FIFA e Mondiali – Allontanarsi dalla verità significa spesso cadere nel ridicolo. Il discorso di Infantino, cioè l’apoteosi delle castronerie preconfezionate dal New Order, non esaurisce tutte le sfumature dell’idiozia moderna, ma ne offre un compendio notevole.
Il disprezzo per ciò che si è, per la propria storia, per il proprio mondo e l’ossequio fanatico a tutto ciò che è lontano, diverso, difforme e, possibilmente, deforme, costantemente si fondono con una inesauribile sete di denaro e di potere.
Sprezzanti del ridicolo, personaggi come il presidente della Fifa, rinunciano, impudenti, persino al presupposto del ragionamento e dunque dell’oratoria: la coerenza.
L’ipocrisia sul Qatar
Per tessere le lodi di un Qatar che porta tanti soldi alle casse Fifa, Infantino si confessa qatariota, omosessuale, donna, migrante e loda il Qatar che le donne le opprime, gli omosessuali li condanna a morte, i migranti li trasforma in operai come quelli che, per costruire gli stadi dei mondiali, ci hanno rimesso la vita, privi di qualsiasi garanzia essenziale, minima, vagamente civile, di quelle che, anche nella interpretazione più limitata, distinguono il lavoratore dallo schiavo.
Con un presidente siffatto nessuna meraviglia che le partite del Marocco vengano commentate, per i telespettatori italiani, da un connazionale entusiasta non del gioco vivace (ma non eccelso!) della squadra rossoverde, ma di ciò che quella nazionale rappresenta.
Tutti a tifare Marocco
Si emoziona, il seguace di Infantino, per “il trionfo della comunità marocchina sparsa in tutto il mondo”, si entusiasma, lo ripete qualora chiaro non fosse, per la vittoria di “quella parte di mondo” e le bandiere marocchina e qatariota, unite e portate in trionfo, lo emozionano come nemmeno Miss Mondo potrebbe. Infantino si sente gay, forse pure l’eroe delle dirette calcistiche? O gli basta sentirsi magrebino?
Gli fa eco un prete di Mazara del Vallo che pubblicamente si congratula con la comunità marocchina.
Nascono in rete seguitissime pagine di tifosi italiani inneggianti alle vittorie della squadra di Rabat.
Tra le facce rassegnate dei ragazzi della Roja, quelle succubi dei lusitani e le ginocchia a terra degli inglesi, l’italiano plurivaccinato e il prete multireligioso non trovano né un moto di rabbia né un sussulto di dignità, ma abbracciano la scatenata gagliardia dei giocatori di Walid Regragui, voglia di vincere e preghiera di fine partita, terga all’aria. Non conoscono la storia questi italiani e non amano la religione di Cristo, questi preti, sempre così morbosamente ossequiosi e servilmente deferenti verso chi la vorrebbe distruggere!
Uno spettacolo penoso, il nostro, sia in campo che fuori, e la parodia calcistica di una realtà che va in scena tutti i giorni, atroce e forse irreversibile: rinunciatari europei ed esuberanti islamici.
Non riesco, però, a scacciare il dubbio di un successo magrebino, non solo gradito, ma, se non manovrato, almeno influenzato, almeno sostenuto!
A troppi connazionali quel successo piacerebbe tanto. Sempre più chiaro che “Il calcio unisce il mondo l’imbecillità gli italiani!”.