Fini per la serie: a volte ritornano – In effetti lo consideravamo morto e sepolto. E invece ci siamo sbagliati. L’erba cattiva non muore mai.
Eccolo lì, ricicciato fuori all’improvviso, Gianfranco Fini, ospite gradito e quasi abituale sui canali nazionali della televisione, dell’Annunziata che sembra quasi averlo sponsorizzato, a pontificare sui destini della destra della quale, a quanto pare, e non ce ne stupiamo, si sente parte integrante.
La destra anni ‘90
Su questo difficile dargli torto. Una destra acefala e invertebrata, prona alla NATO e agli americani, non può non includere Fini, capitato per sbaglio tanti anni fa nelle sezioni del MSI destra nazionale perché affascinato dai berretti verdi alla John Wayne.
E in fondo di questa destra Fini non è un seguace bensì l’antesignano, come non riconoscerlo?
Quali differenze potremmo riscontrare tra lui e Crosetto?
Del resto, Giorgia Meloni che all’epoca della svolta nel gennaio 1995 aveva 18 anni, politicamente è stata battezzata con l’acqua di Fiuggi e di Fini ha seguito coerentemente le orme. Le vicende del traghettatore di Fiuggi sono ben note.
Dopo la nascita di Alleanza Nazionale, parto avvenuto all’insegna di una mozione antifascista dichiarata e approvata a larga maggioranza dai congressisti convenuti nella cittadina laziale, il percorso tracciato da Fini e dai suoi seguaci fu tutto orientato ad uno spostamento verso l’accettazione di tutti i capisaldi demoliberali.
E Fratelli d’Italia, erede a tutti gli effetti di Alleanza Nazionale, ne ha sviluppato coerentemente idee e programmi. Del resto, così recitava il testo della mozione attribuito a Gennaro Malgieri che segnò la fine del MSI e la svolta liberale. “È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenza che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”. Nulla di nuovo dunque sotto il sole.
Tutto in coerenza con il 1995
Proprio per questa ragione dallo scranno di Mezz’ora in più, l’ex presidente della Camera ai tempi del governo Berlusconi, si è sentito più che autorizzato a fare analisi e a dare consigli a Giorgia Meloni da lui lodata per l’appoggio a Zelensky e per aver programmato un viaggio a Kiev.
In ultimo, proprio in questi giorni Fini ha detto: “La destra eviti divisioni sul 25 Aprile, FdI dica che si riconosce nell’antifascismo”. Parole ricopiate da Flavia Perina, amica di Gianfranco, ma di sicuro superflue perché basta leggere le dichiarazioni passate e presenti di Crosetto, amico da sempre dei partigiani, o le esternazioni di Ignazio La Russa sulla condivisione dei valori resistenziali per rendersi conto che FdI è da sempre su posizioni antifasciste.
Fini, svergognato dall’affare di Montecarlo, dall’ uso truffaldino dei soldi della Fondazione, cerca adesso di rifarsi una verginità politica e già c’è chi lo accredita come candidato alle prossime elezioni europee del prossimo anno.
Non è sicuro che questo accadrà ma di certo il cammino verso l’inserimento nel partito di Giorgia Meloni è già avviato nella compiacenza di una sinistra che lo vede come un alleato utile e riconoscente.
Nicola Cospito