Corte Suprema, Trump ha risposto di sì.

La faglia deflagra a novembre?

Ma è questa sua imprevedibile volubilità e, a volte, contraddittorietà, che da un personaggio così carismatico, anche l’Europa conservatrice o tradizionale dovrebbe stare attenta, perché è un indice di potenziale inaffidabilità, di cui è necessario tener conto, soprattutto a livello diplomatico e geopolitico.

Trump non esclude la possibilità di violenza politica in occasione delle elezioni. Se non vinciamo, sai, dipende, dice al TIME. Dipende sempre dall’equità delle elezioni.

Quando gli chiedo cosa intendesse quando ha affermato senza fondamento su Truth Social che un’elezione rubata consente la cessazione di tutte le regole, regolamenti e articoli, anche quelli presenti nella Costituzione, Trump ha risposto negando di averlo detto.

Si è poi lamentato del caso giudiziario “ispirato da Biden” che deve affrontare a New York e ha suggerito che i “fascisti” nel governo americano costituissero la più grande minaccia.

Penso che il nemico interno, in molti casi, sia molto più pericoloso per il nostro Paese rispetto ai nemici esterni di Cina, Russia e vari altri, sostiene The Donald.

Che stesse scherzando o meno sul fatto di porre fine tirannica al nostro esperimento di democrazia durato 248 anni, il TIME gli chiede: non vedi perché molti americani vedono tali discorsi sulla dittatura come contrari ai nostri principi più cari? Trump dice di no. Al contrario, insiste.

Penso che piaccia a molte persone.

Probabilmente, anche le imminenti elezioni europee potrebbero dar ragione a Trump…

Matteo Castagna

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